Renzi firma autografi
Lo show di Renzi nelle università private
Circondato da guardie del corpo e accolto da una folla
di giovani alla ricerca concitata di un autografo, Renzi è arrivato ieri
alla Luiss, l’università di Confindustria come una popstar degli anni
Ottanta, una di quelle per cui le fan gridavano e si strappavano i capelli, un po’ come in quel film di Carlo Cotti, Sposerò Simon Le Bon.
A guardarlo bene quel teatrino surreale non mancava di mettere una
certa tristezza. Manzoni, la buona scuola e l’azzeccagarbugli,
una mescolanza di argomenti privi di alcun nesso logico, tenuti insieme
solo dagli occhi sedotti di una platea imbonita e dalla boria di chi
parlava, mentre ad altri non rimaneva che arrendersi allo spettacolo
mesto di Premier che cita mozzichi dei Promessi Sposi quasi fossero
l’ultimo libro che ha letto, assaliti dalla realizzazione tragica che la
linea di demarcazione tra la politica, la cultura e lo spettacolo è
definitivamente venuta a mancare. Teatrini, frasi fatte, risa
auto-compiaciute: non è un caso che Renzi abbia scelto la Luiss per
farsi applaudire. L’ultima volta
che ci ha provato in un’università pubblica, infatti, è stato
contestato. Non da tutti, c’è da dire, a rigor del vero: i docenti se ne
stavano seduti docili e concilianti in platea, ma gli studenti – cui
l’ingresso al Politecnico era negato – dall’esterno chiedevano che se il
Premier ne andasse. Così, dopo un discorso fatto ancora una volta di
slogan e ritornelli, cultura-coraggio-innovazione, un po’ come i Duran Duran cantavano no-no-notorious,
Livio Serra, rappresentante degli studenti, era entrato per offrire al
Presidente un cappello da giullare, dicendosi indignato che il
Politecnico di Torino si fosse ridotto a fare da “passerella per il
Presidente del Consiglio” tanto più di fronte a un tale scempio di
retorica. Che cos’è che indigna tanto, delle passerelle di Renzi? Prima
di tutto quella specie di abisso che separa i riflettori, i selfies
e le telecamere dal mondo vero, quello che di cotante parole non sa che
farsene, anzi ne farebbe volentieri a meno perché di problemi ne ha
altri. Ma di fatto c’è un problema più profondo, cioè che in quella
parlata da giullare, in quel sorriso auto-compiaciuto, Renzi offusca una
realtà tragica, il fatto che la sua Luiss, Università privata promossa
da Confindustria il cui Presidente è Emma Marcegaglia, sta
all’istruzione pubblica come le sue parole di innovazione stanno ai
bisogni reali dell’Italia. Sono, cioè, baluardi di una retorica vuota e
auto-referenziale, uno spettacolo di dubbio gusto che finiti i plausi e i
riflettori ci riportano all’agonia ignorata di un paese stremato
dall’austerità e dal declino, senza un euro per la ricerca e le borse di
studio, in cui crescono i neet e la fuga dei cervelli, mentre lui e i suoi finanziatori privati sorridono, si fanno i selfies e ci salutano dalle telecamere.
24 marzo 2015
da http://www.minimaetmoralia.it/
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