Due romanzi e un saggio ricreano
la vita di Trotula, la più famosa esponente della Scuola
Salernitana. Fino ad allora, il medico maschio non toccava né
guardava i corpi femminili, né riteneva degne di attenzione le
problematiche legate al corpo delle donne. Trotula, primo medico
donna, trasformò in scienza medica l'arte antica delle guaritrici.
Maria Bettetini
Trotula de Ruggiero (secolo XI). Donna che cura donne
«Mercurio ama la saggezza e la dottrina, Venere le spese e le baldorie», per questo Trotula ed Eloisa, donne che hanno preteso di far cose da uomini, sono elencate tra le wicked wives, le mogli o donne “cattive”.
Così Chaucer, fine del
XIV secolo. Trotula, da Trotta o Trocta, significa forse “piccola
trota”, è un nome di donna usato dai Longobardi, a noi noto da
manoscritti di medicina per le donne e cosmetica.
Filologia e storia
possono andare poco oltre: la Trotula è il nome del più popolare
assembramento di materiale sulla medicina della donna dal tardo XI
fino al XV secolo, quando venne tradotto in volgare, in olandese
come in tedesco, in ebraico come in italiano. La citazione di
Chaucer ne è valido testimone.
A noi sono giunti sotto
questo nome tre testi, attribuiti alla donna Trotula de’ Ruggiero
della Scuola Medica di Salerno. Nei manoscritti (editi per la prima
volta nel 2001 da M.H. Green) sono però evidenti interventi
maschili: la difficoltà di attribuzione è dovuta proprio alla
incredibile diffusione dei tre testi, e allo zelo dei medici che per
secoli hanno pensato di emendare, arricchire, commentare questo
corpus dedicato alla medicina per la donna.
L’eccezionalità sta
proprio in questa definizione, «medicina per la donna». Spesso ci
si sofferma sull’esclusione della donna dalle professioni mediche,
triste epilogo anche della Schola salernitana, che con il
riconoscimento di Federico II (1231) e l’istituzione in Studium di
Carlo d’Angiò (1280) arrivò a escludere per legge le donne, come
in ogni luogo ufficiale di insegnamento.
I testi di Trotula (chiunque sia) sono però importanti perché trattano secondo la tradizione scientifica di Ippocrate e Galeno dei mali che affliggono le donne, fino a quel momento in mano solo a levatrici e maghe. La donna era predestinata a partorire nel dolore, morire di parto era una garanzia per la salvezza dell’anima. Il medico maschio non toccava né guardava i corpi femminili, né riteneva degne di attenzione le problematiche legate al corpo delle donne, da sempre abituate a curarsi tra loro con l’ausilio della pratica secolare e della trasmissione del sapere fitotrapico.
Cosa accadde dunque a
Salerno, quale condizione permise la stesura di trattati sulle
malattie delle donne, attribuiti a Trotula, medico donna citato da
molte fonti? Trotula dovette nascere poco dopo l’anno Mille, che
vide Salerno lungi da ogni millenarismo. La città, se pur contesa
per tutto l’XI secolo da Longobardi e Normanni – spesso tra loro
imparentati – era un concentrato di convivenza armonica tra
civiltà, per quanto fosse possibile mille anni fa (e sembra
impossibile mille anni dopo).
I dotti di lingua araba,
alcuni allievi addirittura di Avicenna, si recavano a Salerno dove
scambiavano conoscenze mediche con greci (bizantini), latini,
normanni, longobardi, i quali a loro volta compivano viaggi di
istruzione.
Le mulieres
salernitanae, le donne esperte di erbe, non erano bruciate come
streghe, ma erano tenute in gran conto da malati e da medici. Questa
fu la felice congiunzione che permise a una donna di esercitare la
professione medica e di non perdere occasione per sanare una grave
lacuna: invece di sfidare invano e per vanità i dottori maschi,
scelse di dedicarsi al corpo femminile, e ne volle lasciar traccia
scritta.
Un’eccezione, ma anche
il segno di alta sapienza, se per secoli la Trotula, dalla Sicilia
all’Irlanda, è stata il testo di riferimento per ginecologia e
cosmetica. Non che gravidanza e invecchiamento fossero considerate
malattie, come spesso a noi capita di pensare, erano piuttosto
situazioni in cui c’era bisogno di aiuto per la miglior riuscita
dei diversi momenti di vita.
Feto podalico, cattiva
digestione, capelli bianchi? Si può rimediare. Come si può con
semplici gesti capire se l’infertilità di una coppia sia dovuta
all’uomo e alla donna: non si sa se funzionasse davvero, quel che
è certo è che per metà delle volte infertile veniva detto il
marito, eventualità che si ripresenta solo nel ventesimo secolo con
i progressi della scienza.
Sono usciti quasi in contemporanea due romanzi sulla vita di Trotula, entrambi frutto di studi approfonditi, entrambi ricchi di ambientazioni verosimili e affascinanti. Uno, di Memoli Apicella, descrive una donna felice, in perfetto equilibrio tra i ruoli di moglie, madre, scienziata, levatrice.
Una luce nella difficile
storia della scienza fatta da donne per le donne. L’altro, di
Presciuttini, presenta una Trotula dalla sensibilità molto
contemporanea, incompresa nel suo tempo, perfino dal marito, una
donna condannata a essere levatrice, mai medico. In entrambi, le
ricette dei libri Trotula sono contestualizzate, si tratti della
dieta per la puerpera o delle difficoltà nel parto, di come tingere
di nero i capelli o come sembrare vergini quando non lo si è (un
problema sociopolitico: da un momento all’altro una longbarda
poteva essere stuprata da un normanno e una normanna da un
longobardo, salvo poi essere richiesta di andar sposa da vergine).
Dunque, per i capelli
dorati basta far cuocere fondi di vino bianco e tuorli fino a farne
quasi una colla, oppure tritare in una giara nuova tante api, dopo
averle bruciate, e mescolarle a olio, poi procedere con appiccicosi
impacchi. Anche generosa, Trotula o chi sia, nel trasmettere i suoi
segreti di donna.
Il Sole 24 ore – 22 marzo 2015
Trotula. Un compendio medievale di medicina delle donne
a cura di Monica H.
Green
Sismel – 2015
€ 52.00
Dorotea Memoli Apicella,
Io, Trotula. Storia
di una leggendaria scienziata medievale
Marlin, 2015
€ 19,50
Paola Presciuttini
Trotula
Meridiano Zero, 2015
€ 14,00
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