18 marzo 2015

IL TEMPO SECONDO LE NEUROSCIENZE




Arnaldo Benini

Il mistero del tempo. Il segreto è nel cervello

Si rimane colpiti, ha scritto con ironia lo psicologo americano Herbert Nichols alla fine del XIX secolo (Amer. J. of Psychology 3, pagg. 453-529, 1891), dalla grande varietà delle spiegazioni di filosofi e psicologi per tentare di venire a capo del mistero del tempo.

Il tempo è stato considerato come atto della mente, della ragione, della percezione, dell'intuizione, dei sensi, della memoria, della volontà, e di tutte le loro combinazioni e interferenze. È ritenuto un senso generale che accompagna ogni contenuto mentale allo stesso modo del dolore e del piacere. È considerato però anche come senso a sé, separato, speciale, disparato. È stato spiegato come se fosse «una sequela luminosa» o una fila di «blocchi allineati di presente specioso» o una «appercezione». È stato dichiarato a priori, innato, intuitivo, empirico, meccanico.

Il tempo, motteggia Nichols, è stato dedotto dall'interno e dall'esterno, dal cielo e dalla terra, e da diverse altre cose difficili da immaginare. Leggendaria la disputa fra Isaac Newton, per il quale il tempo esiste ed è assoluto, vero e matematico e fluisce senza relazione con quel che avviene nell'universo, e Gottfried Wilhelm Leibniz, per il quale il tempo «an sich», in sé, non esiste, essendo solo un rapporto fra eventi.

Finalmente due autorità culturali estranee alle secolari diatribe, il fisico teorico Albert Einstein e il matematico Hermann Minkowski, all'inizio del XX secolo ritennero il tempo la quarta dimensione, a lungo cercata, dello spazio.

Nello spaziotempo (con il quale la mente non riesce a familiarizzare) non ci sono direzioni del tempo, e quindi non c'è presente, e se non c'è presente non c'è nemmeno il tempo. Il cosmo quantico è, senza tempo. La costante t del tempo è scomparsa dalle equazioni fisiche.

Il sociologo Norbert Elias si chiedeva come si possa misurare una cosa che non è percepita dagli organi di senso. «Chi ha mai visto un'ora?», si chiedeva. La fisica sostiene che il tempo è un'illusione. Che cos'è allora il senso che di esso abbiamo? È possibile che un'illusione, cioè un evento senza contenuto reale, regoli l'esistenza non solo nostra ma di tutto il mondo animale?
La biologia ha dimostrato che nessun animale, neanche il più semplice, potrebbe sopravvivere senza i meccanismi dell'orientamento temporale, le cui origini si rintracciano in sistemi nervosi di pochi neuroni. Se fosse veramente solo un'illusione, occorrerebbe spiegare perché esso sia sentito (non percepito, perché non esiste organo periferico o centrale di percezione del tempo) come una dimensione fondamentale, una categoria, come si dice, nella quale, a differenza dallo spaziotempo, la mente, e verosimilmente il resto della natura animale, si trovano a loro agio.
Ci troviamo a nostro agio nel tempo così come lo viviamo perché esso, secondo le neuroscienze cognitive, che da circa tre decenni lo studiano come evento biologico del cervello, è prodotto da meccanismi nervosi emersi per selezione naturale in quanto congruenti con le necessità elementari dell'esistenza. Per la varietà dei suoi aspetti, il senso del tempo è complesso: si tratta di durate e intervalli, eventi reali, attese, immagini, suoni, pensieri, fantasie e stati d'animo, connessi alla memoria, all'affettività e alla razionalità più rigorosa e più astratta, come la matematica.

La visualizzazione del funzionamento del cervello con immagini e derivazioni elettriche ha mostrato che il senso del tempo è collegato ad aree corticali pre-frontali, specie quella destra, alla parte inferiore dei lobi parietali, al cervelletto, alla parte anteriore della corteccia cingolata e all'insula d'entrambi gli emisferi, ai gangli della base. Queste aree sono collegate ai centri della memoria, all'ippocampo e al sistema limbico dell'affettività. Questi, a sua volta, è regolato prevalentemente dall'emisfero cerebrale destro, mentre la parte razionale del senso del tempo sarebbe regolata da quello sinistro.

Queste aree, estese a gran parte del cervello, trasmettono ai meccanismi nervosi della coscienza il senso del tempo. Il cervello non ha bisogno di vedere un'ora, perché è lui che la crea. L'esperienza di ammalati con distorsione o perdita del senso del tempo per lesioni del cervello conferma l'origine nervosa della categoria del tempo. Essa, nonostante il funerale che le ha fatto la fisica teorica, è reale, come è reale la coscienza di cui è parte essenziale.

La concezione del tempo come meccanismo del cervello, e non come percezione dal mondo esterno, è corroborata da studi ed esperimenti iniziati decenni fa e intensificati negli ultimi anni, con risultati e dati verificabili. Qui ci soffermiamo, riassumendo una vasta e attendibile letteratura scientifica, su un aspetto curioso ed esemplare della fenomenologia del senso del tempo.

Indagini condotte per anni in diversi centri in tutto il mondo mostrano che circa il 70% degli esseri umani e quasi tutti coloro che hanno un impegno costante (di regola professionale) a un'ora del primo mattino, quindi con motivazione rilevante ad alzarsi presto, si svegliano dopo un sonno, indisturbato e senza farmaci, spontaneamente, senza sveglia e senza stimolo a urinare, con uno scarto medio rispetto all'ora prestabilita da 15 a 4 minuti prima del termine e di circa 10 minuti dopo. Il 29% si sveglia circa 10 minuti prima che suoni la sveglia, e il 23% non la usa mai.

L'autorisveglio all'ora voluta, anche nel mezzo della notte, è la regola e non l'eccezione. L'accuratezza nel valutare il fluire del tempo durante il sonno è simile a quando si è svegli. I meccanismi del senso del tempo lo trasmettono alla coscienza anche nello stato d'incoscienza del sonno: il senso del passare del tempo è attivo nel sonno, pur rimanendo incosciente fino al momento della sveglia spontanea. L'autorisveglio dipende dal livello d'attivazione corticale dei meccanismi della volontà, che ricevono l'informazione da quelli del tempo.

L'autorisveglio non è sorprendente, se si pensa che l'umanità, fino a poco più di un secolo fa, non aveva a disposizione le sveglie. L'autorisveglio era la regola, tranne per i pochi che potevano servirsi dell'autorisveglio di qualcun altro. La selezione naturale avrebbe favorito lo sviluppo dei meccanismi dell'autorisveglio, senza i quali sarebbero forse prevalsi i dormiglioni e gli scansafatiche. Il vantaggio dei solerti mattinieri è riassunto nell'antico e saggio ammonimento che chi dorme non piglia pesci. Un'altra spinta evolutiva potrebbe essere stata la protezione della durata del sonno.

Ulteriore conferma che il senso del tempo è attivo durante il sonno è la capacità di molte persone che sono svegliate di valutare con uno scarto sotto i 15-20 minuti che ora sia. La valutazione è più accurata dopo un sonno prolungato e se il risveglio forzato è prossimo a quello prestabilito. Le lesioni del cervello alterano i meccanismi del senso del tempo anche durante il sonno.

Il primo sintomo di un tumore maligno del lobo frontale destro in un meccanico di 60 anni fu il risveglio, poco prima di mezzanotte, con la convinzione che fosse mattina e che fosse l'ora d'andare al lavoro. La moglie riuscì a tenerlo in casa. Si riaddormentò e al mattino era convinto che fosse sera. Non distingueva un'ora da molte ore e l'informazione «fra un'ora dobbiamo essere nel tal posto» non aveva alcun senso.

Cinque anni dopo un ictus cerebrale destro un paziente si riprese dalla paralisi della parte sinistra al punto da poter guidare automobile e motocicletta. Da allora è torturato dal disturbo del senso del tempo, che si manifesta da sveglio con l'impossibilità di sentire la differenza fra un'ora o mezz'ora e nel sonno per l'autorisveglio alle 4 del mattino pur sapendo d'aver un appuntamento alle 8.

Le neuroscienze cognitive sembrano avviate sulla strada per avvicinarci al mistero del tempo. Apparenti bizzarrie come il senso del tempo durante lo stato d'incoscienza del sonno, e la sua distorsione per lesioni del cervello ne confermano la realtà. Esso esiste come meccanismo nervoso, cioè elettrochimico, selezionato nel corso dell'evoluzione per dar ordine agli eventi della vita. Può essere paragonato al linguaggio: entrambi prodotti con meccanismi nervosi complessi e fragili da diverse aree cerebrali, collegate con altre di entrambi gli emisferi.


Il Sole 24 ore – 18 gennaio 2015

Nessun commento:

Posta un commento