Assistiamo ad una imprevista rinascita di
interesse intorno alla complessa figura di Danilo Dolci. Al clamore ed al
successo registrato negli anni 50 e 60, anche
a livello internazionale, ha
fatto seguito un lento ma continuo declino. Solo dopo la sua morte, avvenuta il
27 dicembre del 1997, si è tornato a parlare e a scrivere sull’anomalo sociologo e
pedagogista e a rileggere i suoi libri.
A questa ripresa di
interesse intorno al Dolci ha sicuramente contribuito, da un lato, la ristampa dei suoi
primi libri (Banditi a Partinico, Processo
all’art.4 di cui ci siamo già occupati in queste stesse pagine), dall'altro, la pubblicazione di tanti suoi scritti inediti. Tra questi ultimi segnaliamo oggi il prezioso libretto Il potere e l'acqua, pubblicato qualche anno fa dall' Editore Melampo. Il volume comprende, oltre ad una importante testimonianza di Vincenzo Consolo, i testi di alcune conferenze svolte da Danilo, negli ultimi anni della sua vita, su un tema che è stato fin dal principio al centro della sua attenzione: i rapporti tra il potere e l'acqua.
Fin dagli anni 50 Dolci aveva compreso che l’acqua, nella Sicilia contadina, era un fondamentale strumento di potere. Il controllo reale, politico e criminale, delle risorse idriche in quegli anni era evidente a tutti. Per questo allora il sociologo si impegnò a fondo per la realizzazione della diga sul fiume Jato. Negli anni successivi Danilo comprese anche il valore simbolico dell'acqua e individuò in essa una metafora della vita.
Nel libro si trova inoltre la sua preoccupata riflessione sul peso nefasto della TV nella società contemporanea e una una digressione letteraria sulle farfalle e la natura col pregio di una grande leggerezza narrativa.
Franco Virga
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