LO STUPORE DELL'ACQUA
di Antonino Cusumano
L’acqua prima di essere un bene pubblico,
una risorsa materiale, oggi tanto più preziosa nel contesto della
globalizzazione e della mercificazione di ogni patrimonio naturale,
prima di essere questione cruciale all’origine di conflitti e di
tensioni per il suo utilizzo e la sua gestione, è un bene eminentemente
simbolico, è uno degli elementi vitali di fondazione mitica, fonte
biologica della vita, ha a che fare con epifanie e cosmogonie, con
religioni, riti e culti che attraversano e connotano le culture più
lontane e diverse. La sacralità dell’acqua
presso tutte le popolazioni della terra è legata alla sua potenza
generatrice, alla sua funzione purificatrice, al suo valore primordiale
quale principio di tutte le cose, materia senza materia. Il suo essere
corpo sfuggente e in perenne movimento ne fa storicamente un veicolo
attraverso il quale gli uomini si sono incontrati e combattuti, hanno
costruito città e architetture, hanno fondato civiltà e imperi. La sua
penuria o la sua abbondanza hanno determinato destini e poteri,
complessi sistemi di miti e magie.
L’acqua dunque, in quanto mediazione tra
terra e cielo, forma primaria di vita, soggetto creatore e riproduttore,
è simbolo particolarmente denso di significati, e nelle tradizioni dei
Paesi di continenti diversi è riconosciuta e solennizzata come
manifestazione del sacro, come ierofania rivelata. Guarisce e
ringiovanisce, rigenera e feconda, rispecchia e traspare. Nell’arcaicità
e universalità delle religioni che si sono strutturate e articolate
attorno all’acqua Oriente e Occidente sembrano condividere la stessa
storia e la stessa antropologia.
Questo arcaico senso religioso e questo
diffuso sentimento di grazia e di dono che l’uomo di ogni epoca e
latitudine conserva nel suo rapporto con l’acqua si colgono con pienezza
e immediatezza sfogliando le pagine dell’ultimo libro di fotografie di
Melo Minnella, Lo stupore dell’acqua, stampato da un piccolo e
coraggioso editore di Alcamo, Ernesto di Lorenzo, che ha curato anche
una puntuale e argomentata nota introduttiva. Il volume è arricchito da
una prefazione di Alex Zanotelli, noto missionario della comunità dei
Comboniani, ispiratore e fondatore di diversi movimenti che si battono
per la pace e la giustizia sociale, nonché strenuo difensore di Sorella
acqua quale bene comune e diritto universale. Sull’emergenza idrica nel
mondo e sulle problematiche che ne conseguono per il futuro
dell’umanità Zanotelli si intrattiene nelle pagine che aprono il libro.
Il cui bel titolo comunica con straordinaria efficacia la natura
stupefacente e meravigliosa dell’acqua, la sua spontanea scaturigine
dalla sorgente, la sua apparizione epifanica che – ha scritto Leonardo
Sciascia – «è sempre un prodigio, un miracolo». Viaggiatore instancabile
e acuto osservatore, Melo Minnella è tra i fotografi siciliani uno dei
più sensibili e impegnati nella ricerca etnografica delle culture
materiali e popolari. Dell’universo dell’Isola Minnella ha lungamente
indagato e documentato le province più appartate e gli aspetti
antropologici più prossimi alla vita elementare e quotidiana. Nel suo
intenso peregrinare per più di mezzo secolo il suo sguardo ha colto le
ultime testimonianze della civiltà contadina, i bagliori delle feste
tradizionali, i luoghi, le architetture e gli abitanti di un mondo
consegnato alla storia. Il suo modo di fare fotografia non è, in fondo,
molto diverso da quell’osservazione partecipante che è tratto
metodologico fondante del fare antropologia. Melo Minnella conosce non
solo le tecniche e le virtualità della macchina fotografica, ma anche
gli strumenti e le strategie dei codici che appartengono alla
ricognizione antropologica. C’è nelle sue fotografie l’esito ultimo non
solo del saper vedere ma anche del sentire, del partecipare,
dell’empatico aderire alla vita e al mondo fotografato. Il grande
maestro Henri Cartier-Bresson ha, del resto, fissato in modo esemplare
l’ontologia del fotografare che – secondo la sua famosa formula –
essenzialmente consiste nel mettere sulla stessa linea di mira l’occhio,
la mente e il cuore.
Lontane dai rischi del cerebralismo e
dell’estetismo, le immagini di Melo Minnella sul tema dell’acqua non ci
seducono per la loro bellezza che pure oggettivamente posseggono né ci
emozionano per via delle suggestioni esotiche che possono indubbiamente
evocare. Le circa 180 fotografie a colori e in bianco e nero mettono
insieme, in un perfetto equilibrio, ricerca formale e tensione
conoscitiva per mostrare qualcosa e non dimostrare alcunchè, per
disvelare semplicemente e mirabilmente gli infiniti,versatili ed
eccentrici modi con i quali gli uomini, tutti gli uomini, con i loro
corpi e con i loro simboli, entrano in rapporto con l’acqua. L’occhio
del lettore scorre – come l’acqua – dall’India al Guatemala,
dall’Indonesia all’Egitto, dalla Cina a Cuba, dalla Birmania allo Yemen,
dalla Francia al Portogallo e infine alla Sicilia che sembra fare da
lieve contrappunto in questo atlante di gesti e di figure, di cose e di
paesaggi. Il lavoro e il gioco, la preghiera e la meditazione, la
pioggia e la tempesta, la navigazione e il guado: questi alcuni dei
soggetti che trasversalmente interpretano il tema dell’acqua, delle sue
fonti e dei suoi molteplici usi nei diversi Paesi visitati da Minnella.
La fotografia ha per suo statuto il
compito di fermare e sospendere il tempo, di far trapassare l’istante
effimero del vissuto nell’eterna permanenza dell’essere, di convertire
la mobilità del divenire nella statica fissità di un’inquadratura.
Quando ad essere soggetto dell’operazione di conversione è il flusso
eracliteo per eccellenza, ovvero l’acqua nella sua naturale e
consustanziale trasmutabilità, allora il fotogramma sembra davvero
esaltare quel processo di presentificazione di ciò che è assente o
lontano nello spazio e nel tempo, l’affiorare e il formarsi di
quell’indistinto grumo di sensi, immagini e simboli che chiamiamo
memoria.
A fronte dell’ipertrofico e onnivoro
imperversare delle figure che, per effetto delle nuove e potenti
tecnologie mediatiche, tracimano da ogni luogo della nostra esistenza
quotidiana, rischiamo di non riuscire più a distinguere l’esperienza
diretta della realtà da quanto scorre velocemente sulle tavolette
digitali e sugli schermi dei nostri computer. Nel culto di queste icone
post-moderne, simulacri pressochè vuoti e muti, consumiamo il nostro
tempo e colonizziamo il nostro immaginario. Già negli anni Ottanta,
nelle sue magistrali Lezioni americane, Italo Calvino si chiedeva quale sarebbe stato il futuro dell’immaginazione individuale in quella che si usa chiamare la civiltà delle immagini, si domandava cioè «se il potere di evocare immagini in assenza continuerà a svilupparsi in un’umanità sempre più inondata dal diluvio delle immagini prefabbricate».
Oggi queste rutilanti figure irrompono
nella galassia virtuale dei social network e rimbalzano labili ed
evanescenti nel complesso gioco delle rifrazioni collettive e nel
linguaggio della cosiddetta applicazione instagram. Affidiamo la loro conservazione alla inezia di plastica dei microchip contenuti nella memory card e
ci affatichiamo a collezionarne il maggior numero da archiviare,
riprodurre e “condividere”. Ma di questo caotico e inarrestabile flusso
di immagini che scorre ogni giorno davanti ai nostri occhi stentiamo a
fermare qualche scheggia nella nostra umana e limitata memoria.
L’artificio non ci restituisce la realtà né una sua qualche
rappresentazione ma semplicemente il pallido surrogato di un vissuto non
realmente esperito, copia banale di una copia dell’originale, incerto
riflesso dello specchio opaco della vita vera.
Da qui l’importanza e la necessità di
istantanee come quelle di Melo Minnella, che conservano la capacità di
comunicare, di narrare, di documentare. Esse ci aiutano a separare le
cose dalle parvenze delle cose, il concreto dall’astratto, la visione
del mondo dalla sua costruzione in camera scura, essendo la sua
fotografia non certo invenzione né elaborazione più o meno creativa, ma
piuttosto esplorazione e testimonianza, rivelazione e memoria. Se è
vero che il segreto dei maestri della fotografia è quello di guardare al
mondo senza essere guardati, la forza delle immagini non sta
probabilmente nell’immagine in sé ma nell’esatta prospettiva di questo
sguardo, nella disposizione al colloquio con quanto si offre
all’obiettivo, nello sforzo di raccogliere il senso profondo di quel
sortilegio precipitato e sigillato nell’attimo di un clic. Chi si
avvicina alle fotografie di Melo Minnella non fa fatica a percepire la
partecipazione affettuosa e l’onestà d’intelletto che orientano lo
sguardo dell’autore, nella totale assenza di ansie predatorie e velleità
di possesso della realtà catturata. Ecco perchè accade, a volte, che
sulla condizione dell’uomo una fotografia può darci e può dirci molto di
più di qualsiasi altro strumento conoscitivo o mezzo espressivo.
Soprattutto quando la sua antica magia di luce e di ombre attinge ai
mille riflessi e alle iridiscenti sfumature dell’acqua, per
restituircene come per un incantesimo l’affascinante stupore.
“Lo stupore dell’acqua” di Melo Minnella con la prefazione di Alex Zanotelli, paladino dei diritti umani, è un volume in cui, cosi come scrive l’editore di Lorenzo, si testimonia il rapporto dell’ uomo con l’acqua attraverso un reportage scattato in tutto il mondo: dall’India al Guatemala, dal Vietnam alla Tunisia, dalla Cina a Cuba, dalla Birmania allo Yemen.
RispondiEliminaMinnella con il suo occhio infatti riesce a mettere a nudo aspetti naturali e culturali della risorsa naturale più importante per l’umanità, il bene comune per eccellenza: l’acqua.
Il volume pagina dopo pagina incanta con la sua leggerezza e la sua trasparenza; guardando le foto di Minnella, si può attraversare la liquidità dell’umano nella sua relazione con l’acqua, si ha a più riprese la possibilità di cogliere il poetico di una narrazione fatta con le immagini al posto delle parole, ogni fotografia, in una architettura narrativa nitida e complessa insieme, racconta istanti di vita, i personaggi ritratti sono protagonisti forti, artefici di vicende umane desiderose di esprimere le proprie storie.
Nel volume una breve e intensa antologia “Gocce d’autore” raccoglie belle citazioni della letteratura sull’acqua, tra queste una tratta da “Le acque di Sicilia” di Leonardo Sciascia su cui si soffermerà l’intervento di Franco Virga.
La partecipazione dell’Editore Di Lorenzo all’appuntamento permetterà anche di comprendere da vicino il ruolo dell’editoria di nicchia.
Barbara Lottero