28 aprile 2014

I MILLE VOLTI DI WALTER BENJAMIN


Benjamin di Sigrid Weigel


Alias, Manifesto, 24 aprile 2014, p. 4
Sigrid WeigelWalter Benjamin. La creatura, il sacro, le immagini(traduzione di Maria Teresa Costa),Quodlibet, pp. 300, € 24
Walter BenjaminBurattini streghe e briganti, Rizzoli, collana Bur, 2014.
Benjamin. «La creatura, il caso, le immagini»: un’indagine di Sigrid Weigel su Walter Benjamin 

Benjamin

Pensiero e immagini sulla dialettica della 


secolarizzazione

di Roberta Ascarelli

«Una intel­li­gente e acuta dichia­ra­zione d’amore al vec­chio medium della let­te­ra­tura». Così il recen­sore della Neue Zuer­cher Zei­tung defi­niva il libro che ha tra­ghet­tato Sigrid Wei­gel, ger­ma­ni­sta di Ber­lino, fem­mi­ni­sta e cri­tica mili­tante, nel vasto ter­ri­to­rio degli studi cul­tu­rali. Quel libro, del 2004, aveva un titolo ambi­zioso, Lite­ra­tur als Voraus­se­tzung der Kul­tur­ge­schi­ch­ten (Let­te­ra­tura come pre­sup­po­sto delle vicende cul­tu­rali) e, con­tando sulla leg­gi­bi­lità del mondo, si affi­dava a una capar­bia decrit­ta­zione di segni, di quelli con­ser­vati nella pagina scritta, ma anche di quelli con­se­gnati alla raf­fi­gu­ra­zione – topo­gra­fie, foto, esempi di arte figu­ra­tiva – alla ricerca di nuove piste nella inter­pre­ta­zione di autori irri­nun­cia­bili nella coscienza della moder­nità – da Ben­ja­min, a Goe­the e Kleist, a Sha­ke­speare. Nasce dalla abi­tu­dine di col­le­gare saperi anche il suo lavoro su Ben­ja­min tito­lato Wal­ter Ben­ja­min La crea­tura, il caso, le imma­gini, uscito in Ger­ma­nia nel 2008 e pub­bli­cato ora da Quod­li­bet nella inap­pun­ta­bile tra­du­zione di Maria Teresa Costa (pp. 300, euro 24,00).
Pen­sare e lavo­rare per var­chi, cogliendo pas­saggi fino ad ora tra­scu­rati dalla cri­tica, chia­mare a rac­colta fram­menti e domi­narli con let­ture ampie e golose è la sug­ge­stione di que­sto libro dedi­cato al filo­sofo ber­li­nese: dieci saggi fasci­nosi, rap­so­dici a volte, che si dila­tano in per­corsi sug­ge­stivi, unendo come la corda di un equi­li­bri­sta approdi diversi – nel rischio, nella peri­zia e nella sor­presa di un let­tore sapien­te­mente diso­rien­tato.
Un filo rosso tema­tico, ampio e accat­ti­vante, scorre tra i vari capi­toli. Si tratta della «dia­let­tica della seco­la­riz­za­zione», titolo di un pro­getto acca­de­mico ber­li­nese di cui la Wei­gel è stata coor­di­na­trice e che aveva l’obiettivo di cogliere la soprav­vi­venza nasco­sta e defor­mata di istanze reli­giose in un’epoca domi­nata dalla sfida (dalla rinun­cia o dalla vio­lenza) al ‘sacro’. In que­sta costel­la­zione Ben­ja­min, pen­sa­tore ostile alla alter­na­tiva tra seco­la­riz­za­zione e rin­no­va­mento reli­gioso offre mate­riali par­ti­co­lar­mente pre­ziosi: sem­pre aperto è nelle sue posi­zioni sparse ed ete­ro­ge­nee il con­fronto tra le dina­mi­che del pro­fano e l’intensità mes­sia­nica, evi­dente l’ambizione di con­ti­nuare a fecon­dare nel pen­siero e nella scrit­tura l’eredità della teo­lo­gia (e quella biblica in modo tutto par­ti­co­lare) sia pure in echi spiaz­zanti e sfuggenti.
«Al cen­tro di que­sto libro – scrive Sigrid Wei­gel – sta il rico­no­sci­mento da parte di Ben­ja­min del fatto che non pochi con­cetti del pen­siero euro­peo, e soprat­tutto i più signi­fi­ca­tivi – come quelli di vita, uomo e giu­sti­zia – pro­ven­gono dalla tra­di­zione biblica». Un rico­no­sci­mento che si radica nella volontà che le tracce della Scrit­tura resi­stano ai movi­menti con­vulsi e spesso diso­rien­tati della seco­la­riz­za­zione e si pro­ietti verso un legame – cosi afferma con auto­re­vo­lezza Sté­phane Mosès – con la rive­la­zione biblica in un mondo senza Dio.
Oscuro è in Ben­ja­min il luogo della soprav­vi­venza: non sarà nella teo­lo­gia con la sua reto­rica inse­diata nella sto­ria e nep­pure nella filo­so­fia con­dan­nata da Blu­men­berg a riem­pire il vuoto lasciato dall’allontanamento del divino.
Wei­gel ne cerca ini­zial­mente le tracce in quel con­fronto tra «il sacro» e la «crea­tura» che ispira scritti rile­vanti: lo stu­dio sul dramma barocco, le pagine su Kraus e il sag­gio sulla cri­tica della vio­lenza – in par­ti­co­lare sul senso del dogma della sacertà della vita e su quelle note sulla ‘vio­lenza divina’ in cui Ben­ja­min si chiede cosa signi­fica pre­scin­dere «in casi straor­di­nari» dal coman­da­mento divino di non ucci­dere. Sono pagine di estrema ric­chezza di pen­siero e di emo­zioni che, par­tendo dal con­fronto con Sch­mitt giun­gono a coin­vol­gere l’attualità – il dibat­tito sulla guerra santa, sugli atten­ta­tori, sugli Stati cana­glia che, oltre­pas­sato l’ambito della teo­ria poli­tica evo­cano modelli teo­lo­gici o religiosi.
Più che nelle con­si­de­ra­zioni ‘sociali’, Sigrid Wei­gel coglie la resi­stenza della parola biblica soprat­tutto nei suoi testi di cri­tica let­te­ra­ria, quelli su Kraus, su Kafka, sulle Affi­nità elet­tive o quelli assai più pro­ble­ma­tici su Bre­cht; la scorge nella poe­sia, lì dove si met­tono in scena sfon­da­menti e tra­sfi­gu­ra­zioni e dove «qual­cosa, al di là del poeta irrompe nella parola poe­tica». Infine la cerca «nel suo pen­siero per imma­gini, nelle sue imma­gini lin­gui­sti­che, di pen­siero e dia­let­ti­che», un ambito che illu­mina gli aspetti imma­gi­nali della scrit­tura ben­ja­mi­niana e rico­strui­sce la qua­dre­ria imma­gi­na­ria del filo­sofo: «Men­tre la lin­gua poe­tica è rile­vante per la soprav­vi­venza della lin­gua biblica, nelle imma­gini si tratta della soprav­vi­venza di signi­fi­cati rituali, sacri e magici. Se la reli­gione spo­sta il regno del sacro tra le nuvole, nelle nuvole dipinte dagli arti­sti diventa per­ce­pi­bile l’apparire di que­sto ‘regno sacro’».
La rifles­sione sulla dia­let­tica della seco­la­riz­za­zione indie­treg­gia (senza mai scom­pa­rire), per fare spa­zio al tema della tra­du­zione (per Ben­ja­min e di Ben­ja­min) e, soprat­tutto, alla ana­lisi delle imma­gini: spez­zoni di film, foto e fram­menti di capo­la­vori della pit­tura di tutti i tempi sui quali Ben­ja­min si sof­ferma (oltre i testi cano­nici, dedi­cati rispet­ti­va­mente all’Ange­lus novus di Klee e alla Melan­cho­lia di Dürer). Sono prove del carat­tere calei­do­sco­pico della scrit­tura di Ben­ja­min, alchi­mi­sta della cul­tura, ma anche col­le­zio­ni­sta pronto a sal­vare ciò che sta per scom­pa­rire, i «relitti di un mondo di sogni» (scrive nel sag­gio sul Sur­rea­li­smo), con­si­de­rando il recu­pero come atto di sabo­tag­gio con­tro la mani­po­la­zione del pre­sente e come retro­spet­tiva profezia.
Attra­verso le imma­gini Ben­ja­min instaura lo stesso rap­porto alche­mico tra tra­di­zione e con­tem­po­ra­neità che ritro­viamo nei rac­conti radio­fo­nici ripub­bli­cati recen­te­mente dalla Bur con il titolo Burat­tini, stre­ghe e bri­ganti (per la cura sapiente di Giu­lio Schia­voni). Sono scritti di «vigi­lanza laico-illuminista» e anti­au­to­ri­ta­ria, eccen­trici rispetto ai testi ana­liz­zati dalla Wei­gel, ma che pure appa­iono altret­tanto ric­chi di «spe­ranza con­tro ogni spe­ranza», di mesco­lanze e mon­taggi, di ele­menti ete­ro­ge­nei assem­blati in un tes­suto di descri­zioni, visioni, espe­rienze dirette e rifles­sioni che appro­dano infine all’assalto alla «fodera gri­gia del tempo». In que­sto attra­ver­sa­mento di rovine che coin­volge in modo potente le imma­gini (e il loro rac­conto) Wei­gel illu­mina ciò che, appa­ren­te­mente insi­gni­fi­cante, può assu­mere un valore epi­ste­mo­lo­gico men­tre coglie «lo sguardo fisio­gno­mico» di Ben­ja­min: «Non si esa­gera – scrive Wei­gel – dicendo che inci­sioni, pit­ture e stampe di arti­sti for­mano una parte costi­tu­tiva dell’epistemologia ben­ja­mi­niana […]. Ben­ja­min pre­di­lige infatti la con­tem­po­ra­neità alla con­ti­nuità, la scena alla suc­ces­sione, i gesti alle asser­zioni, la somi­glianza alla con­ven­zione: in breve, le imma­gini ai con­cetti».
Il con­fronto con i con­tem­po­ra­nei si fa ser­rato: da con­trap­po­si­zioni, dia­lo­ghi o sug­ge­stioni emer­gono aspetti tra­scu­rati e affa­sci­nanti del filo­sofo ber­li­nese e un vivido qua­dro d’insieme della Ger­ma­nia wei­ma­riana: da George con il suo cir­colo di sacer­doti della poe­sia e cul­tori dell’oltreumano, a Sch­mitt con le sue pro­spet­tive di seco­la­riz­za­zione all’interno delle strut­ture di potere della moder­nità, fino ad Aby War­burg di cui l’autrice coglie ine­dite influenze su Benjamin.
ManifestoAlias-Domenica, 26 aprile 2014

3 commenti:

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