Alfatti Appetiti Roberto
Tutti dicono che sono un bastardo. Vita di Charles Bukowski
Mer, 23/04/2014 - 09:37 — franchi
A
vent'anni di distanza dalla sua morte, Bukowski è diventato una maschera
nordamericana e probabilmente è stato più parodiato che letto da una
pletora di epigoni europei e occidentali, in genere, e forse considerato
più un atteggiamento da assumere che un modello letterario. Bukowski è
sostanzialmente diventato un aggettivo, un modo di fare, magari
tardo-adolescenziale. Forse è diventato una scusa. È una buona ragione
per trattare con benevolenza e gratitudine un saggio come questo,
fondato sulla lettura di tutti i suoi scritti, inclusi quelli più
laterali e giovanili, e su una robusta documentazione, e su una
considerazione ben diversa: in “Tutti dicono che sono un bastardo”
(Bietti, 2014; euro 19, pagine 336) l'autore, il giornalista e scrittore
abruzzese Roberto Alfatti Appetiti, intelligenza libertaria e anarchica
classe 1967, ha trattato Bukowski da scrittore e non da bizzarro
grafomane: da intellettuale e non da clown alcolista.
Cosa
fa la differenza in un libro come questo – la biografia di un artista
che aveva scritto soltanto di sé stesso e delle sue giornate a tutto
spiano, in qualsiasi momento della sua vita? La differenza la fanno lo
stile e il respiro del biografo. La differenza è una questione di
intensità: intensità di scrittura, potenza di argomentazioni, e a
speziare qua e là qualche aneddoto poco conosciuto. È un libro
intensissimo, pieno di passione e di sentimento: è questo che mantiene
viva la concentrazione, e origina divertimento. Non posso considerarmi
tra gli appassionati di Bukowski. Sinceramente non lo sono mai stato,
non mi ha mai emozionato molto e non mi ha mai convinto. Invece sono
naturalmente appassionato della scrittura di Alfatti Appetiti. Alfatti è
coraggioso e non convenzionale. E lucido, e piuttosto autonomo. Ha
stile – e ha personalità. Cercando un libro di Alfatti ho letto cose di
Bukowski, e su Bukowski, che hanno certamente complicato e altrimenti
chiarito le idee che m'ero fatto sullo scrittore californiano: sono
grato per quel che ho imparato e molto incuriosito dalla ricchezza e
dalla pluralità dei riferimenti culturali individuati da Alfatti.
Gran
lettore, Bukowski aveva una particolare venerazione per il grande e
frainteso John Fante, e per gli irregolari d'eccezione del Novecento: su
tutti, forse ovviamente, Knut Hamsun, il padre di Fante e di London.
Poi “quelli sbagliati” ma forse per questo più interessanti ancora, vale
a dire Pound e Céline. Poi i nordamericani con un'idea più limpida
della scrittura, come Sherwood Anderson. Granitico nella sua avversione
al sistema letterario occidentale, secondo Alfatti Bukowski “dichiarava
guerra al sistema senza cercare alleanze, o almeno desistenze, con le
fazioni avverse […]”: e anzi ridicolizzava gli addetti ai lavori, e gli
scrittori di maggior peso. Soprattutto, e con ovvie ragioni, i
progressisti d'accatto, i sinistri per convenzione (o per pigrizia) e
per opportunità, in Usa come in Europa. Bukowski, “beat ancor prima dei
beat”, era uno che si sentiva, da solo, “una marcia di protesta”.
L'underground prima ancora che esistesse l'underground. Un
individualista assoluto, che non credeva in altro che non fosse la
scrittura, e si consolava del buio della nostra povera esistenza con
tanta musica classica e tanto vino, e con un fermo rifiuto di qualunque
ideologia e qualunque dogma. Uno consacrato alla scrittura: forse
“radicato” nella scrittura soltanto. In questo libro, pienamente
rispettato, restituito e insegnato.
EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE
Roberto
Alfatti Appetiti (Roma, 1967), giornalista e saggista abruzzese. Ha
esordito pubblicando “All'armi siam fumetti. Gli ultimi eroi
d'inchiostro”, raccolta di scritti già apparsi su vari quotidiani e
periodici, nel 2011. È l'anima del ricco blog “L'eminente dignità del provvisorio”.
Roberto Alfatti Appetiti, “Tutti dicono che sono un bastardo. Vita di Charles Bukowski”, Bietti, Milano, 2014. ISBN, 9788882483128.
Fonte: http://www.lankelot.eu/
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