Confesso di avere provato sempre una profonda antipatia per Eugenio Scalfari. Non ho mai sopportato la tronfia supponenza delle sue prediche domenicali.
E' stato, pertanto, un piacere per me leggere qualche giorno fa su Critica liberale online una pungente critica al decano del giornalismo italiano.
Di seguito potete leggere alcuni passi di questa critica:
Pierfranco Pellizzetti
Scalfari contro tutti
Che sta succedendo a Eugenio Scalfari? Il mese scorso aveva pugnalato
alla schiena con “l’affettuosa” accusa di parricidio Barbara Spinelli,
rea di presunta collusione col grillismo (in effetti la valorosa
commentatrice aveva semplicemente propugnato la ragionevole tesi di non
demonizzare e cercare di capire). Domenica scorsa - in preda a una
patologica coazione a ripetere – il decano del giornalismo nazionale si è
lanciato in una scriteriata invettiva contro Stefano Rodotà, colpevole
ai suoi occhi di aver analizzato nella trasmissione della Gruber (e in
compagnia del cardinale della carta stampata Paolo Mieli) il “fenomeno
Renzi” per quello che sembra apportare di innovazione nell’asfittico
quadro politico nazionale; senza velleità di metterlo pregiudizialmente
all’indice.
Spinelli e Rodotà, due tra le più prestigiose firme de la Repubblica.
Verrebbe da pensare che il fondatore dell’importane quotidiano romano,
sentendo prossima la fine, pretenderebbe di portarsi dietro il maggior
numero di opinionisti di famiglia; come in un funerale vichingo, come in
una sepoltura tribale. Fatto sta che si è beccato dai diretti
interessati due repliche al vetriolo, del tipo “colpito-affondato”,
seppure confezionate nel garbo formalistico dell’understatement.
Aspettiamo di capire contro quali bersagli si indirizzeranno
prossimamente i furori senili della penna scalfariana; di questo
personaggio ormai inarrestabile nel presunto ruolo di pontefice laico,
recentemente assunto dopo gli strombazzatissimi incontri con papa
Bergoglio. Un’investitura che si è rivelata devastante per il suo stesso
equilibrio mentale, tanto da produrre un’interpretazione del ruolo in
cui di Francesco non si vede traccia, visto che il modello cui il Nostro
dimostra di ispirarsi è – semmai - Torquemada.
D’altro canto questo delirio distruttivo sotto forma di invettiva contro
il pensiero critico, rappresentato da Rodotà e Spinelli, qualcosa
segnala pure sullo stato dell’arte mentale dell’ambiente da cui
proviene: l’establishment capitolino genericamente progressista,
salottiero e autoreferenziale; ossessionato dal mito degli illuminati
che rischiarano dall’alto della loro eccezionalità il cammino al gregge
dei concittadini (lo chiamano “illuminismo”, quando è “paternalismo”
della più bell’acqua). In questo ambiente di vecchi un po’ incattiviti
ma sempre molto potenti (composto da presidenti di qualcosa, dalla
Repubblica all’Editoriale l’Espresso) vige la più assoluta sospettosità
nei confronti di ogni nuova entrata - si tratti di idee come di persone -
che non accetti di sottostare al vaglio e alla conseguente omologazione
da parte dei padroni di casa. In una logica di perpetuazione del
paradigma da circolo esclusivo, cui si accede soltanto per cooptazione.
Celebri furono gli innamoramenti scalfariani per possibili alleati in
questa opera conservatrice di tutela dell’egemonia estetica/relazionale
(tipo “Trilateral de noantri”): dall’algido commercialista lamalfiano
Bruno Visentini all’intellettuale della Magna Grecia Ciriaco De Mita.
Purtroppo per i guardiani di questo piccolo mondo antico, il tempo ha
falcidiato anno dopo anno i soci e i possibili sostituti. Sicché bisogna
fare i conti con soggetti non omologabili al criterio di cui sopra. Da
Beppe Grillo a Matteo Renzi. I veri illuministi come Rodotà e Spinelli
ci dialogano, senza nulla concedere all’interlocutore; gli pseudo
illuministi scomunicano. E – così facendo - scatenano contro-scomuniche,
in una spirale di sconfortante irrazionalità e rozza partigianeria.
Fatto sta che – secondo vieto copione - nell’intero campo del confronto
pubblico prevale un atteggiamento settario, che impedisce ogni serio
confronto sui limiti e le contraddizioni tanto del grillismo come del
renzismo. Il comune intento di monetizzare la crisi per il rafforzamento
delle proprie posizioni personali. Sicché, grazie Scalari: illuminista
immaginario, killer della parola che ormai ha smarrito la mira.
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