Crisi ucraina, le democrazie che non vogliono la pace
Tommaso Di Francesco
Le scene ormai sono quelle di una guerra. Una nuova guerra. Dire che il mondo guarda attonito e spaventato vorrebbe dire raccontare l’ennesima bugia. Perché l’Europa che politicamente non esiste e tantomeno ha una sua politica estera, partecipa volente o nolente alla strategia di allargamento della Nato a est. Che, a quanto pare, comincia a dare i suoi frutti. Avvelenati. Ma andiamo per ordine. Mercoledì e giovedì è scattata l’offensiva delle forze militari di Kiev contro le regioni orientali russofone insorte.
Dopo le prime dieci vittime, sembrava che il buon senso consigliasse alle truppe speciali ucraine di fermarsi. È forte il rischio che si ripeta la «Georgia 2008», quando dopo l’attacco dei militari georgiani su indicazione dell’ex premier filo-occidentale Shahakashvili contro l’insorta e filorussa Abbazia — un attacco anche allora istigato dalla Nato — intervenne in forze l’esercito russo. Fu una sconfitta militare per Shakashvili che, abbandonato alla fine dall’Alleanza atlantica, fu defenestrato poi a furor di popolo.
Ieri invece la controffensiva di Kiev — chissà che consigli sta dando il capo della Cia John Brennan che Obama ha annunciato come operativo nella capitale ucraina — è ripartita contro altre città dell’est, gli insorti stavolta hanno reagito facendo esplodere un elicottero a terra, perché l’attacco può arrivare anche dall’aria. Come finirà?
La Casa bianca ammonisce la Russia a «ritirare le truppe», che
finora stanno ancora in Russia. Dovrebbe ritirarle dalla Russia? E
John Kerry accusa: «Mosca destabilizza l’Ucraina» e difende il governo
in carica ricordando, a suo dire, che «l’esecutivo legittimo vuole
colpire i terroristi», mentre in un sussulto i portavoce di Kiev
e di Washington ripetono all’unisono «basta proteste con i volti
mascherati e persone armate, basta terrorismo».
Ma di quale legittimità parla? Giacché il governo di Kiev è stato approvato da piazza Majdan in rivolta, con protagonisti in tenuta paramilitare, anche armati e a migliaia con il volto mascherato.
Per quattro mesi gli allegri inviati dei giornaloni occidentali si sono appassionati ad indicarci gli «eroi» che vagavono in piazza, hanno esaltato l’odore di cavolo delle cucine da campo, hanno bevuto il tè offerto dai rivoltosi «belli». Per una rivolta, è bene ricordarlo, il cui contenuto remoto era la corruzione di un regime (comunque democraticamente eletto), ma sostanzialmente dai connotati esclusivamente nazionalisti ucraini, fortemente antirussa — la prova furono i primi provvedimenti contro la legalizzazione della lingua russa -, con una forte presenza organizzata dei miliziani della destra estrema fascista di Svoboda e ancor più di Pravj Sektor.
Questo clima, che meglio sarebbe definire pericoloso guazzabuglio, ruppe con la forza gli argini di un accordo internazionale definito tra Kerry e Lavrov a Monaco il 20 febbraio (con Yanukovich e lo stesso attuale «premier» Yatseniuk) e alla fine approvò — appena liberata l’«eroina Tymoshenko» in realtà oligarca e in galera per avere favorito la Russia nella trattativa sul gas — e instaurò la «legittimità» del nuovo governo e della nuova presidenza Turchynov, uno dei leader della rivolta «mascherata» di Euromajdan. Con oligarchi che passavano da una parte all’altra tranquillamente. E tutto il sostegno attivo degli Stati uniti e dell’Alleanza atlantica
Com’era possibile non immaginare che, a fronte di una «legittimità» che rappresenta nemmeno la metà dell’Ucraina spaccata a quel punto inesorabilmente almeno in due parti, le popolazioni russofile, russofone e russe a tutti gli effetti non facessero la loro di «rivolta di Majdan»? O esistono rivolte di piazze di serie A e quelle di serie B?
La Crimea, russa a tutti gli effetti, è andata per le spicce e si è autoproclamata indipendente chiedendo, subito bene accetta da Mosca, l’adesione alla Russia. La Crimea e tutta l’Ucraina sono la linea di difesa estrema e di sicurezza della Russia. Circondata da Occidente da tutti gli ex paesi del Patto di Varsavia inglobati ormai dentro l’Alleanza atlantica, con tanto di basi, sistemi di guerra, scudi spaziali. Mentre su piazza Majdan non solo il capo della Cia, ma repubblicani, Joe Biden e Kerry sono ormai di casa. Che ci stanno a fare a decine di migliaia di chilometri dagli Stati uniti? Chi destabilizza davvero gli interessi degli ucraini? Che dovrebbero essere democratici e finalmente federali, per una rappresentanza vera del secondo più grande Paese d’Europa, ma anche al di fuori di ogni alleanza militare precostruita.
E contro i vecchi e nuovi oligarchi e i diktat del Fondo monetario internazionale che ora torna in forze ma che durano da anni contro le classi subalterne ucraine. Mentre le scene di guerra aumentano, il nano politico — con tutto il rispetto dei nani — dell’Unione europea si nasconde, quello dell’Italia è un vuoto assoluto che compra e assembla aerei da guerra e concede basi militari a danno del territorio. Vive l’Europa la vergogna, dopo tante esperienze nefaste e di guerre «umanitarie» nei Balcani, di essere diventata soltanto una moneta che riduce in miseria i suoi popoli costituenti, e soltanto un’alleanza militare, la Nato a guida esclusiva degli Stati uniti. La chiamano democrazia occidentale. E odia la pace.
Ma di quale legittimità parla? Giacché il governo di Kiev è stato approvato da piazza Majdan in rivolta, con protagonisti in tenuta paramilitare, anche armati e a migliaia con il volto mascherato.
Per quattro mesi gli allegri inviati dei giornaloni occidentali si sono appassionati ad indicarci gli «eroi» che vagavono in piazza, hanno esaltato l’odore di cavolo delle cucine da campo, hanno bevuto il tè offerto dai rivoltosi «belli». Per una rivolta, è bene ricordarlo, il cui contenuto remoto era la corruzione di un regime (comunque democraticamente eletto), ma sostanzialmente dai connotati esclusivamente nazionalisti ucraini, fortemente antirussa — la prova furono i primi provvedimenti contro la legalizzazione della lingua russa -, con una forte presenza organizzata dei miliziani della destra estrema fascista di Svoboda e ancor più di Pravj Sektor.
Questo clima, che meglio sarebbe definire pericoloso guazzabuglio, ruppe con la forza gli argini di un accordo internazionale definito tra Kerry e Lavrov a Monaco il 20 febbraio (con Yanukovich e lo stesso attuale «premier» Yatseniuk) e alla fine approvò — appena liberata l’«eroina Tymoshenko» in realtà oligarca e in galera per avere favorito la Russia nella trattativa sul gas — e instaurò la «legittimità» del nuovo governo e della nuova presidenza Turchynov, uno dei leader della rivolta «mascherata» di Euromajdan. Con oligarchi che passavano da una parte all’altra tranquillamente. E tutto il sostegno attivo degli Stati uniti e dell’Alleanza atlantica
Com’era possibile non immaginare che, a fronte di una «legittimità» che rappresenta nemmeno la metà dell’Ucraina spaccata a quel punto inesorabilmente almeno in due parti, le popolazioni russofile, russofone e russe a tutti gli effetti non facessero la loro di «rivolta di Majdan»? O esistono rivolte di piazze di serie A e quelle di serie B?
La Crimea, russa a tutti gli effetti, è andata per le spicce e si è autoproclamata indipendente chiedendo, subito bene accetta da Mosca, l’adesione alla Russia. La Crimea e tutta l’Ucraina sono la linea di difesa estrema e di sicurezza della Russia. Circondata da Occidente da tutti gli ex paesi del Patto di Varsavia inglobati ormai dentro l’Alleanza atlantica, con tanto di basi, sistemi di guerra, scudi spaziali. Mentre su piazza Majdan non solo il capo della Cia, ma repubblicani, Joe Biden e Kerry sono ormai di casa. Che ci stanno a fare a decine di migliaia di chilometri dagli Stati uniti? Chi destabilizza davvero gli interessi degli ucraini? Che dovrebbero essere democratici e finalmente federali, per una rappresentanza vera del secondo più grande Paese d’Europa, ma anche al di fuori di ogni alleanza militare precostruita.
E contro i vecchi e nuovi oligarchi e i diktat del Fondo monetario internazionale che ora torna in forze ma che durano da anni contro le classi subalterne ucraine. Mentre le scene di guerra aumentano, il nano politico — con tutto il rispetto dei nani — dell’Unione europea si nasconde, quello dell’Italia è un vuoto assoluto che compra e assembla aerei da guerra e concede basi militari a danno del territorio. Vive l’Europa la vergogna, dopo tante esperienze nefaste e di guerre «umanitarie» nei Balcani, di essere diventata soltanto una moneta che riduce in miseria i suoi popoli costituenti, e soltanto un’alleanza militare, la Nato a guida esclusiva degli Stati uniti. La chiamano democrazia occidentale. E odia la pace.
il manifesto, 26 aprile 2014
Il capitalismo nella fase fordista (e keynesiana) tentò due strade per uscire dalla crisi. La prima fu quella del new deal
roosveltiamo, la seconda fu quella del riarmo, e condusse alla
seconda guerra mondiale. Immemore della storia l'Europa, colonia degli
USA, sembra oggi aver scelto la seconda.
Siamo già dentro una guerra economica estremamente destabilizzante e distruttiva, ma tanti non ne hanno ancora coscienza... camminiamo, come al guinzaglio, verso il baratro di uno scontro senza precedenti... come compagno di viaggio il Nulla.
RispondiEliminaSperiamo di sbagliarci, cara Letizia!
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