07 aprile 2014

L'ESTREMA DESTRA AVANZA IN EUROPA

Manifestazione di estrema destra in Ungheria

Dopo la “rivoluzione” ucraina (una versione di massa e armata dei “forconi”) con la piazza egemonizzata dai gruppi neonazisti, e il successo in Francia del fronte Nazionale, l'affermazione della destra antisemita e xenofoba nelle elezioni ungheresi offre un'indicazione dell'aria che tira in Europa . Letti in questa chiave anche i fatti veneti non fanno più sorridere.

Andrea Sceresini

Ungheria, le destre fanno il pieno di voti
Stravince il premier conservatore Orban. Gli xenofobi di Jobbik salgono al 20%. Flop della sinistra

Nuovo trionfo per Viktor Orban. Il premier uscente ungherese, leader del partito di centrodestra Fidesz, ha sbaragliato la fragile coalizione composta da socialisti, liberali e verdi, si è aggiudicato il 48% dei consensi e si appresta a governare, per altri quattro anni, forte di una assoluta maggioranza parlamentare, ben 134 seggi su 199 secondo le prime proiezioni. 

Nulla da fare per il centrosinistra, che si ferma al 25%. Il partito dell’estrema destra Jobbik, più volte tacciato di antisemitismo e xenofobia, fa registrare un ulteriore balzo in avanti, seppure non travolgente, attestandosi a ridosso del 20%. Un risultato ottenuto a suon di provocazioni e slogan nazionalistici: «Votate Jobbik per sconfiggere gli zingari», è il testo del lapidario sms che milioni di ungheresi si sono ritrovati ieri mattina sul proprio cellulare.

Budapest si getta ancora più a destra, confermando i sondaggi della vigilia e i timori di parte della comunità internazionale. Per Viktor Orban è il secondo mandato consecutivo, il terzo della sua carriera politica. «Andremo avanti senza esitazione sulla strada che abbiamo tracciato», aveva promesso alla vigilia. Certamente sarà così. Dopo il clamoroso trionfo del 2010 - quando ottenne il 53% dei consensi contro il 19% dei socialisti - il leader di Fidesz diede vita a una controversa serie di riforme: fece approvare unilateralmente una nuova carta costituzionale; varò la legge sui media, che contribuì a imbavagliare le voci d’opposizione; riformò la Banca centrale magiara, riservando all’esecutivo il potere di nomina dei nuovi governatori.



Cinquantuno anni ancora da compiere, decisionista dal piglio burbero e spiccio, Viktor Orban ha ottenuto il suo primo mandato di governo nel lontano 1998. Durante gli ultimi quattro anni si è conquistato la stima - e le preferenze elettorali - dei membri delle comunità ungheresi residenti in Romania, Ucraina e Slovacchia, concedendo loro, con l’ennesimo colpo di teatro, il diritto di voto in patria.

«Manifestare contro il governo equivale a tradire il Paese», ha dichiarato. Grande amante del calcio, ex centravanti di belle speranze, fierissimo self-made man in salsa post-socialista: «il Berlusconi magiaro», così lo chiamano da queste parti. Il suo Milan si chiama Felcsùt, la squadra del villaggio dove è cresciuto, per la quale ha fatto edificare un futuristico stadio da quattromila posti, che troneggia come un’astronave tra le modeste casupole dal tetto di legno. Ha detto di lui il leader dell’opposizione, il socialista Attila Mesterházy: «Orban è a capo di una potentissima lobby politico-economica, grazie alla quale è riuscita a soggiogare l’intero Paese».



L’ultimo colpo di scena risale a un paio di mesi fa, quando il premier magiaro ha firmato un accordo economico con Vladimir Putin, concedendo alla società russa Rosaton l’incarico di costruire due nuovi reattori nella centrale nucleare di Paks, l’unica dell’Ungheria. I suoi provvedimenti sono stati aspramente contestati dall’Unione Europea, che lo scorso anno minacciò sanzioni finanziarie. Ben lungi dal lasciarsi intimorire, il leader di Fidesz ha reagito alzando la voce: «Noi non crediamo nell’Unione Europea - ha dichiarato -, crediamo nell’Ungheria».

Il suo cavallo di battaglia si chiama economia. Nel ultimi quattro anni il Paese è riemerso dalla crisi, i salari sono aumentati e la disoccupazione è stata sensibilmente ridotta. Un dato su tutti: dalla primavera del 2013 a oggi il numero dei senza lavoro è sceso dall’11% all’8%. Oggi Orban promette nuovi miracoli: gli ungheresi hanno deciso di credergli.


La Stampa – 7 aprile 2014

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