Nasce Doc(k)s: un
programma di lavoro per collane di libri, una rivista online, un
service per le piccole case editrici e la formazione professionale
Benedetto Vecchi
I Doc(k)s e la
difficile impresa dell’indipendenza culturale
Il progetto può
essere annoverato tra le molte sperimentazioni
editoriali tese a gettare un ponte tra
produzione culturale «cartacea»,
Rete e formazione. Alla lettura dei testi che
accompagnano il lancio dell’iniziativa emerge però
un panorama più articolato. Doc(k)s specifica
nella home page del suo sito (http://infodocks.wordpress.com/)
che il progetto nasce con due obiettivi: creare una
piattaforma dove ricercatori universitari,
grafici, editori, videomaker possono
condividere risorse per sviluppare, qui il
secondo obiettivo, prodotti culturali
indipendenti dai canoni imposti dall’industria
culturale.
Dopo una prima fase di adesione attivata da una rete informale di amicizie e di relazioni professionali, dalla prossima settimana parte la seconda fase di adesione al progetto (le informazioni sono sul sito). Molto presente, nei documenti di presentazione del progetto, una analisi sullo stato dell’arte del «lavoro cognitivo» e sulla condizione di strutturale precarietà che contraddistingue l’esistenza di questo settore del lavoro.
A differenza di molte riflessioni dedicate alla precarietà — qui la significativa differenza — non c’è nessun invito ad autorganizzarsi per strappare diritti, bensì la segnalazione della scelta di costituire un’impresa produttiva contraddistinta da egualitarismo e condivisione delle conoscenze. «La precarietà è certo la condizione generalizzata del lavoro cognitivo — afferma Sergio Bianchi, da sempre uno dei nomi della casa editrice DeriveApprodi -. Come tanti altri ho pensato che senza una presa di parola e un’attività politica dei precari in quanto lavoro vivo la possibilità di trasformare la realtà sarebbe stata una chimera. Sono però convinto che il lavoro cognitivo può manifestare la sua indipendenza e autonomia dal potere economico dominante sviluppando forme inedite, non capitalistiche di produzione.
Doc(k)s nasce anche da
questa consapevolezza, che vede confluire
uomini e donne con esperienze lavorative
e politiche tra loro assai eterogenee.
Ci sono ricercatori universitari
strutturati, insegnanti, ma anche tanti precari
della pubblicità, dell’editoria, della stessa
università. C’è poi chi viene dai centri sociali,
ma anche dai partiti della sinistra radicale. Una
diversità che può diventare il valore aggiunto del
progetto».
Dentro e oltre
il movimento
Non va quindi nascosto
che «Doc(k)s» nasce all’interno dell’esperienza quasi
ventennale della casa editrice «DeriveApprodi»,
anche se ne viene dichiarata l’autonomia economica
e progettuale. Un elemento, questo della
vicinanza alla casa editrice romana, che fornisce
un ulteriore dato della carta d’identità di Doc(k)s: la
vicinanza alle realtà di «movimento». Ma anche in
questo caso viene ribadita l’indipendenza dalle agende
politiche he ne scandiscono le pratiche
sociali. Nulla viene detto sulla situazione di «bassa» che
caratterizza l’esperienza degli spazi occupati
e autogestiti: un elemento dato per implicito,
anche se una delle prime iniziative di «Docks« vuole
essere un convegno nazionale sulle «politiche
e repressive» messe in campo contro le occupazioni
delle case, di centri sociali, di teatri e cinema,
come i romani Teatro Valle e Cinema America.
Un convegno,
tuttavia, che non vuole essere un «revival» di
altri tempi e epoche. La repressione, infatti,
è strettamente connaturata con le
strategie di governamentalità messe
in campo dal potere costituito. La repressione, infatti,
attinge sì alla legislazione d’emergenza introdotta
dopo gli anni Settanta, ma ha dinamiche
amministrative: spesso viene applicato il codice
penale, riducendo le pratiche politiche dei
movimenti sociali a «devianza» dalla legalità
costituita. Per questo Doc(k)s immagina uno stretto
rapporto con giuristi e magistrati
«democratici».
L’organizzazione dei progetto economico è suddiviso in sei aree di intervento: organizzazioni di ferie e eventi; macerono, una rivista on line, formazione professione per aspiranti editori o librai una collana di libri da pubblicare con DeriveApprodi, la produzione di audiovisivi.
Sull’organizzazione di eventi e fieri, alcuni dei promotori di Doc(k)s sono stati tra gli organizzatori del «Critical book&wine». «È stata un’esperienza importante — afferma Gianmarco Mecozzi, uno degli altri promotori di Docks — ma ha fatto il suo tempo. Noi vogliamo essere una struttura di servizio per quanto riguarda la produzione autogestita. Non nascondiamo l’ambizione di poter organizzare anche una grande convention di tutte le case editrici indipendenti. In Italia ce ne sono più di settanta. Tante, anche se non sempre riescono a sviluppare forme distributive e di produzione condivisa, in maniera tale di resistere alla stretta causata dalla crisi economica. Ma anche di poter resistere alla tendenza di concentrazione oligopolistica del mercato editoriale, che non significa solo la scomparsa di tante case editrici, come è accaduto nell’ultimo quinquennio, ma anche nella distribuzione e nei punti vendita».
La proposta
alle case editrice indipendenti sarà di
organizzare una grande rassegna della
produzione indipendente a Milano.
Sull’editoria, c’è anche «macerono»: la vendita
online e non solo dei titoli ritirati dalle librerie
che altrimenti sarebbero mandati al macero. Inoltre,
c’è anche la volontà di sviluppare una collana
dentro DeriveApprodi, segnalando però che le
proposte di libri saranno a carico di Docks, che poi
le sottoporrà alla casa editrice in un regime di
autonomia economica. Sugli audiovisivi,
l’obiettivo è di produrre e distribuire video
lasciando ampia autonomia agli autori.
Le sirene del potere
In altri termini,
Doc(k)s si presenta come una impresa «politica», dove la
condivisione delle conoscenze è propedeutica
alla autovalorizzazione dei singoli.
Una scommessa che deve fare i conti con due fenomeni:
l’impoverimento progressivo del lavoro cognitivo,
a causa dei tagli che hanno investito la ricerca e la
cultura; che la concentrazione
oligopolistica ha come contraltare una
«cattura» da parte delle grandi imprese editoriali
e dell’audiovisivo dei contenuti prodotti
all’interno di una critica ai canoni dominanti.
«Siamo consapevoli
— afferma un altro dei promotori, Riccardo
Antonucci — sia dell’impoverimento del lavoro cognitivo
che della “cattura” delle intelligenze da parte
delle grandi case editrici. Occorre individuare
i luoghi dove discutere di tutto ciò. Noi abbiamo in
mente di fare una rivista online. Potrebbe essere quello il
contesto adeguato. Ma abbiamo il pallino
dell’indipendenza. Ne parleremo tra di noi e poi
usciremo alla scoperto. Di sicuro, parleremo
anche di produzione artistica e di genealogie
critiche. Ma anche di come sfuggire alle sirene delle
grandi imprese editoriali e dell’audiovisivo».
Il Manifesto – 13
settembre 2014
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