15 settembre 2014

DOC(K)S CONTRO LE SIRENE DEL POTERE


Nasce Doc(k)s: un programma di lavoro per collane di libri, una rivista online, un service per le piccole case editrici e la formazione professionale

Benedetto Vecchi

I Doc(k)s e la difficile impresa dell’indipendenza culturale


Il pro­getto può essere anno­ve­rato tra le molte spe­ri­men­ta­zioni edi­to­riali tese a get­tare un ponte tra pro­du­zione cul­tu­rale «car­ta­cea», Rete e for­ma­zione. Alla let­tura dei testi che accom­pa­gnano il lan­cio dell’iniziativa emerge però un pano­rama più arti­co­lato. Doc(k)s spe­ci­fica nella home page del suo sito (http://​info​docks​.word​press​.com/) che il pro­getto nasce con due obiet­tivi: creare una piat­ta­forma dove ricer­ca­tori uni­ver­si­tari, gra­fici, edi­tori, video­ma­ker pos­sono con­di­vi­dere risorse per svi­lup­pare, qui il secondo obiet­tivo, pro­dotti cul­tu­rali indi­pen­denti dai canoni impo­sti dall’industria cul­tu­rale.

Dopo una prima fase di ade­sione atti­vata da una rete infor­male di ami­ci­zie e di rela­zioni pro­fes­sio­nali, dalla pros­sima set­ti­mana parte la seconda fase di ade­sione al pro­getto (le infor­ma­zioni sono sul sito). Molto pre­sente, nei docu­menti di pre­sen­ta­zione del pro­getto, una ana­lisi sullo stato dell’arte del «lavoro cogni­tivo» e sulla con­di­zione di strut­tu­rale pre­ca­rietà che con­trad­di­stin­gue l’esistenza di que­sto set­tore del lavoro.

A dif­fe­renza di molte rifles­sioni dedi­cate alla pre­ca­rietà — qui la signi­fi­ca­tiva dif­fe­renza — non c’è nes­sun invito ad autor­ga­niz­zarsi per strap­pare diritti, bensì la segna­la­zione della scelta di costi­tuire un’impresa pro­dut­tiva con­trad­di­stinta da egua­li­ta­ri­smo e con­di­vi­sione delle cono­scenze. «La pre­ca­rietà è certo la con­di­zione gene­ra­liz­zata del lavoro cogni­tivo — afferma Ser­gio Bian­chi, da sem­pre uno dei nomi della casa edi­trice Deri­veAp­prodi -. Come tanti altri ho pen­sato che senza una presa di parola e un’attività poli­tica dei pre­cari in quanto lavoro vivo la pos­si­bi­lità di tra­sfor­mare la realtà sarebbe stata una chi­mera. Sono però con­vinto che il lavoro cogni­tivo può mani­fe­stare la sua indi­pen­denza e auto­no­mia dal potere eco­no­mico domi­nante svi­lup­pando forme ine­dite, non capi­ta­li­sti­che di pro­du­zione.

Doc(k)s nasce anche da que­sta con­sa­pe­vo­lezza, che vede con­fluire uomini e donne con espe­rienze lavo­ra­tive e poli­ti­che tra loro assai ete­ro­ge­nee. Ci sono ricer­ca­tori uni­ver­si­tari strut­tu­rati, inse­gnanti, ma anche tanti pre­cari della pub­bli­cità, dell’editoria, della stessa uni­ver­sità. C’è poi chi viene dai cen­tri sociali, ma anche dai par­titi della sini­stra radi­cale. Una diver­sità che può diven­tare il valore aggiunto del progetto».
 

Den­tro e oltre il movimento

Non va quindi nasco­sto che «Doc(k)s» nasce all’interno dell’esperienza quasi ven­ten­nale della casa edi­trice «Deri­veAp­prodi», anche se ne viene dichia­rata l’autonomia eco­no­mica e pro­get­tuale. Un ele­mento, que­sto della vici­nanza alla casa edi­trice romana, che for­ni­sce un ulte­riore dato della carta d’identità di Doc(k)s: la vici­nanza alle realtà di «movi­mento». Ma anche in que­sto caso viene riba­dita l’indipendenza dalle agende poli­ti­che he ne scan­di­scono le pra­ti­che sociali. Nulla viene detto sulla situa­zione di «bassa» che carat­te­rizza l’esperienza degli spazi occu­pati e auto­ge­stiti: un ele­mento dato per impli­cito, anche se una delle prime ini­zia­tive di «Docks« vuole essere un con­ve­gno nazio­nale sulle «poli­ti­che e repres­sive» messe in campo con­tro le occu­pa­zioni delle case, di cen­tri sociali, di tea­tri e cinema, come i romani Tea­tro Valle e Cinema Ame­rica.

Un con­ve­gno, tut­ta­via, che non vuole essere un «revi­val» di altri tempi e epo­che. La repres­sione, infatti, è stret­ta­mente con­na­tu­rata con le stra­te­gie di gover­na­men­ta­lità messe in campo dal potere costi­tuito. La repres­sione, infatti, attinge sì alla legi­sla­zione d’emergenza intro­dotta dopo gli anni Set­tanta, ma ha dina­mi­che ammi­ni­stra­tive: spesso viene appli­cato il codice penale, ridu­cendo le pra­ti­che poli­ti­che dei movi­menti sociali a «devianza» dalla lega­lità costi­tuita. Per que­sto Doc(k)s imma­gina uno stretto rap­porto con giu­ri­sti e magi­strati «demo­cra­tici».

L’organizzazione dei pro­getto eco­no­mico è sud­di­viso in sei aree di inter­vento: orga­niz­za­zioni di ferie e eventi; mace­rono, una rivi­sta on line, for­ma­zione pro­fes­sione per aspi­ranti edi­tori o librai una col­lana di libri da pub­bli­care con Deri­veAp­prodi, la pro­du­zione di audio­vi­sivi.

Sull’organizzazione di eventi e fieri, alcuni dei pro­mo­tori di Doc(k)s sono stati tra gli orga­niz­za­tori del «Cri­ti­cal book&wine». «È stata un’esperienza impor­tante — afferma Gian­marco Mecozzi, uno degli altri pro­mo­tori di Docks — ma ha fatto il suo tempo. Noi vogliamo essere una strut­tura di ser­vi­zio per quanto riguarda la pro­du­zione auto­ge­stita. Non nascon­diamo l’ambizione di poter orga­niz­zare anche una grande con­ven­tion di tutte le case edi­trici indi­pen­denti. In Ita­lia ce ne sono più di set­tanta. Tante, anche se non sem­pre rie­scono a svi­lup­pare forme distri­bu­tive e di pro­du­zione con­di­visa, in maniera tale di resi­stere alla stretta cau­sata dalla crisi eco­no­mica. Ma anche di poter resi­stere alla ten­denza di con­cen­tra­zione oli­go­po­li­stica del mer­cato edi­to­riale, che non signi­fica solo la scom­parsa di tante case edi­trici, come è acca­duto nell’ultimo quin­quen­nio, ma anche nella distri­bu­zione e nei punti ven­dita».

La pro­po­sta alle case edi­trice indi­pen­denti sarà di orga­niz­zare una grande ras­se­gna della pro­du­zione indi­pen­dente a Milano. Sull’editoria, c’è anche «mace­rono»: la ven­dita online e non solo dei titoli riti­rati dalle libre­rie che altri­menti sareb­bero man­dati al macero. Inol­tre, c’è anche la volontà di svi­lup­pare una col­lana den­tro Deri­veAp­prodi, segna­lando però che le pro­po­ste di libri saranno a carico di Docks, che poi le sot­to­porrà alla casa edi­trice in un regime di auto­no­mia eco­no­mica. Sugli audio­vi­sivi, l’obiettivo è di pro­durre e distri­buire video lasciando ampia auto­no­mia agli autori.

Le sirene del potere

In altri ter­mini, Doc(k)s si pre­senta come una impresa «poli­tica», dove la con­di­vi­sione delle cono­scenze è pro­pe­deu­tica alla auto­va­lo­riz­za­zione dei sin­goli. Una scom­messa che deve fare i conti con due feno­meni: l’impoverimento pro­gres­sivo del lavoro cogni­tivo, a causa dei tagli che hanno inve­stito la ricerca e la cul­tura; che la con­cen­tra­zione oli­go­po­li­stica ha come con­tral­tare una «cat­tura» da parte delle grandi imprese edi­to­riali e dell’audiovisivo dei con­te­nuti pro­dotti all’interno di una cri­tica ai canoni domi­nanti.

«Siamo con­sa­pe­voli — afferma un altro dei pro­mo­tori, Ric­cardo Anto­nucci — sia dell’impoverimento del lavoro cogni­tivo che della “cat­tura” delle intel­li­genze da parte delle grandi case edi­trici. Occorre indi­vi­duare i luo­ghi dove discu­tere di tutto ciò. Noi abbiamo in mente di fare una rivi­sta online. Potrebbe essere quello il con­te­sto ade­guato. Ma abbiamo il pal­lino dell’indipendenza. Ne par­le­remo tra di noi e poi usci­remo alla sco­perto. Di sicuro, par­le­remo anche di pro­du­zione arti­stica e di genea­lo­gie cri­ti­che. Ma anche di come sfug­gire alle sirene delle grandi imprese edi­to­riali e dell’audiovisivo».

Il Manifesto – 13 settembre 2014

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