09 settembre 2014

BELLUSCONE: UNA STORIA ITALIANA!


    L'altra sera ho visto con grande  piacere  l'ultimo film di FRANCO MARESCO. Chi vuole capire davvero cosa sia il rapporto mafia-politica vada a vederlo!  Vi troverà anche, nel finale, una plastica rappresentazione di quella che Pasolini indicava come la MUTAZIONE ANTROPOLOGICA degli italiani.
    Il titolo del film può trarre però in inganno: infatti, a ben vedere, non si tratta di una STORIA SICILIANA ma di una storia nazionale!
    Di seguito ripropongo due recensioni apparse sulla stampa italiana.  (F. Virga)



Un film politico, ma soprattutto morale: il Belluscone di Maresco conquista il Lido

Accolto da continui applausi a scena aperta e da un'ovazione finale, Belluscone - Una storia siciliana ha conquistato il Lido. Ma chissà quanti, tra gli spettatori, hanno colto il coefficiente di realtà del film, che nelle sue divagazioni potrebbe sembrare un mockumentary di quelli che vanno alla moda.
Partito come un documentario sul rapporto tra Berlusconi e Cosa Nostra, il film devia verso un viaggio tra i cantanti neomelodici al seguito dell'irresistibile impresario Ciccio Mira, come a mostrare una sorta di transfert collettivo e delle segrete assonanze tra due mondi in apparenza lontani. Ma in realtà il tutto subito si interrompe e collassa: Maresco, ci dice il film, è sparito, forse vittima del proprio film, e sulle sue tracce parte un Tatti Sanguineti un po' Caronte e un po' Philip Marlowe.
E davvero, al di là di una cornice (parzialmente) di fantasia, quasi tutto quel che si vede nel film è vero, e gli avvenimenti raccontati sono accaduti: i telegiornali con il tizio che fa esplodere la casa terrorizzato all'idea di perdere la pensione dopo le dimisioni di Berlusconi; le intercettazioni dei boss di Porta Nuova con Mira; le denunce di un cantante contro Maresco e il suo film.
Dalle macerie di quello che poteva essere un fallimento, Maresco fa risorgere il suo film sul film, creando con frammenti sparpagliati e un insieme di inattesa coerenza quasi musicale. Il risultato è dunque il racconto di come il film stesso non si è fatto e non si poteva fare, un po' per i limiti del comico e dell'inchiesta, un po' perché, man mano che lo sguardo si allarga, la cupezza dello sguardo coinvolge il senso del fare cinema oggi.
Si ride, certo, ma il sentimento finale è quasi straziante. Perché Maresco in fondo ha una grande pietà per il mondo terribile che narra: il vero orrore gli sembra piuttosto il volto dell'Italia di oggi. Belluscone è in questo senso un film politico ma soprattutto morale, un melanconico grido di estraneità nei confronti del presente (nel finale appaiono, con agghiacciante continuità antropologica rispetto alla storia raccontata, Matteo Renzi ad Amici e le gare di X factor). Forse per questo, al Lido, Franco Maresco non è venuto, ed è rimasto nella sua Palermo.
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Maresco: è una farsa non sono un giustiziere

Fulvia Caprara
Franco Maresco è a Palermo «perchè la vita viene prima dei film e ho trascurato troppo me stesso e la mia salute», ma al Lido, dall’altra sera, dopo la prima proiezione per la stampa, non si fa che parlare di lui, del gran ritorno con Belluscone - Una storia siciliana, indagine drammatica e insieme esilarante della fascinazione nefasta che ha legato, nel tempo, la Sicilia all’ex-premier Silvio Berlusconi: «L’ipotesi del film - dice lui al telefono - è che Berlusconi e i siciliani siano legati da un elemento comune, la non fiducia nello Stato, la sua negazione». Sullo schermo, prosegue Maresco (dopo le risate e il mare di applausi, il regista è stato salutato dal pubblico con un coro infinito di «Franco, Franco») «Berlusconi si rivela più siciliano dei siciliani, soprattutto nel modo di reagire alla mafia. Quando si sente in pericolo, si rivolge all’amico Marcello Dell’Utri, crede più a Cosa Nostra che allo Stato».  
Nel mondo dei cantanti neo-melodici, osservato con desolato e ironico stupore, sono i giovanissimi a inneggiare per il fondatore di Forza Italia: «Sì, è vero, la canzone Vorrei conoscere Berlusconi esiste, non è un’invenzione. Una delle cose che più mi ha colpito è che proprio un ragazzo di Villagrazia di Palermo, il luogo di cui fu padrone assoluto il mafioso d’altri tempi Stefano Bontade, ha pensato un giorno di comporre un brano del genere. Un pezzo in cui Berlusconi è visto come l’unica persona in grado di far salire tutti i gradini della scala sociale». 
Concepito nel 2011, iniziato, poi accantonato, e infine portato a termine nel migliore dei modi, Belluscone una storia siciliana rischiava di apparire superato oggi, nella mutata realtà politica italiana. Lo salvano, invece, la vena fiammeggiante dell’autore di «Cinico tv», la maschera dell’organizzatore di feste di piazza Ciccio Mira (arrestato per vicinanza ad ambienti mafiosi nel 2013), il Virgilio Tatti Sanguineti che accompagna lo spettatore lungo il viaggio-inchiesta, le facce degli intervistati, il tono roboante della voce fuori campo che contrasta con lo squallore del tutto: «Volevo fare una specie di guerra-lampo, un film veloce, poi mi sono reso conto che stavo prendendo un’aria da giustiziere che non è mia... Allora ho interrotto il lavoro, e poi ho ricominciato, partendo da Brancaccio, il quartiere dei neo-melodici».  
Lo sguardo sull’attualità non è consolante: «Anche mentre precipitava nella tragedia e nella farsa, Berlusconi in Sicilia non è mai stato abbandonato... Con la crisi, poi, le cose non migliorano, anzi. Palermo è una città che sta male, che non dà segni di cambiamento, dove la cosa peggiore, cioè l’indifferenza, non fa che aumentare».  
La Stampa  31 agosto 2014

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