La danza del ventre è la vera passione nazionale egiziana. Conta milioni di seguaci ma per qualcuno è simbolo di dissolutezza.
Alaa Al-Aswani
Danza del ventre, la
rivoluzione segreta degli egiziani
Una crisi economica
catastrofica, l'inflazione alle stelle, attentati terroristici a
ripetizione: è il panorama dell'Egitto oggi. Eppure gli egiziani su
YouTube guardano videoclip di raqs sharqi, la danza orientale,
detta in Occidente "danza del ventre". Un video della
danzatrice armeno-egiziana Safinaz è stato visto dagli egiziani più
di 4 milioni di volte in un mese, e quello della libanese Haifa Wehbe
da oltre 10 milioni. Si direbbe che la danza offra sollievo dalla
tensione, ma c'è di più.
La raqs sharqi è sempre stata controversa nella cultura del mio Paese. Gli egiziani l'adorano: Tahia Carioca, una leggendaria danzatrice, dichiarò che "alle feste di nozze appena parte la musica le ragazze ballano come matte". Eppure la danza del ventre, ricca com'è di allusioni, è simbolo di volgarità e vita dissoluta. Dire a qualcuno "figlio di una danzatrice del ventre" è un insulto.
Quel disprezzo ha una lunga tradizione. Nella Descrizione dell'Egitto gli studiosi francesi al seguito di Napoleone nel 1798, definivano le danzatrici "donne senza alcuna preparazione o decoro, e non si può immaginare nulla di più osceno dei loro movimenti di danza". Invece Gustave Flaubert, che visitò l'Egitto nel 1849-1850 rimase incantato da una danzatrice di nome Kuchuk-Hanem, di cui ammirava "l'alta statura e la carnagione più chiara di quella degli arabi". L'americano George William Curtis s'innamorò anche lui di Kuchuk-Hanem: "Non più una gemma, ma un fiore non ancora pienamente sbocciato". Qual è, allora, il segreto del fascino? Edward Said, lo studioso palestinese-americano autore diOrientalismo, ha paragonato il balletto occidentale, che "è tutto elevazione, leggerezza, sfida al peso corporeo", e la danza orientale con "la danzatrice che si pianta sempre più saldamente nella terra, quasi scavandoci dentro".
Ma la raqs
sharqi stuzzica il desiderio o è qualcosa di più? Secondo
Andrea Deagon, docente all'Università della Carolina del Nord, è
uno strumento di liberazione per le donne; una forma di
autoespressione in movimento, dà voce a una verità sui piaceri del
corpo che non è esprimibile in altri modi nella società egiziana.
Poiché sfida una religiosità che vede ogni esibizione come un atto
impuro, la raqs sharqi è sempre stata fraintesa e
associata al disonore. Questo ne fa un'arte sovversiva: la danzatrice
che si scuote di dosso le catene dell'ordine patriarcale semina paura
nel cuore dei religiosi conservatori e può costituire una minaccia
per la tirannia. Infatti, è spesso oggetto di misure repressive.
Nel 1834 Muhammad Ali prese misure per "preservare" (a modo suo) la morale ordinando di arrestare ed esiliare nell'Alto Egitto le danzatrici e le prostitute. Prescrisse anche 50 frustate per qualunque donna sorpresa a ballare per strada. Sotto la presidenza di Nasser, il responsabile della supervisione e censura delle arti deliberò che "le danzatrici di raqs sharqi non sono autorizzate a fare le seguenti cose: stendersi sulla schiena, stendersi per terra in modo volgare e tale da eccitare, o effettuare movimenti rapidi tali da causare eccitazione. Le cosce non devono essere del tutto aperte quando la danzatrice è stesa per terra. Non devono esserci movimenti sussultori in su e in giù". Le danzatrici forse risero di queste regole: rispettarle avrebbe voluto dire cambiare mestiere.
Ancora oggi serve un permesso del governo, e una certa ipocrisia rimane. Se da un lato il governo reprime le danzatrici in nome della moralità pubblica, dall'altro le usa per fini politici. Dopo la guerra del 1973 con Israele, Kissinger faceva la spola in vista degli accordi di Camp David; e l'Egitto faceva in modo che la sua danzatrice preferita, Nagwa Fouad, si esibisse per lui a porte chiuse al Cairo
Cambierà mai
l'atteggiamento degli egiziani verso le danzatrici del ventre? Per il
momento il Paese ha problemi più pressanti: democrazia, diritti
umani, povertà. Ma io vorrei un Egitto nuovo, dove la danza del
ventre si evolva in una forma d'arte, priva delle connotazioni di
condotta immorale che la circondano. In una vera democrazia c'è un
posto per ogni cittadino, danzatrici del ventre comprese. Fino ad
allora, gli egiziani continueranno a essere entusiasti consumatori di
danza del ventre; e ad avere poco rispetto per le danzatrici.
La repubblica – 15 maggio 2014
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