19 settembre 2014

SULL'ART.18 RENZI SORPASSA BERLUSCA




     IIn un incredibile videomessaggio il presidente del Consiglio Renzi  attacca a testa bassa la CGIL. Neppure Berlusconi aveva osato fare tanto. Se l’ha fatto vuol dire che cerca lo scontro.
       Noi, per il momento, gli rispondiamo in modo pacato con questo articolo del Manifesto:

di togli
ARTICOLO 18, UN VALORE PER TUTTI



di  Guglielmo Ragozzino,

L’articolo 18 della legge 300/1970 è stato con­si­de­rato per molti anni come il sim­bolo della giu­sti­zia sociale, in fab­brica e fuori. «Il capo gua­da­gna 10 o 100 volte più di me, può fare gli orari e le vacanze che vuole, assu­mere chi gli sta a cuore, però una volta che io sono lì, al lavoro, non può man­darmi via. Il posto di lavoro è anche mio. C’è un giu­dice (a Ber­lino) che, nel caso, me lo darà indietro».
La giu­sti­zia sociale così espressa – lo abbiamo detto e ripe­tuto – era fatta pro­pria da tutti i lavo­ra­tori dipen­denti, del set­tore pub­blico e di quello pri­vato, dai lavo­ra­tori auto­nomi e dai senza lavoro. I dipen­denti pub­blici come gli inse­gnanti, com­presi le gio­vani mae­stre pre­ca­rie, oppure scrit­tori e avvo­cati par­te­ci­pa­rono alla grande mani­fe­sta­zione del Circo Mas­simo il 23 marzo 2002, fatta dalla Cgil di Ser­gio Cof­fe­rati, senza badare al fatto che l’articolo in que­stione non li riguar­dava. Era una cosa giu­sta, per tutti, era indi­vi­si­bile come la giu­sti­zia. Era un valore per tutti; si doveva impe­dire che fosse can­cel­lato o stravolto.
È ben noto che gli avver­sari dell’articolo 18, più o meno nello stesso periodo, si erano avvolti nel man­tello della libertà. «La fab­brica è mia e quel certo sin­da­ca­li­sta non lo sop­porto pro­prio. Fa per­fino del sabo­tag­gio» Non erano solo Mar­chionne e i suoi pre­cur­sori a pen­sarla così. Non pochi pen­sa­vano che la libertà di licen­ziare fosse una delle libertà demo­cra­ti­che pre­scritte dfa un qual­che emen­da­mento della Costi­tu­zione del Capi­tale. Il Capi­tale era tirato per i capelli in que­sta discus­sione. Si argo­men­tava che nes­suno avrebbe rischiato inve­sti­menti in Ita­lia alla pre­senza di que­sto abo­mi­nio oltre­tutto pro­tetto da un’alleanza ince­stuosa tra giu­dici e ope­rai. Si fecero per­fino dei par­titi poli­tici nuovi – o rivol­tati come una vec­chia giacca – per soste­nere poli­ti­ca­mente que­sti valori.
I testi che pub­bli­chiamo in que­sto spe­ciale met­tono però in luce lo scarto tra pen­siero eco­no­mico e ideo­lo­gia padro­nale. Per mostrare buona volontà l’estrema sini­stra di cui essi si ser­vono è John May­nard Key­nes, lasciando da parte altri autori più riso­luti che forse avreb­bero cau­sato qual­che tem­pe­sta ideologica.
Altre leggi hanno modi­fi­cato la legge 300 che a sua volta (in par­ti­co­lare l’articolo 18) era il com­ple­ta­mento della legge 604 del 16 luglio 1966. I lavo­ra­tori dipen­denti con con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato si sono nel frat­tempo ridotti di numero e in una vera trat­ta­tiva sin­da­cale sarebbe stato pos­si­bile tro­vare un com­pro­messo accet­ta­bile tra egua­glianza e libertà, tenendo conto del valore sim­bo­lico e del rap­porto di forze. Forse si sarebbe potuto seguire una via dif­fi­cile e ope­rosa: prima discu­tere di tutto il resto e poi della even­tuale riscrit­tura di que­sto o di quell’articolo di legge. Ecco però che viene di nuovo fatto sal­tare tutto. Una parte della Con­fin­du­stria, spal­leg­giata da per­so­naggi della poli­tica e dell’accademia, con nomi che è inu­tile o dan­noso ripe­tere, vuole stra­vin­cere, vuole l’umiliazione di chi la pensa diver­sa­mente, di chi crede dav­vero che gli uomini siano uguali tra loro.
Mat­teo Renzi, pover’uomo, man­cando di un’idea per­so­nale, si accoda. Ripete quello che gli hanno detto. Attacca i soste­ni­tori dell’art.18 come fau­tori dell’apar­theid tra lavo­ra­tori di serie A e di serie B. Si fa rispon­dere da Ste­fano Fas­sina che, senza difese sin­da­cali e poli­ti­che, fini­ranno tutti in serie C.

da il manifesto del 19 settembre

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