12 novembre 2014

IL MONDO D'OGGI RACCONTATO DA NICOLA LAGIOIA



La ferocia di Nicola Lagioia


di Luca Illetterati

A scuola, di fronte alla traccia che chiedeva di commentare un pensiero di Marc Bloch – “l’incomprensione del presente nasce fatalmente dall’ignoranza del passato” – Michele, uno dei protagonisti, forse il protagonista di questo formidabile affresco che è La ferocia di Nicola Lagioia (Einaudi 2014), aveva consegnato un foglio con disegnati ai bordi strani animaletti e nella parte centrale un lungo periodo sconnesso e insensato in cui l’unico elemento di significato era una citazione, che altro non è che la prosecuzione del pensiero di Bloch: “forse però non meno vano è tentare di comprendere il passato dove nulla si sappia del presente”. Per molti versi questo importante e impegnativo romanzo nel quale al lettore la vicenda si dipana come a strati, un po’ alla volta, attraverso livelli diversi e intrecciati di complessità, può essere letto a partire da qui. Il mondo che viene infatti qui raccontato – Bari, la Puglia, il Mezzogiorno, l’Italia contemporanea, questo tempo nel quale ci troviamo immersi noi oggi – è un mondo che, nella sua apparentemente lineare semplicità – una catena trasparente di cause ed effetti, di condizionamenti ambientali, di regole comportamentali elementari – è in realtà del tutto opaco e buio se non viene letto, verrebbe da dire, genealogicamente, andando alle radici delle vicende esistenziali che hanno segnato in modo indelebile la vita di questa sorta di bestiario umano che è la famiglia Salvemini di cui qui si narra.
Il bestiario è peraltro un elemento decisivo e niente affatto metaforico: le incursioni nel regno degli animali non umani – la gatta, i topi di fogna, gli uccelli che muoiono nel modo più innaturale, e cioè precipitando come impazziti a causa delle scorie tossiche sepolte in quelle terre già devastate in superficie dagli umani e ora anche in profondità dai loro rifiuti – sono chiavi di lettura, tracciati di senso ed esempi di coerenza, capaci, come in controluce, di rivelare la ferocia, appunto, di un mondo umano retto anch’esso da regolarità indiscutibili e rigidi meccanismi ai quali sembra che nessuno si possa sottrarre, come se nulla potesse davvero metterle in questione. Nulla, se non un gesto radicalmente e tragicamente umano, un gesto che sia in grado di incarnare la naturale innaturalità di questo animale spietato che è l’animale umano. Tutto il romanzo di Lagioia ruota attorno a questo nodo irrisolto, contraddittorio e terribilmente lacerante: il riconoscimento, cioè, che la natura umana si esprime per ciò che è, in una qualche forma, eroica o banale, distruttiva o autodistruttiva, di negazione della natura. Se c’è una scienza in grado di interpretare questo tempo, questo nuovo secolo che è ancora agli albori, dice a un certo punto uno dei personaggi, un corrotto che lavora con le squadre del bene, questa è l’etologia, la scienza del comportamento degli animali, la disciplina che studia i nessi di necessità a cui essi rispondono: “Corri in una piazza piena di colombi e li vedrai volare”, dice; e aggiunge, quasi come sfida, “trovami il colombo che non vola”. Ma la persona a cui lo dice, Michele, è proprio il colombo che non vola; un disadattato (da interpretare anche qui etologicamente come non adatto all’ambiente nel quale si trova a vivere e che infatti viene spostato dalla famiglia da Bari, il suo luogo naturale, a Roma, un luogo altro che con la sua distanza produce le condizioni della sua, per quanto incerta e fragile, sopravvivenza), un depresso, uno che ha avuto bisogno – o a cui hanno imposto – delle cure psichiatriche, un incapace, secondo gli standard richiesti e imposti dalle norme sociali, uno che di fronte a un problema di matematica, a scuola, non segue la via tracciata, consueta, ma come una sorta di alpinista ne apre una nuova, che spesso non gli consente di arrivare alla meta, ma che non per questo è falsa. Una persona, appunto, proprio per questo capace di un gesto profondamente umano, adeguato, per una volta, a quella stramba naturalità che appartiene a questi complicati animali che sono gli umani; una persona, cioè, capace di un gesto innaturale, assurdo, inatteso. Capace di un’azione contraria alle leggi della natura e proprio per questo umana.
Le leggi della natura non sono infatti solo le leggi della fisica, le leggi della caduta dei gravi o le leggi della termodinamica. Le leggi della natura, per queste forme di vita che sono gli umani, sono leggi che si muovono nelle bordature incerte e slabbrate che separano e uniscono fisica, chimica, biologia, antropologia, psicologia e sociologia. Per queste nature innaturali che sono gli umani la stessa storia, il passato, cioè, di cui non sempre sono consapevoli, le vite che stanno alle spalle della loro e delle quali non sono e non possono essere responsabili, è natura. Il groviglio di vicende e di esistenze da cui provengono determina le vite che vengono dopo, determina, suo malgrado, la singola esistenza, costringendola ad assumersi innaturalmente la responsabilità di ciò di cui non è e non può essere responsabile.
E’ questo il grande tema di questo romanzo; un tema per molti versi classico, che richiama le tragedie greche e la questione ineludibile del rapporto fra scelta e destino, che richiama la grande tensione goethiana tra natura e storia, che rinvia in modo decisivo al più goethiano degli scrittori novecenteschi, e cioè a Thomas Mann, ai Buddenbrook in particolare, a questa idea per cui in un individuo – si pensi ad Hanno Buddenbrook – si coagula misteriosamente e necessariamente l’insopportabile pesantezza dei cicli generazionali che l’hanno preceduto, come se una serie di traiettorie diverse, indipendenti e autonome, per quanto relate l’una all’altra, si concentrassero nella gravità evanescente, eppure esistente, di un punto. Anzi, nel caso del romanzo di Lagioia, di un punto che ha come due lati che si sostengono a vicenda, due facce: quella di Michele, appunto, l’ultimo erede di questa famiglia, l’atomo sfinito su cui pesa la responsabilità della deflagrazione, e quella di Clara, l’amata sorellastra, che muore all’inizio della storia di una morte che non si capisce e il cui dipanarsi è il percorso stesso di questo viaggio nella profondità del tempo che è questo romanzo. Clara è figlia dello stesso padre, ma non della stessa madre di Michele; è la figlia naturale di Vittorio, un uomo solido e bestiale, duro come una statua di ferro, ma disposto a rivelare anche le proprie debolezze pur di raggiungere l’obiettivo, e di Annamaria, la moglie borghese, lucida e fredda, che sopporta tutto, anche il tradimento, pur di avere garantito il privilegio. Michele è nato invece al di fuori del matrimonio da una relazione tra Vittorio e una donna molto amata che muore nel dare alla vita questo figlio bastardo. Michele viene dunque al mondo già ferito e al di fuori di quella peculiare natura che è per gli umani il sedimentarsi dei loro costumi e delle loro pratiche di vita in norme sociali e leggi. Ed è animale ferito e bastardo, che ha sporcato la purezza di una razza, che a un tempo appartiene a quel mondo e a quella storia, ma ne è anche ai margini e, per molti versi, fuori. Per Clara, però, la sua naturalità, il suo appartenere pienamente alla storia da cui proviene, è essenzialmente colpa e destino e il suo avocare a sé tutto il lerciume e il dolore del mondo è l’unico gesto che le sembra concesso per salvare la fragilità di un fratello su cui pure graverà il peso tremendo della decisione. Solo Michele può infatti decidere. Solo chi è a un tempo dentro e fuori può vedere la verità della storia.
Un tema classico dunque, che è però declinato dentro la più vivida e carnale delle contemporaneità, trasformando, ancora una volta alla maniera di Mann, le vicende di questa famiglia potente, di un potere recente, conquistato con la ferocia che si addice ai meccanismi insieme primitivi e moderni del mercato, nel ritratto di un’epoca e di un mondo che non possiamo non riconoscere, attraverso questo romanzo, se non appunto, tragicamente, come questa nostra epoca e questo nostro mondo.

. Lo stesso  era già uscito su  «Alias»

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