21 novembre 2014

L. SCIASCIA TRA ITALIA E SPAGNA







     L'amico Giovanni Marchetti  l'anno scorso, nella sede dell'Associazione Culturale Otium di Marsala,  ha tenuto una memorabile conferenza il cui testo inedito ha pubblicato oggi sul suo diario di facebook.
     Giovanni non poteva scegliere data migliore per rendere pubblico il suo testo. Ci sembra infatti questo il modo migliore per ricordare Sciascia 25 anni dopo la sua morte.

LEONARDO SCIASCIA TRA ITALIA E SPAGNA

 di Giovanni Marchetti


Spagna e Italia, o meglio, Spagna e Sicilia sono per lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia due nazioni sorelle, con le stesse origini e le stesse dominazioni. Un gioco di specchi, dirà Natale Tedesco, in cui la Sicilia si riflette nella Spagna e la Spagna nella Sicilia.
Non va dimenticato che la ricerca costante di Sciascia intorno alla “sicilitudine”o “sicilianità”, riceve a livello teorico uno stimolo notevole, non solo dell'opera di Pirandello e Brancati, ma anche dalla lettura dell'opera di Américo Castro “La realidad histórica de España (pubblicato a Buenos Aires nel 1948 ed uscito in italiano nel 1956) che Sciascia cita numerose volte nella sua saggistica.
 Ma mentre lo storico spagnolo cerca di rappresentare l'identità spagnola, la “hispanidad”, Sciascia cerca di rappresentare l'identità siciliana. E di questo rapporto con Américo Castro ne troviamo testimonianza già nel 1961 in “Pirandello e la Sicilia” (Adelphi, pag.13): 
“Frequentemente faremo riferimento a cose spagnole per una fondamentale considerazione: che se la Spagna è come qualcuno ha detto, più che una Nazione un modo di essere, è un modo di essere anche la Sicilia; e il più vicino che si possa immaginare al modo di essere spagnolo”.

 Lo Sciascia trentenne del 1961,invia una copia di “Pirandello e la Sicilia” a quello che considera un suo maestro, e dopo pochissimo tempo, riceve un biglietto a firma di Américo Castro che con commozione e con un inusuale auto consenso Leonardo Sciascia pubblica in“Cose di Sicilia” (1980): “Muy estimado señor: durante estas vacaciones he podido leer el excelente volumen que tuvo la bontad de inviarme a Princeton. Los variados ensayos de esta obra, tan elegantemente escrita, me parecen tan penetrantes como originales. El que algunas de mis ideas le hayan sido útiles para interpretar la realidad de la vida siciliana es para mi motivo de satisfacción, y le estoy por ello muy reconocido...” [“Ore di Spagna – Bompiani 2000 pag. 16].

Sono molte e continue le allusioni alla guerra civile spagnola e alla cultura spagnola nella narrativa e nella saggistica di Sciascia. L'interesse dello scrittore per la Spagna comincia già da ragazzo e coincide con l'inizio della guerra civile spagnola,avvenimento che cambierà profondamente la sua formazione intellettuale e letteraria.
E sarà la lettura di un articolo sulla guerra civile spagnola di quegli anni che farà maturare in Sciascia il suo antifascismo.
Scrive sul “Corriere della sera”, l'8 aprile 1983:  

“Ma un giorno lessi su un giornale che alcuni attori del Cinema americano avevano sottoscritto un appello e dato del denaro in favore dei “rossi” […] c'erano tra tanti altri, i nomi di Charlie Chaplin e di Gary Cooper. Che cosa fosse allora per un ragazzo di 16 anni il mito del Cinema americano, è difficile immaginarlo, per chi non lo ha vissuto. Era si può dire tutto […] che, dunque, Chaplin e Cooper, incarnazioni di quel mito si trovassero dall'altra parte, nemici del fascismo, una ragione che partecipasse dell'assoluta ragione doveva esserci. E mi dedicai a scoprirla. Lessi tutto ciò che mi riuscì di trovare della storia e della letteratura spagnola...” [“Ore di Spagna” - Bombiani 2000 pagg. 60-61].

Inizia dunque un lungo processo di studio caratterizzato da innumerevoli letture sulla storia spagnola, accompagnate da vari viaggi in Spagna per arricchire con immagini le sue conoscenze.
E' lo stesso Sciascia che ci racconta in “Ore di Spagna” che verso i 16 anni aveva cominciato a studiare lo spagnolo servendosi di un manuale popolare edito da Sonzogno e ne divorò le lezioni, lesse anche tutto quello che riuscì a trovare di storia e di letteratura spagnola e cercò persino di tradurre il primo capitolo del “Chisciotte”.
Nel 1939 determinante sarà la lettura delle “Obras completas” di Ortega y Gasset che troverà casualmente in una bancarella di Caltanissetta e che leggerà in spagnolo a 18 anni. Scrive Sciascia: 

“Così sulle “Obras di Ortega” ho appreso quel po' di spagnolo che so (e lo so da sordomuto: a leggerlo soltanto...) […] le “Obras di Ortega” erano per me come un grande libro di viaggio, un viaggio straordinario,avventuroso, ricco di imprevisti e di rivelazioni nelle regioni dell'intelligenza”[“Ore di Spagna” - Bompiani 2000 pagg. 32-33].

Sciascia con il passare degli anni si convertirà in un innamorato della letteratura spagnola soprattutto delle generazioni del '98 e del '27.
Oltre ad Ortega y Gasset, Sciascia applaude a Miguel De Unamuno per la difesa dell'intelligenza e della libertà fatta dal filosofo basco proprio nell'Università di Salamanca dove era rettore e lo fece davanti al regime franchista. Su questo avvenimento scrive su “L'ora di Palermo” il 24 ottobre 1964 “Unamuno e il generale”: 

“Rettore dell'Università di Salamanca, Unamuno si trovò nel 1936, allo scoppio della guerra civile, nel territorio occupato dai franchisti […] precisamente il 12 ottobre del '36 durante una cerimonia tenuta nell'Aula Magna dell'Università, presente Donna Carmen Franco, ad un certo punto il generale franchista Millan Astray […] gridò “Abbasso l'intelligenza! Viva la morte!” e Unamuno: “Questo è il tempio dell'intelligenza. E io ne sono il sommo sacerdote. Voi state profanando il sacro recinto. E vincerete perchè avete la orza bruta. Ma non convincerete. Perchè, per convincere, dovete persuadere. E per persuadere occorre proprio quello che a voi manca: ragione e diritto nella lotta. Io considero inutile esortarvi a pensare alla Spagna. Ho finito”. Commenta Sciascia: “E queste sono state le ultime parole della sua vita pubblica”.

Sciascia si interesserà anche a tutta quella letteratura che si riferiva alla guerra di Spagna vale adire: “I grandi cimiteri sotto la luna” dello scrittore francese Georges Bernanos; “Per chi suona la campana” di Hemingway e sopratutto “Omaggio alla Catalogna” di George Orwell e “La speranza” di Andrè Malraux di cui affermò:“Forse il più grande romanzo che sia stato scritto in questi trent'anni”.
Oltre ai romanzi sull'argomento leggerà tantissimi libri di storia sulla guerra civile e tra gli autori italiani consiglierà il testo di Aldo Garosci “Gli intellettuali e la guerra di Spagna” che Einaudi aveva pubblicato nel 1959.
Nel suo primo libro,ovvero “Le parrocchie di Regalpetra” del 1956 scrive:  
“Passai le vacanze leggendo libri americani, non ricordo come mi fossero venuti tra le mani.Ritornai a scuola pensando fosse finito il tempo delle manifestazioni. C'era invece la Spagna […] quei nomi delle città di Spagna mi si intridevano di passione. Avevo la Spagna nel cuore. Quei nomi, Bilbao, Malaga, Valencia; e poi Madrid, Madrid assediata. Erano amore, ancora oggi li pronuncio come fiorissero in un ricordo d'amore. E Lorca fucilato. E Hemingway che si trovava a Madrid. Egli italiani che nel nome di Garibaldi combattevano dalla parte di quelli che chiamavano rossi. E a pensare che c'erano contadini e artigiani del mio Paese,d'ogni parte d'Italia, che andavano a morire per il fascismo, mi sentivo pieno d'odio” [“Le parrocchie di Regalpetra” pagg. 51-53].

In un articolo del 1981 sul “Corriere della sera” dirà nuovamente:

 “Ho scritto più di 25 anni fa, in quello che io considero il mio primo libro: “Avevo la Spagna nel cuore”. L'ho ancora”.

 In un articolo apparso lo stesso anno de “Le parrocchie di Regalpetra” 1956, sulla rivista “Officina” (n. 5 novembre 1956) Sciascia impiega il termine“Resistenza” per la guerra spagnola e chiama Antonio Machado “Il primo poeta della resistenza europea”. Del resto il sacrificio di due grandi poeti spagnoli apre e chiude la guerra di Spagna: quello di F. G. Lorca fucilato nella sua Granada nel 1936 e quella di Antonio Machado che muore a Collure nei Pirenei appena varcata la frontiera nel 1939... e a questi due grandi poeti non va dimenticato di aggiungere il nome di Miguel Hernandez, il poeta contadino ucciso nelle carceri franchiste nel 1942.
 Sempre nel 1956, l'anno del suo primo libro, nel mese di giugno Sciascia parte per la prima volta in Spagna accompagnato da sua moglie Maria, parte in autobus, da Milano. Nel 1961 ci ritorna, probabilmente in treno. Ci ritornerà anche nel 1982 visitando Barcellona, Madrid e Salamanca invitato da varie Università e dall'Istituto Italiano di Cultura.
Nel 1984 realizza quello che sarà il suo ultimo viaggio in Spagna questa volta accompagnato oltre che da sua moglie, dai fotografi siciliani Ferdinando Scianna e Giuseppe Leone per conoscere “La Semana Santa” andalusa girando in carrozza, godendo della fastosità e religiosità delle processioni e ripercorrendo gli scenari per lui mitici della guerra civile. Questi suoi ultimi viaggi degli anni '80 rimarranno riflessi in una serie di articoli composti sul “Corriere della sera”, sul settimanale “Epoca” ed uno sul “Giornale di Sicilia”; questi articoli furono raccolti nel 1988 in un volume “Ore di Spagna” pubblicato dalla piccola casa editrice “Pungitopo” di Marina di Patti e poi ripubblicato nel 2000 dalla Bompiani.
Sciascia fece come Edmondo De Amicis, che nel 1870 mentre era re di Spagna Amedeo di Savoia,scrisse per il giornale fiorentino “La Nazione” alcuni articoli sulle città che visitò e successivamente ne fece un libro dal titolo “Spagna” pubblicato per la prima volta nel 1873 a Firenze per la casa editrice G. Barbera.
Il libro avrà una grande fortuna, tanto da essere ristampato svariate volte e sarà per quasi un cinquantennio l'unica guida turistica per tutti gli italiani che andarono in Spagna in quel tempo.

Nel libro “Ore di Spagna”, mentre nella prima parte sono riuniti i dieci articoli di Sciascia,nella seconda parte ci sono le foto scattate in Spagna dal fotografo di Bagheria Ferdinando Scianna di cui Sciascia era amico ed aveva già collaborato in altri lavori.
Questi viaggi gli servirono a confermare quello che aveva già intuito in Sicilia: cioè, che la Sicilia si riflette nella Spagna e la Spagna nella Sicilia e ne “L'Antimonio”dirà: “Il sole dell'autunno spagnolo è identico a quello siciliano” e sempre nello stesso racconto: “Era bella Cádiz somigliava a Trapani, ma per il bianco delle sue case più luminosa...”.
Nel suo libro “La corda pazza” (1970 – Einaudi) allorquando parla del poeta monrealese Antonio Veneziano citerà il Cervantes della “novela” “El amante liberal” la cui protagonista è la giovane ragazza trapanese Leonisa. Scrive Sciascia: 

Dove il Cervantes, senza ricordarlo direttamente, si è ricordato del Veneziano […] a noi pare sia nella novella “El amante liberal”, quando l'infelice Riccardo,siciliano prigioniero dei turchi, descrive le bellezze di Leonisa: “Y te pregunto primero si conoces en nuestro lugar de Trápana una doncella a quien la fama daba nombre de la más hermosa mujer que había en toda Sicilia... una di cui i poeti cantavano che aveva i capelli d'oro, che i suoi occhi erano soli splendenti, le sue guance rose purpuree; i suoi denti perle; le sue labbra rubini; il suo collo alabastro; e che ogni parte nel tutto e il tutto in ogni sua parte facevano stupenda e concentrata armonia...” che pare la trascrizione di una ottava del Veneziano e lealmente il Cervantes avverte che così “Lospoetas cantaban” di una fanciulla siciliana. 

Nel 1958 Sciascia pubblicò nei “Gettoni” di Vittorini quello che il critico francese Claude Ambroise definisce “Forse il testo chiave di tutta l'opera sciasciana”:“L'Antimonio” che sarà aggiunto nel 1961 agli altri tre racconti “Gli zii di Sicilia”.

Leonardo Sciascia, che nell'ottobre del 1966 in un articolo su “L'ora di Palermo” dal titolo “La veglia del presidente”, aveva definito il Presidente della Repubblica Spagnola Manuel Azaña “Una delle più alte e complesse figure degli anni '30” decide l'anno seguente, nel 1967, di tradurre per l'Einaudi il racconto di Manuel Azaña “La veglia di Benicarló” un racconto sulla guerra civile spagnola.
Lo stesso Sciascia nella prefazione riassume così il racconto: 

“Un viaggio in automobile da Barcellona a Valencia di un medico, due ufficiali, un ex deputato, un'attrice; e poi la sosta notturna in un albergo di Benicarló a mezza strada, dove già si trovano un ex ministro, un avvocato, uno scrittore, un dirigente socialista, un propagandista. Tra questi personaggi nasce il dialogo sui temi politici,storici, morali, esistenziali che la guerra civile propose. Una veglia lucidissima, spietata e dolorosa e si conclude nella morte: all'alba una squadriglia di aerei scende su Benicarló, e dell'albergo resta un mucchio di macerie da cui si leva un fumo nero”. [“La veglia di Benicarló” - prefazione –XI].

Guerra civile quindi intesa come un viaggio terminato in modo drammatico.
Scrive Sciascia: “Il bombardamento mette fine alla lucida e dolorosa veglia di quel gruppo di uomini, assurge a segno di “Distruzione della ragione”. Questo racconto-dialogo sulla guerra di Spagna resta il documento più alto – dice Sciascia – dello stato d'animo di colui che ne è stato il massimo protagonista, l'incarnazione della Repubblica: all'apice dello stato, a rappresentarne la legalità, il diritto; e con una forza morale e intellettuale unica, più che rara”.
Vorrei ricordare ancora due articoli che Sciascia scrisse su “L'ora di Palermo”. Il primo è“Guadalajara” (del 27 giugno 1967). Con quella ironia che lo caratterizzò sempre, apre l'articolo con la frase che girava in Spagna tra i franchisti e non: “Los italianos son diventati itali perchè il resto, l'anos, l'hanno perduto a Guadalajara”.
Questa di Guadalajara fu una delle più importanti battaglie della guerra civile spagnola e durò dall'8 al 23 marzo del 1937. Per l'Italia fascista fu una disfatta, la prima sconfitta del fascismo e fu uno scontro fratricida tra fascisti italiani e antifascisti.“Del resto – dirà Sciascia – l'esercito italiano era composto da qualche vecchio manganellatore emiliano o toscano ma i più erano poveri contadini del meridione d'Italia cui il fascismo aveva offerto il lavoro della guerra”.Mussolini voleva vincere a Guadalajara per glorificare il fascismo e mortificare Franco ma – commenta Sciascia – Franco rimase spettatore impassibile, non ad altro interessato che alla umiliazione dell'esercito italiano”.
L'altro articolo del 3 dicembre 1966 è “un fotografo nella guerra”. In questo articolo parla del grande fotografo Robert Capa e delle sue memorabili e famose fotografie. Tra queste foto, Sciascia ricorda quella famosissima del miliziano colpito a morte a Cordova nel momento in cui si lancia all'attacco...
La Fondazione“Sciascia”, presso il castello Chiaromontano di Racalmuto dal 9 novembre 2002 al 9 febbraio 2003, ha dedicato al fotografo una mostra straordinaria dal titolo “Robert Capa – I volti della storia” (una sezione fotografica era dedicata alla guerra di Spagna).
Non fu un caso che questa mostra si svolgesse proprio a Racalmuto, nella città natale di Leonardo Sciascia.

 Giovanni Marchetti

2 commenti:

  1. Riprendo da facebook un commento di Angela Rizzo:

    Le riflessioni di Giovanni sono profonde e articolate, ma nulla nel suo pensiero è stato mai superficiale: dall'analisi testuale di una canzone alle teorie del pensatore più impegnato. Citi Natale Tedesco: è stato mio insegnante universitario... Apprezzo la tua disamina oggettiva e intelligente!

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  2. Mi piace evidenziare la particolare attenzione mostrata da Sciascia nei confronti della guerra civile spagnola. Giovanni non manca di sottolineare come il profondo antifascismo di Sciascia, come quello di Vittorini, abbia le sue radici in Spagna.

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