Mi trovo sempre più spesso a viaggiare in auto sulla pericolosissima strada che collega Palermo ad Agrigento. Questa strada non si può chiamare più "scorrimento veloce" perchè la media ormai non supera i 70 km orari.
La cosa più sconcertante che si può notare, in tutte le ore del giorno, è che la maggior parte del traffico si deve agli enormi camion che trasportano rifiuti ( o, come la chiamano i siciliani, MUNNIZZA!). E questo perchè quasi tutti i Comuni della provincia di Palermo conferiscono i loro rifiuti in una grande discarica di un paese agrigentino che, a quanto pare, sta per chiudere.
Mi domando ingenuamente: non sarebbe più economico, oltre che più ecologico, che ogni Comune smaltisse i propri rifiuti nel proprio territorio?
In attesa di avere una risposta da chi ne sa di più, pubblico la recensione di un libro che si occupa dell'argomento:
Boschini Marco, Orzes Ezio
I rifiuti? Non esistono! Due o tre cose da sapere sulla loro gestione
È evidente che la provocazione del
titolo sta tutta nel modo verbale: i rifiuti esistono eccome ma ne
esisterebbero molti meno se soltanto si volesse mettere in pratica
quanto ci dimostrano le esperienze di alcuni comuni virtuosi italiani ed
europei; e la stessa normativa europea che in Italia, secondo Boschini
ed Orzes, è stata applicata in maniera del tutto parziale. I due autori
di questo piccolo libro (rigorosamente in carta riciclata) hanno a che
fare col Movimento per la decrescita felice, sempre molto criticato, ma
almeno in merito allo specifico argomento della gestione dei rifiuti ci
sono sembrati molto convincenti: le loro argomentazioni, peraltro anche
apprezzabili per linguaggio e capacità di sintesi, vengono supportate da
dati che invece sono del tutto assenti nei discorsi dei gazzettieri del
“si dice” e che, quando si trovano in difficoltà, tirano regolarmente
in ballo l’estero. In realtà proprio i paesi europei a quanto pare ci
raccontano una storia diversa, che non è proprio quella di
termovalorizzatori (termine più politically correct di inceneritori) e
di privatizzazioni di servizi pubblici in ogni dove: “Il diritto
comunitario non ha imposto una specifica disciplina per i diversi
servizi pubblici locali, cosicché essi devono essere uniformati ai soli
principi di parità di trattamento e di non discriminazione, e prevede
che gli stessi possano essere gestiti in amministrazione diretta,
affidandoli direttamente a una propria società (in house) completamente
pubblica o partecipata da privati, oppure affidati con una gara
d’appalto a un gestore esterno. In altri paesi dell’Unione Europea, in
fatti la gestione dei servizi pubblici attraverso società in house è la
normalità […] La liberalizzazione forzata del settore è dunque una
scelta deliberata del nostro paese e non imposizione dell’Europa” (pag.
19). In altri termini quella che può rappresentare in molti campi una
scelta oculata, ovvero la privatizzazione, in Italia sarebbe stata
condotta in maniera cialtronesca, probabilmente in malafede, senza
considerare un dato del tutto evidente quando si parla di rifiuti:
“L’obbiettivo del gestore virtuoso pubblico è, ad esempio, ridurre
progressivamente la quantità di rifiuto prodotto, ma per il gestore
privato tale obbiettivo contrasta con l’esigenza di non incidere nei
ricavi di bilancio o comunque di non ridurre la sua materia di business”
(pag. 24).
I piccoli “comuni virtuosi”, a fronte di
una generalizzata assenza di indicatori di qualità dei servizi, hanno
proposto un modello di gestione sconosciuto ai più, “fondato sulla
raccolta domiciliare porta a porta unitamente all’applicazione della
cosiddetta tariffa puntuale, ovvero una tariffa applicata in base alla
quantità di rifiuto prodotto dalle singole famiglie e imprese”. In
questo modo “la tariffa ha abbandonato l’insulso parametro dei metri
quadri dell’abitazione per sostituirlo con il numero di svuotamenti del
rifiuto indifferenziato: più differenzi, meno riempi il bidone, meno
paghi” (pag. 27). Ma secondo Boschini e Orzes ormai il dogma “privato =
efficienza” è tale che, aggirando la stessa Corte Costituzionale, il
legislatore italiano sta attivando una strategia alternativa, di cui gli
autori danno puntualmente conto: “Se non possiamo evitare le gestioni
pubbliche, allora le facciamo morire di vessazioni” (pag. 30). Con tutto
il cuccuzzaro di provvedimenti tipo l’obbligo di scissione di attività
diverse dai servizi pubblici, la trasformazione della tariffa rifiuti in
tassa o, addirittura, imposta, consolidamento del personale delle
società con quelle del comune, e via dicendo.
Boschini e Orzes, prendendo spunto da
una “buona pratica” come quella del consorzio Priula del trevigiano,
ritengono invece che il riciclo generalizzato possa diventare strumento
per produrre lavoro e ricchezza, oltre che un’opportunità di risparmio
per cittadini fin troppo vessati da tasse di ogni tipo. È così tanto
tempo che ci raccontano di un progresso contrapposto alle utopie di
ambientalisti contrari al mercato che potrà apparire un’eresia soltanto
leggere che “le società pubbliche hanno una raccolta differenziata
del 73,5% a fronte della media nazionale del 35%”. Ora che poi abbiamo
un premier, che si è battuto strenuamente per far costruire inceneritori
e che ha così poca considerazione per i “comitatini”, il piccolo libro
edito dalla EMI sa di pura (e necessaria) provocazione. Le storie
raccontate da Marco Boschini nel capitolo “L’eccezione che stravolge la
regola”, quelle dell’imprenditore Claudio Tedeschi della Disseco, del
Borgo Ecologico”, le iniziative del materano Francesco col suo
“Dizionario dei rifiuti”, oltre a farci sperare in un’Italia depurata
dalle chiacchiere e dai disastri del renzusconismo, ci fa pensare che
poi molto di questa auspicata “decrescita” possa rappresentare
un’alternativa razionale a certo andazzo, supportata finalmente da
cost-benefit analysis. A quel punto si potrebbero ripensare i ruoli di
“progressisti” e di “cavernicoli”.
EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE:
Marco Boschini, (Parma, 1970).
È stato consigliere comunale a Colorno (Pr), dove ora è assessore a
Urbanistica, Ambiente e Patrimonio. Coordina l'Associazione nazionale
dei Comuni Virtuosi fin dalla sua fondazione (2005) ed è stato nel
consiglio direttivo del Movimento per la decrescita felice dal 2008 al
2010. Dal 2006 gira l'Italia ospite di comitati, gruppi ed enti locali,
raccontando e raccogliendo esperienze in corso di sperimentazione a
favore dell'ambiente e della partecipazione attiva dei cittadini.
Ezio Orzes, assessore a Ponte
nelle Alpi (BL) dal 2004, con le deleghe per Ambiente, Agricoltura,
Energia, Mobilità, è nel consiglio direttivo di Comuni Virtuosi e
cofondatore del Movimento per la decrescita felice. Consulente
ambientale nel settore rifiuti urbani, non lavora - precisa - «per
aziende che detengono o promuovono sul mercato brevetti o tecnologie nel
settore rifiuti». Ha firmato contributi per pubblicazioni come
L’Anticasta (a cura di M. Boschini e M. Dotti; Emi) e Programma politico
per una decrescita felice (a cura di M. Pallante; Edizioni per la
Decrescita Felice). Dal 2010 al 2014 Ponte nelle Alpi ha vinto ogni anno
il Premio di Legambiente «Comuni Ricicloni».
Marco Boschini, Ezio Orzes, “I rifiuti?
Non esistono! Due o tre cose da sapere sulla loro gestione”, Editrice
Missionaria Italiana (Collana Gli Infralibri), Bologna 2014, pp. 64
Luca Menichetti. Lankelot, novembre 2014
L'omertà regna ancora nell'isola. Solo due donne hanno avuto il coraggio di replicare, seppure sommessamente, alla mia provocazione:
RispondiElimina1. Lo fa perché industrie grandi e piccoli vogliono pagare meno e forse le aziende preposte municipalizzate non fanno bene il loro lavoro.
2. Fonte inesauribile di guadagni.