E' davvero difficile
fare scuola oggi. Consigliamo a tutti come antidoto alle barbarie del
presente “L'ora di lezione” di Massimo Recalcati, per scoprire come la
scuola può cambiare (in meglio) la vita di un bambino, a patto che si
incontrino insegnanti "veri".
Elena Tebano
Terapie per
guarire dall’omosessualità
«Essere
gay è un problema psicologico da cui è scientificamente
dimostrato che si possa guarire». Un’insegnante di religione
dell’istituto tecnico Pininfarina di Moncalieri, nel
Torinese, ha risposto così allo studente che le chiedeva cosa
pensasse dell’omosessualità, e ha imbastito una lezione
illustrando i supposti benefici delle «terapie riparative».
«Di scientifico in
quell’affermazione non c‘è alcunché: come spiega
l’Organizzazione mondiale della sanità l’omosessualità è
una variante normale della sessualità. E l’orientamento
sessuale non si può cambiare» spiega Vittorio Lingiardi,
psichiatra e professore di Psicologia dinamica alla Sapienza di
Roma.
E infatti l’Ordine
degli psicologi italiano non solo vieta nel suo codice
deontologico le terapie che mirano a trasformare gay e lesbiche
in etero, ma chiede anche ai terapeuti di non ritenere
«l’eterosessualità una condizione preferibile
all’omosessualità».
«Un’insegnante che definisce
l’essere gay una malattia non soltanto fa un’affermazione
sbagliata — aggiunge Lingiardi —, ma offre materiale a
potenziali bulli», legittimando un fenomeno diffuso tra gli
adolescenti. Il preside del
Pininfarina ha annunciato un’indagine interna e il
vicesindaco di Moncalieri Paolo Montagna ha assicurato che il
Comune si muoverà per «adottare provvedimenti». Sul caso c’è
anche l’interrogazione parlamentare del senatore democratico
Andrea Marcucci, che ieri ha chiesto al ministro Giannini di
intervenire.
Il Corriere della
Sera – 2 novembre 2014
V. P.
Cagliari.
Rivolta delle mamme: “Via quelle bidelle rom”
Dopo essere
state assunte come bidelle, Vasvja Severovic e Sena Halilovic,
due donne di rom, per poter lavorare devono fronteggiare
l’ostilità di una quarantina di madri che non le vogliono
più nelle loro scuole. È quanto accaduto a Monserrato, un
paesino di 22mila abitanti in provincia di Cagliari, dove una
delegazione di genitori si è rivolta al sindaco Gianni
Argiolas per chiedere spiegazioni sull’assunzione di due
donne nomadi nella suola elementare di via San Gavino.
Al primo cittadino
le madri hanno detto che “i loro bambini non frequenteranno
mai istituti dove lavorano due che provengono da un campo rom”
e hanno cercato di giustificare questa loro scelta sostenendo
che “la presenza delle due bidelle non era inserita nel piano
di offerta formativa”. Solo una piccola minoranza di queste
madri, inoltre, si sarebbe lasciata andare anche a valutazioni
meno eleganti. “Non le vogliamo perché sono sporche,
puzzano, fanno paura ai bambini e si vestono in modo strano con
le gonne lunghe”, queste le affermazioni riportate dalla
stampa locale.
Il sindaco così
ha ascoltato le opinioni dei genitori, ma allo stesso tempo,
dopo aver parlato di un vero episodio di razzismo, si è detto
“orgoglioso della scelta fatta” e di provare “vergogna”
a nome di Monserrato. Argiolas ha spiegato che l’assunzione
di Vasvja Severovic, vedova con sei figli, e dell’amica Sena
Halilovic è avvenuta grazie a un finanziamento europeo,
ottenuto con l’impegno di una Fondazione locale “Anna
Ruggiu” proprio per favorire l’integrazione dei rom.
“Essendo al
corrente delle carenze di organico nelle scuole elementari e
medie – ha spiegato il sindaco – ho chiesto al preside di
far lavorare le due donne per un anno. Ma oltre nelle scuole,
verranno impiegate in altri settori dell’amministrazione per
far conoscere loro il mondo del lavoro ai fini
dell’integrazione. ”
Scelta
evidentemente non condivisa da alcuni genitori. “Rubare
ovviamente non si può, chiedere l’elemosina non sta bene e
se lavoriamo è anche peggio”, ha commentato Vasvja Severovi,
vittima di questo accaduto, che adesso, grazie allo stipendio
di un anno, potrà mandare anche suo figlio a scuola. Da parte
loro, le due donne hanno anche detto di non ascoltare più i
commenti che sempre più frequentemente sentono fare da alcuni
genitori e che continueranno a svolgere il lavoro per cui sono
state assunte.
il Fatto – 2 novembre
2014
Nessun commento:
Posta un commento