16 novembre 2014

DIFFICILE FARE SCUOLA OGGI


E' davvero difficile fare scuola oggi. Consigliamo a tutti come antidoto alle barbarie del presente “L'ora di lezione” di Massimo Recalcati, per scoprire come la scuola può cambiare (in meglio) la vita di un bambino, a patto che si incontrino insegnanti "veri".

Elena Tebano

Terapie per guarire dall’omosessualità

«Essere gay è un problema psicologico da cui è scientificamente dimostrato che si possa guarire». Un’insegnante di religione dell’istituto tecnico Pininfarina di Moncalieri, nel Torinese, ha risposto così allo studente che le chiedeva cosa pensasse dell’omosessualità, e ha imbastito una lezione illustrando i supposti benefici delle «terapie riparative».   

«Di scientifico in quell’affermazione non c‘è alcunché: come spiega l’Organizzazione mondiale della sanità l’omosessualità è una variante normale della sessualità. E l’orientamento sessuale non si può cambiare» spiega Vittorio Lingiardi, psichiatra e professore di Psicologia dinamica alla Sapienza di Roma.    

E infatti l’Ordine degli psicologi italiano non solo vieta nel suo codice deontologico le terapie che mirano a trasformare gay e lesbiche in etero, ma chiede anche ai terapeuti di non ritenere «l’eterosessualità una condizione preferibile all’omosessualità». 

«Un’insegnante che definisce l’essere gay una malattia non soltanto fa un’affermazione sbagliata — aggiunge Lingiardi —, ma offre materiale a potenziali bulli», legittimando un fenomeno diffuso tra gli adolescenti.  Il preside del Pininfarina ha annunciato un’indagine interna e il vicesindaco di Moncalieri Paolo Montagna ha assicurato che il Comune si muoverà per «adottare provvedimenti». Sul caso c’è anche l’interrogazione parlamentare del senatore democratico Andrea Marcucci, che ieri ha chiesto al ministro Giannini di intervenire. 

Il Corriere della Sera – 2 novembre 2014



V. P.

Cagliari. Rivolta delle mamme: “Via quelle bidelle rom”  


Dopo essere state assunte come bidelle, Vasvja Severovic e Sena Halilovic, due donne di rom, per poter lavorare devono fronteggiare l’ostilità di una quarantina di madri che non le vogliono più nelle loro scuole. È quanto accaduto a Monserrato, un paesino di 22mila abitanti in provincia di Cagliari, dove una delegazione di genitori si è rivolta al sindaco Gianni Argiolas per chiedere spiegazioni sull’assunzione di due donne nomadi nella suola elementare di via San Gavino.  

Al primo cittadino le madri hanno detto che “i loro bambini non frequenteranno mai istituti dove lavorano due che provengono da un campo rom” e hanno cercato di giustificare questa loro scelta sostenendo che “la presenza delle due bidelle non era inserita nel piano di offerta formativa”. Solo una piccola minoranza di queste madri, inoltre, si sarebbe lasciata andare anche a valutazioni meno eleganti. “Non le vogliamo perché sono sporche, puzzano, fanno paura ai bambini e si vestono in modo strano con le gonne lunghe”, queste le affermazioni riportate dalla stampa locale. 

Il sindaco così ha ascoltato le opinioni dei genitori, ma allo stesso tempo, dopo aver parlato di un vero episodio di razzismo, si è detto “orgoglioso della scelta fatta” e di provare “vergogna” a nome di Monserrato. Argiolas ha spiegato che l’assunzione di Vasvja Severovic, vedova con sei figli, e dell’amica Sena Halilovic è avvenuta grazie a un finanziamento europeo, ottenuto con l’impegno di una Fondazione locale “Anna Ruggiu” proprio per favorire l’integrazione dei rom.    

“Essendo al corrente delle carenze di organico nelle scuole elementari e medie – ha spiegato il sindaco – ho chiesto al preside di far lavorare le due donne per un anno. Ma oltre nelle scuole, verranno impiegate in altri settori dell’amministrazione per far conoscere loro il mondo del lavoro ai fini dell’integrazione. ”    

Scelta evidentemente non condivisa da alcuni genitori. “Rubare ovviamente non si può, chiedere l’elemosina non sta bene e se lavoriamo è anche peggio”, ha commentato Vasvja Severovi, vittima di questo accaduto, che adesso, grazie allo stipendio di un anno, potrà mandare anche suo figlio a scuola. Da parte loro, le due donne hanno anche detto di non ascoltare più i commenti che sempre più frequentemente sentono fare da alcuni genitori e che continueranno a svolgere il lavoro per cui sono state assunte.


il Fatto – 2 novembre 2014

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