24 novembre 2014

PATTI TRA SERVIZI E MAFIA



Il generale Maletti


I giudici sentono il generale Maletti, uno dei capi dei servizi negli anni delle stragi. Il generale ha sempre sostenuto che dietro le bombe degli anni 70 c’era la regia della Cia e l’azione diretta di Ordine nuovo, «scelto dall’intelligence americana perché più affidabile sul piano militare e più motivato dal punto di vista politico».

Daniele Mastrogiacomo

L’Italia dei misteri. “Patti tra Servizi e mafia già negli anni Settanta”
C’era un patto segreto, organico, diretto tra i Servizi segreti italiani degli Anni 70 e Cosa nostra. Due rapporti stesi da un collaboratore di quello che all’epoca si chiamava Sid confermano per la prima volta, sebbene in modo ufficioso, l’intreccio di interessi e di finalità tra un piccolo gruppo di alti ufficiali incaricati di tutelare la sicurezza dello Stato e le cosche che agivano a Palermo. I documenti sono spuntati fuori due giorni fa a Johannesburg dove tre pm della Procura del capoluogo siciliano si sono recati per interrogare l’ex generale Gianadelio Maletti, dal 1971 al 1979 capo del reparto D del Servizio, dedicato al controspionaggio.

Fuggito in Sudafrica nel 1980, l’alto dirigente dei nostri Servizi era stato condannato nel 1996 a 14 anni per aver sottratto un fascicolo riservato, intitolato Mi. Fo. Biali, e legato ad uno scandalo di contrabbando di petroli che coinvolgeva politici e vertici della Guardia di Finanza. Sebbene ancora oggi sia inseguito da un ordine di cattura spiccato dalla Procura di Roma nel marzo del 2013, e quindi latitante, Maletti ha accettato di rispondere alle domande dei magistrati. La rogatoria richiesta dal governo italiano si è svolta nella casa del generale: una modesta abitazione in un quartiere elegante della capitale commerciale del paese. Maletti, sebbene solo testimone, è stato assistito dal suo legale di fiducia Michele Gentiloni Silverj.

I pm Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia volevano capire se Maletti sapesse dell’esistenza di questo piccolo e segreto gruppo all’interno del Sid. L’interesse nasceva non tanto dai retroscena che hanno scandito la lunga serie di attentati e di stragi che insanguinarono l’Italia negli anni 70, compresi i tentativi di golpe (Rosa dei Venti, Borghese, Staybehind) quanto dal fatto che del gruppo faceva parte anche l’allora capitano Mario Mori, oggi imputato nel processo d’appello per la trattativa Stato-mafia durante la stagione stragista dei Corleonesi.

Il vecchio capo del Sid, 92 anni ma una memoria ancora freschissima, ha ribadito di aver già spiegato in diverse occasioni ciò che sapeva di quei tentativi golpisti ma di non essere in grado di fornire altri dettagli. Il generale ha sempre sostenuto che dietro le bombe degli anni 70 c’era la regia della Cia e l’azione diretta di Ordine nuovo, «scelto dall’intelligence americana perché più affidabile sul piano militare e più motivato dal punto di vista politico». Una circostanza smentita dalla Cia.



La sorpresa è giunta quando i tre pm gli hanno mostrato due rapporti confidenziali redatti dalla fonte Gian Sorrentino e spediti al Centro di coordinamento delle stazioni del Servizio. Facevano parte dei documenti sequestrati dal sostituto della Procura di Roma Domenico Sica al generale poco prima della sua fuga. Maletti è cascato dalle nuvole e ha sostenuto di non averli mai visti. Ha spiegato di aver sempre sospettato che all’interno del Reparto D da lui diretto ci fossero molti ufficiali con simpatie per l’estrema destra. Ma di non aver mai avuto prove certe dell’esistenza di un gruppo organico e attivo con forti legami con Cosa nostra.

Secondo la fonte Sorrentino, del gruppo facevano parte il colonnello Federico Marzollo, capo raggruppamento dei Centri, il capitano Mario Mori, il colonnello Andrea Pace e tre civili: i fratelli Giorgio e Gianfranco Ghiron e l’avvocato Emilio Taddei. I sei, stando ai due rapporti, facevano del tutto per rallentare e spesso deviare le indagini che il Servizio avviava nei confronti della destra eversiva. Tramite i fratelli Ghiron, sosteneva la fonte, il gruppo era legato a Vito Ciancimino, all’epoca potente sindaco di Palermo poi condannato per mafia.

Maletti ha ricordato una serie di episodi nei quali aveva avuto la sensazione di essere ostacolato nelle indagini. È chiaro che il generale spera di vedere attenuate le sue responsabilità. Sull’allora capitano Mario Mori, oggi generale, Maletti ha ricordato di non essere stato lui a chiamarlo al Sid ma il suo collega Marzollo, capo centro di Roma. Il quale provvide poi ad attribuirgli anche una qualifica.

Nel 1974 i sospetti di un forte legame tra Mori e la destra estrema, spinsero Maletti ad esonerarlo dal suo incarico e un anno a chiedere il suo allontanamento. «Le sue inclinazioni politiche erano chiare», ha spiegato il generale ai pm palermitani, «ma posso escludere che la mia richiesta sia stata legata al sospetto che Mori fosse legato alla mafia». Erano invece certi i legami tra il colonnello Umberto Bonaventura, allora capo del Centro Sid di Palermo. «Sapevamo che era affiliato, organico, punciuto come si dice», ha precisato Maletti.

Non è mai chiaro quanto il generale Gianadelio Maletti sappia. A 93 anni conserva ancora la sua aurea di 007. Dice e non dice. Nasconde e svela. Ma il nuovo tassello aggiunto al suo tumultuoso periodo svela per la prima volta quanto fossero inquinati i nostri Servizi segreti. Non solo per i contatti operativi con la destra bombarola ma per i legami diretti con le cosche, poi diventate stragiste e protagoniste di quella trattativa con lo Stato che si profila sempre più sullo sfondo.
La Repubblica – 21 novembre 2014



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