In politica i nodi
vengono sempre al pettine. Con la DC ci sono voluti 40 anni, con
Berlusconi 20, con Matteo Renzi sicuramente molti meno. E non sarà
certo l'arroganza saccente da primo della classe a evitarglielo.
Antonio Padellaro
Come si rottama le
democrazia
La domanda è: perché mai gli italiani dovrebbero correre festanti ai seggi elettorali invece di evitarli come la peste? Una vecchia battuta americana sostiene che i politici sono quei tipi che si fanno invitare a pranzo, ti fregano le posate, corteggiano tua moglie e poi ti chiedono il voto. Con un’altra battutaccia si potrebbe dire che, come se non bastasse, la classe politica italiana ha portato il paese alla bancarotta, che si tratta di nominati che pascolano senza molto costrutto nelle varie assemblee e che pur percependo ricchi emolumenti finanziano con i nostri quattrini l’acquisto di slip e vibratori per uso personale.
Mai nella lunga storia
repubblicana il ceto politico era stato oggetto di una tale,
massiccia impopolarità venata di vero e proprio disgusto. La novità
è che adesso quasi nessuno fa finta di allarmarsi e anzi c’è chi
vede nell’astensionismo collettivo “anche un elemento di
modernità e di normalità” (Folli su Repubblica).
Mentre Matteo Renzi che
non ha tempo da perdere rottama la democrazia rappresentativa con
cinque semplici paroline: “l’affluenza è un problema
secondario”. Amen. Impegnato com’è a cambiare l’Italia lo
statista di Rignano incassa soddisfatto il “2 a 0”
(Emilia-Romagna e Calabria) e non sa che farsene dei numeri assoluti
(rispetto alle Europee di sei mesi fa il “suo” Pd ha perso la
bellezza di 769mila voti).
Con questo sistema il
giorno, poniamo, che le percentuali di voto scendessero al dieci o al
cinque per cento ci sarebbe sempre una Boschi o una Picierno a
ricordarci che il nuovo che avanza avrebbe pur sempre il sostegno del
41 per cento degli elettori. La verità è che da oggi Renzi guida un
governo di estrema minoranza e che la grande fuga elettorale rafforza
la contestazione della sinistra pd e della Cgil in Parlamento e nelle
piazze.
Senza contare che di
fronte alla catastrofe di Forza Italia (meno 222mila voti) la decenza
politica imporrebbe al premier di accantonare il patto del Nazareno
visto che l’altro contraente, Berlusconi rischia di contare come il
due di picche travolto dal si salvi chi può degli ex dc guidati da
Fitto.
Dalla disfatta non si
salva il M5S (meno 400mila voti) i cui vertici farebbero bene a non
negare ciò che è sotto gli occhi di tutti, che cioé una parte del
voto di protesta sta lasciando deluso le sponde grilline per rifluire
nell’astensionismo. In questo panorama vince solo la Lega di Matteo
Salvini, che con Casa Pound miete consensi nell’unico granaio
elettorale rigoglioso: quello dell’intolleranza xenofoba e della
disperazione fascistoide. L’Italia vede nero.
il Fatto – 25 novembre
2014
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