01 dicembre 2016

IL LATO EBRAICO DI LEONARD COHEN



L'opera (e probabilmente anche la vita) di Leonard Cohen non può essere compresa appieno se viene staccata dal suo essere prima di tutto ebreo. Dal sito ufficiale della comunità ebraica milanese riprendiamo un bell'articolo che evidenza l'importanza fondamentale di questo aspetto del grande artista canadese da poco scomparso.
Roberto Zadik
Leonard Cohen: un ricordo del lato ebraico del grande cantautore canadese
Bob Dylan, Leonard Cohen, Simon and Garfunkel e Lou Reed e Billy Joel sono stati fra i principali esponenti della canzone ebraica moderna d’oltreoceano e internazionale. Ma a differenza di tutti questi, Dylan e ancora di più Cohen cantarono la loro identità ebraica esprimendola anche nelle loro canzoni e non solo nella loro privacy o nemmeno. Nonostante praticasse da anni il buddismo, diventando monaco con il soprannome di “Jikan” (silenzioso) Cohen rimase sempre intimamente ebreo.
Nato in Canada, il 21 settembre 1934, Vergine ascendente Vergine, la sua morte improvvisa e misteriosa a 82 anni, come sottolinea un interessante articolo del sito israeliano “Times of Israel”, è stata annunciata giovedì sera e nei media canadesi e internazionali hanno subito parlato di un autore di religione ebraica.
A questo proposito Cohen era molto fiero delle sue radici, diversamente da altri cantautori che restarono sempre più o meno nascosti e si cambiarono il nome (David Robert Zimmermann divenne Bob Dylan, ad esempio o altri come il chitarrista e leader dei Dire Straits, Mark Knopfler o Robbie Krieger dei Doors mantennero sempre segreta la loro origine ebraica, compreso Mark Bolan cantante dei T-Rex che si chiamava Marc Feld o la cantante inglese Amy Winehouse scomparsa a soli 27 anni nel 2011). Avevo dedicato anche un programma radiofonico come autore e deejay e autore “ProZadik” ai tanti “ebrei del rock”.
Cohen non si nascose mai, invece e fin dagli inizi, sebbene fosse un tipo molto riservato e introverso, si identificò sempre come ebreo e sostenitore di Israele in cui si esibì varie volte. Nipote di due grandi rabbini di origine polacco-lituana, i suoi famigliari incoraggiarono l’istituzione di diverse istituzioni ebraiche e sioniste. Il cantautore non ha mai abbandonato l’ebraismo e la sua identità, nemmeno da buddista praticante, e in una delle sue non molte interviste aveva detto con la consueta ironia “Non sto cercando una nuova religione perché sono abbastanza felice della mia vecchia che è l’ebraismo”. E lo ha dimostrato non solo teoricamente ma con diverse due canzoni che sono pieni di riferimenti biblici e ebraici.  Il sito Times of Israel fornisce una lista dettagliata di almeno cinque canzoni ebraiche del grande Cohen.
Halleluja
Probabilmente assieme a “Suzanne” rifatta anche dal grande De Andrè, la sua canzone più famose rifatta una serie di volte da nomi di punta della scena muscale, dal cantautore americano Jeff Buckley, scomparso misteriosamente, alla cantante italiana Elisa. Il testo, molto bello come sempre, Cohen scriveva davvero bene, è una esplicita allusione ai Salmi, la canzone si apre con questi versi “Ora ho sentito che laggiù c’era un’arpa che David stava suonando e essa fu gradita al Signore. Ma non ti ineressa davvero la musica?”La canzone prosegue parlando dell’incontro fra l’autore dei Salmi e la sua futura moglie Batsheba e si conclude con un’allusione all’altro episodio biblico come il taglio di capelli di Sansone da parte di Delilah.
Passando in rassegna altre produzioni ebraiche di Cohen e i relativi riferimenti testuali e tematici di ognuna, ecco subito “Who By Fire”. Questa canzone è un’altra melodia molto conosciuta che non è altro che la preghiera “Unetaneh Tokef” che si recita a Roshashana e che descrive in diversi modi chi vivrà, chi riuscirà durante l’anno. Cohen ha tradotto e adattato in musica ogni verso del testo religioso: “E chi dal fuoco, chi dall’acqua, chi dal giorno e chi dalla  notte, chi dall’alta corte chi dal giudizio comune. Chi dovrò dire che sta chiamando?”
You Want It Darker

Una delle ultime canzoni del cantautore canadese in cui il cantautore preannuncia la sua morte. Come era successo in “La Woman” dei Doors, in Innuendo dei Queen o in Back to Black della Winehouse, a David Bowie scomparso alla vigilia del suo 70esimo compleanno e uscito col suo album-testamento “Blackstar”. Diversi sono gli esempi di artisti, che hanno cantato la propria fine nel suo ultimo e anche Cohen ha fatto lo stesso. Nella canzone intitolata come l’album, ci sono diversi riferimenti all’identità ebraica che Cohen non mai né nascosto o abbandonato. “Hineni, sono pronto mio Signore” dice Cohen alludendo a quello che dice Abramo nel Sacrificio di Isacco. Tanti sono i riferimenti cupi alla morte in questo struggente brano di Cohen e alla preghiera del Kaddish che nella sua solennità viene riservata ai defunti: “Sia celebrato e santificato il tuo Santo Nome, che viene svilito e mortificato nella dimensione umana. Un milione di candele stanno bruciando per un aiuto che non arriverà mai, se vorrai l’oscurità uccideremo la loro fiamma.”
The story of Isaac

La sezione dedicata alle canzoni più “religiose” di Cohen si conclude con una delle melodie più enigmatiche e complesse composte da questo enigmatico e affascinante poeta esistenziale. La canzone, composta nel 1985 quando il cantautore aveva raggiunto una fama mondiale dal 1966 col suo esordio “Songs of Leonard Cohen”, è un brano maturo e decisamente serio, pieno di poesia e di messaggi legati al celebre episodio dove Abramo sacrifica il suo unico figlio Isacco, come gesto estremo di fede e di devozione verso Dio. Diversamente dal racconto biblico, la storia viene riletta dal punto di vita di Isacco, in una prospettiva decisamente innovativa e suggestiva: “Tu che stai ora davanti a loro ora con con le lame insanguinate. Quando giacevo sulla montagna e la mano di mio padre stava tremando con la bellezza della parola non c’era nessuno .Quando tutto tornerà alla polvere, ti ucciderò se devo farlo e ti aiuterò se potrò. “
Ultima traccia è “If it Be Your Will” (Se sarà la tua volontà)

Il titolo di questa canzone è la traduzione della frase di preghiera ebraica “Kene Yehi Razon” che viene intonata verso Dio e che contiene alcune immagini dalla “Kabbalat Shabbat” fase centrale del venerdi sera, all’entrata dello Shabbat. Cohen nel testo conclude “Se sarà la tua volontà, se ci sarà una scelta. Lascia che il fiume in piena e che le colline gioiscano”.
Tutto questo dimostra la forte identità ebraica e non solo artistica del grande cantautore canadese che per tutta la sua vita e la sua carriera cantò tematiche ebraiche e esistenziali di straordinario spessore e attualità. Grazie, Leonard.

1 commento:

  1. Un poeta struggente che ti entra nell'anima e non se ne va più

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