01 aprile 2014

ADDIO ALLO STORICO LE GOFF



È morto Jacques Le Goff. Fu tra i più grandi studiosi del medioevo.

Alberto Mattioli
Addio allo storico Le Goff, raccontò la vita del Medioevo


I cosiddetti secoli bui, se oggi ci appaiono ben illuminati e sappiamo che furono ricchi di fatti, personaggi, evoluzioni, avvenimenti significativi e fondanti, lo dobbiamo sostanzialmente all’opera di Jacques Le Goff che con il suo lavoro scientifico, cui ha sempre affiancato quello divulgativo, ha reso il Medioevo vivo e popolare, appassionando tanti lettori comuni.

Nato il primo gennaio del 1924, è scomparso oggi, dopo aver compiuto da poco i novanta anni. Era una delle figure di spicco uscita dalla scuola degli «Annales» francesi di maestri quali Ferdinand Braudel e Maurice Lombard, nella loro attenzione al quotidiano e non solo ai grandi fatti, nell’unire storia e geografia con ottica anche sociologica e antropologica, per una ricostruzione storica dinamica che pone attenzione al nascere delle idee, dei costumi, al modificarsi dei modelli economici.

In «Les intellectuels au Moyen age» (1957 - tradotto in una decina di lingue e in italiano più volte ristampato da Mondadori, anche negli Oscar), sua opera seconda dopo «mercanti banchieri nel medioevo», prese in esame la formazione di un ceto intellettuale nel XII secolo, in concomitanza con la rinascita delle città e poi il sorgere delle università nel XIII secolo, la loro evoluzione, la costituzione di un’aristocrazia accademica, i rapporti tra università e politica. Il medioevo «lungo», «l’altro» medioevo, il medioevo «quotidiano», il periodo «meraviglioso» e l’attenzione a «l’immaginario collettivo» erano modi di dire suoi propri, che non a caso tornano in titoli di alcuni suoi libri, nel cercare di sollevare la cortina pesante che copriva quei secoli.

Laureato all’Ecole Normale Superieure, Le Goff divenne associato di Storia all’Università di Parigi nel 1950, per passare poi a quella di Lille e, per tutti gli anni ’60, ricercatore al centre Nationale de la Recherche Scientifique di Parigi quando divenne anche condirettore della rivista «Annales». Nel 1972 prese il posto che era stato di Braudel alla direzione della sesta sezione dell’Ecole Pratique des Hautes Etudes, divenuta nel 1975 Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales. Il 25 ottobre del 2000 ha ricevuto la laurea honoris causa in Filosofia all’Università di Pavia, dove tenne la lectio «Histoire et Memoire». La sua attenzione andava in particolare alla memoria collettiva, alla sua realtà e alla sua manipolazione come strumento di potere.



Il suo legame con l’Italia era molto forte: collaborò alla «Storia d’Italia» Einaudi e ha curato vari volumi per editori italiani. Aveva rapporti di amicizia con molti nostri storici e intellettuali, poi in particolare con uno studioso come Umberto Eco (partecipò, quale esperto, alle riprese del film tratto da «Il nome della rosa») e con l’editore Laterza, per il quale dirigeva la collana «Fare l’europa» e, per l’occasione, una decina di anni fa, scrisse, sempre attento all’attualità attraverso la lente dello studioso del passato: «L’Europa oggi è ancora da fare e addirittura da pensare. Il passato propone ma non dispone. Il presente è determinato tanto dal caso e dal libero arbitrio, quanto dall’eredità del passato».

Innumerevoli i saggi e i libri di Le Goff, tra cui sono molto noti «La civilisation de l’Occident me’die’val» (1964); «Pour un autre Moyen ge» (1978); «La naissance du Purgatoire» (1981); «L’apoge’e de la chre’tiente» (1982); «L’imaginaire me’die’val» (1985); «Saint Louis» (1996); «Saint Francois d’Assise» (1999); «L’Europe est-elle ne’e au Moyen ge? (2003); «Le Moyen ge et l’argent» (2010 - in italiano «Lo sterco del diavolo»), ma anche uno studio iconografico come «Un Moyenge en images» (2000), analisi della mentalità, della spiritualità e della vita quotidiana dell’uomo medievale attraverso le opere d’arte dell’epoca, e, ancora, vari libri per ragazzi. Infine va citato «Avec Hanka» (2008), in cui ricostruisce la storia d’amore con la donna che gli è stata accanto per 40 anni ed è scomparsa nel 2004, che diventa - spiega lui stesso -l’occasione per «mostrare come i sentimenti e la vita quotidiana di una famiglia si articolino con l’ambiente e la storia che hanno vissuto - vita privata e vita collettiva, in un momento in cui si profila un’Europa più unita».

È in questo lungo, molteplice lavoro di tutta la vita che analizza figure, dal banchiere al medico o l’intellettuale, e istituzioni che, nate nel medioevo, sono alla radice, ben visibile, degli analoghi dei nostri giorni: «Io sono del resto, come discepolo di Fernand Braudel, ma anche in modo per così dire indipendente, partigiano deciso della storia come lunga durata - spiegava in un’intervista recente a una studiosa dell’Università di Parma - I più importanti avvenimenti della storia sono quelli che durano, che maturano, quelli che formano l’humus della nostra esistenza collettiva, come l’humus permette di coltivare e far fruttificare un terreno. Di conseguenza, bisogna sapere che essa - la storia - ci appartiene». 


La Stampa – 1 aprile 2014

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