È morto Jacques Le
Goff. Fu tra i più grandi studiosi del medioevo.
Alberto Mattioli
Addio allo storico Le
Goff, raccontò la vita del Medioevo
I cosiddetti secoli bui,
se oggi ci appaiono ben illuminati e sappiamo che furono ricchi di
fatti, personaggi, evoluzioni, avvenimenti significativi e fondanti,
lo dobbiamo sostanzialmente all’opera di Jacques Le Goff che con
il suo lavoro scientifico, cui ha sempre affiancato quello
divulgativo, ha reso il Medioevo vivo e popolare, appassionando
tanti lettori comuni.
Nato il primo gennaio
del 1924, è scomparso oggi, dopo aver compiuto da poco i novanta
anni. Era una delle figure di spicco uscita dalla scuola degli
«Annales» francesi di maestri quali Ferdinand Braudel e Maurice
Lombard, nella loro attenzione al quotidiano e non solo ai grandi
fatti, nell’unire storia e geografia con ottica anche sociologica
e antropologica, per una ricostruzione storica dinamica che pone
attenzione al nascere delle idee, dei costumi, al modificarsi dei
modelli economici.
In «Les intellectuels
au Moyen age» (1957 - tradotto in una decina di lingue e in
italiano più volte ristampato da Mondadori, anche negli Oscar), sua
opera seconda dopo «mercanti banchieri nel medioevo», prese in
esame la formazione di un ceto intellettuale nel XII secolo, in
concomitanza con la rinascita delle città e poi il sorgere delle
università nel XIII secolo, la loro evoluzione, la costituzione di
un’aristocrazia accademica, i rapporti tra università e politica.
Il medioevo «lungo», «l’altro» medioevo, il medioevo
«quotidiano», il periodo «meraviglioso» e l’attenzione a
«l’immaginario collettivo» erano modi di dire suoi propri, che
non a caso tornano in titoli di alcuni suoi libri, nel cercare di
sollevare la cortina pesante che copriva quei secoli.
Laureato all’Ecole
Normale Superieure, Le Goff divenne associato di Storia
all’Università di Parigi nel 1950, per passare poi a quella di
Lille e, per tutti gli anni ’60, ricercatore al centre Nationale
de la Recherche Scientifique di Parigi quando divenne anche
condirettore della rivista «Annales». Nel 1972 prese il posto che
era stato di Braudel alla direzione della sesta sezione dell’Ecole
Pratique des Hautes Etudes, divenuta nel 1975 Ecole des Hautes
Etudes en Sciences Sociales. Il 25 ottobre del 2000 ha ricevuto la
laurea honoris causa in Filosofia all’Università di Pavia, dove
tenne la lectio «Histoire et Memoire». La sua attenzione andava in
particolare alla memoria collettiva, alla sua realtà e alla sua
manipolazione come strumento di potere.
Il suo legame con
l’Italia era molto forte: collaborò alla «Storia d’Italia»
Einaudi e ha curato vari volumi per editori italiani. Aveva rapporti
di amicizia con molti nostri storici e intellettuali, poi in
particolare con uno studioso come Umberto Eco (partecipò, quale
esperto, alle riprese del film tratto da «Il nome della rosa») e
con l’editore Laterza, per il quale dirigeva la collana «Fare
l’europa» e, per l’occasione, una decina di anni fa, scrisse,
sempre attento all’attualità attraverso la lente dello studioso
del passato: «L’Europa oggi è ancora da fare e addirittura da
pensare. Il passato propone ma non dispone. Il presente è
determinato tanto dal caso e dal libero arbitrio, quanto
dall’eredità del passato».
Innumerevoli i saggi e i
libri di Le Goff, tra cui sono molto noti «La civilisation de
l’Occident me’die’val» (1964); «Pour un autre Moyen ge»
(1978); «La naissance du Purgatoire» (1981); «L’apoge’e de la
chre’tiente» (1982); «L’imaginaire me’die’val» (1985);
«Saint Louis» (1996); «Saint Francois d’Assise» (1999);
«L’Europe est-elle ne’e au Moyen ge? (2003); «Le Moyen ge et
l’argent» (2010 - in italiano «Lo sterco del diavolo»), ma
anche uno studio iconografico come «Un Moyenge en images» (2000),
analisi della mentalità, della spiritualità e della vita
quotidiana dell’uomo medievale attraverso le opere d’arte
dell’epoca, e, ancora, vari libri per ragazzi. Infine va citato
«Avec Hanka» (2008), in cui ricostruisce la storia d’amore con
la donna che gli è stata accanto per 40 anni ed è scomparsa nel
2004, che diventa - spiega lui stesso -l’occasione per «mostrare
come i sentimenti e la vita quotidiana di una famiglia si articolino
con l’ambiente e la storia che hanno vissuto - vita privata e vita
collettiva, in un momento in cui si profila un’Europa più unita».
È in questo lungo,
molteplice lavoro di tutta la vita che analizza figure, dal
banchiere al medico o l’intellettuale, e istituzioni che, nate nel
medioevo, sono alla radice, ben visibile, degli analoghi dei nostri
giorni: «Io sono del resto, come discepolo di Fernand Braudel, ma
anche in modo per così dire indipendente, partigiano deciso della
storia come lunga durata - spiegava in un’intervista recente a una
studiosa dell’Università di Parma - I più importanti avvenimenti
della storia sono quelli che durano, che maturano, quelli che
formano l’humus della nostra esistenza collettiva, come l’humus
permette di coltivare e far fruttificare un terreno. Di conseguenza,
bisogna sapere che essa - la storia - ci appartiene».
La Stampa – 1 aprile
2014
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