06 giugno 2014

AVEVAMO RAGIONE QUANDO AVEVAMO TORTO...


Mentre bande di delinquenti in giacca e cravatta (vedi solo per citare gli ultimi i casi Carige-Berneschi, Scajola, Expo, Mose) si spartiscono beni e denari pubblici con l'avvallo di partiti (che sempre più assomigliano a organizzazioni a delinquere) e rappresentanti delle Istituzioni (messi lì da quegli stessi partiti a garantire che gli affari procedano), lo Stato si accanisce a Roma, a Genova, in Valle Susa contro chi cerca di dare risposte concrete ai problemi dei giovani e della gente (dalla casa al bisogno di aggregazione). E allora fioccano gli arresti e le accuse addirittura di terrorismo. Una volta, quando eravamo giovani ed estremisti, lo definivamo lo Stato dei padroni. Oggi, ormai vecchi, sempre più pensiamo che avevamo ragione quando avevamo torto.


Katia Bonchi

A Genova Buridda sgomberata, blitz e corteo di protesta

«Non ne sape­vamo niente». Il comu­ni­cato stampa dif­fuso ieri mat­tina dal Comune di Genova dopo lo sgom­bero del Labo­ra­to­rio sociale Buridda è stato reci­tato come un man­tra dalla giunta Doria o, quan­to­meno, dagli asses­sori che si sono resi repe­ri­bili. Sì per­ché il sin­daco, in tra­sferta a Roma per la deli­cata ver­tenza Piag­gio, non ha com­men­tato nep­pure a distanza la nuova e pesante frat­tura con la città, dopo l’affaire De Gen­naro. Quella di Doria e, sulla carta, la giunta più a sini­stra che abbia mai ammi­ni­strato la città della Lanterna.

Il Labo­ra­to­rio sociale Buridda è, o meglio era, uno spa­zio sociale attra­ver­sato da undici anni da realtà di ogni tipo. Un luogo da sem­pre aperto alla città dove fino a ieri ave­vano sede labo­ra­tori arti­stici, una pale­stra di for­ma­zione cir­cense, una di boxe, una sala di posa, un labo­ra­to­rio di seri­gra­fia e di gra­fica, una sala di tea­tro, cinema, pre­sen­ta­zioni di libri. Geno­vesi, e non, hanno affol­lato gli spazi di via Ber­tani per il festi­val delle auto­pro­du­zioni o per l’appuntamento più atteso, il Cri­ti­cal Wine.

L’ex sede della Facoltà di Eco­no­mia e Com­mer­cio di via Ber­tani, la cui pro­prietà era pas­sata al Comune di Genova poco dopo l’occupazione del 2003, è uno spa­zio di circa 6 mila metri qua­dri in uno dei quar­tieri «bene» della città. Com­mer­cial­mente è molto appe­ti­bile. Un vero «teso­retto» per le casse sem­pre vuote di Tursi se fosse riu­scito a ven­derlo. Anche per que­sto la giunta dell’ex sin­daco Marta Vin­cenzi ini­ziò nel 2010 una trat­ta­tiva con i cen­tri sociali geno­vesi che pre­ve­deva alcuni spo­sta­menti e «rego­la­riz­za­zioni». Per la Buridda era pre­vi­sto il tra­sfe­ri­mento negli spazi dell’attuale mer­cato ittico di Piazza Cavour, una volta che il mer­cato fosse stato spo­stato altrove.Con il cam­bio di giunta, il per­corso si è interrotto.

Il Comune di Genova sostiene di non avere più i soldi per tra­sfe­rire il mer­cato. L’assessore alla Lega­lità e ai Diritti Elena Fio­rini ha pro­po­sto agli occu­panti di «accon­ten­tarsi» dei pic­coli locali sopra al mer­cato. La pro­po­sta è stata rispe­dita al mit­tente. «Trat­ta­tiva are­nata su posi­zioni troppo diverse» ha con­fer­mato l’assessore. A fine 2012 è arri­vato il decreto pre­ven­tivo di seque­stro dell’immobile fir­mato da un giu­dice ormai in pen­sione e rima­sto per oltre un anno e mezzo sulla scri­va­nia del Que­store. Nel frat­tempo, due aste per la ven­dita dell’edificio sono andate deserte. «È suc­cesso che il Pd ha preso il 41% dei voti» rispon­dono i ragazzi del Buridda.

Mar­tedì scorso, nel comi­tato per l’ordine e la sicu­rezza pub­blica a cui hanno par­te­ci­pato il sin­daco di Genova Marco Doria e l’assessore Fio­rini, la «pra­tica» Buridda è riap­parsa magi­ca­mente sul tavolo. Da Tursi giu­rano: «Non sape­vamo che aves­sero inten­zione di sgom­be­rare oggi». Secondo alcune indi­scre­zioni, sarebbe stato pro­prio il sin­daco a dare l’ok allo sgom­bero. Indi­scre­zioni pesanti, che hanno fatto il giro della città sca­te­nando iro­nia e indi­gna­zione. Il vice sin­daco Pd Ste­fano Ber­nini, a sgom­bero ancora in corso, ha affer­mato che per il Buridda «oggi il com­pra­tore c’è». Dichia­ra­zioni che hanno sca­te­nato la rab­bia dei gio­vani dei cen­tri sociali.

Nel pome­rig­gio hanno dato vita a un lungo cor­teo per le vie del cen­tro con un mini blitz finale al cir­colo del Pd del cen­tro sto­rico: un por­tone aperto a calci, diverse scritte e qual­che sedia rove­sciata. Pochi danni, ma un mes­sag­gio chiaro: l’obiettivo della pro­te­sta resta il sin­daco, accu­sato di aver «tra­dito» le istanze sociali di cui sem­brava essersi fatto por­ta­tore e di non essere capace di instau­rare un vero dia­logo con la città. «Marco Doria come Sca­jola, nean­che lui lo sapeva» uno degli slo­gan lan­ciati dal cor­teo. «Que­sto è uno di quei momenti dove manca la voce e non solo di Don Gallo – ha com­men­tato Dome­nico Chio­netti della Comu­nità di San Bene­detto — un vuoto dif­fi­cile da col­mare , ma è chiaro da che parte stare».


Il Manifesto – 5 giugno 2014

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