S. Salgado, Serra pelada
È in questi giorni nelle sale lo straordinario e imperdibile film di Wim Wenders e di Juliano Ribeiro Salgado, dedicato a Sebastião Salgado, tra i più grandi fotografi del mondo. “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato?”
(Mt, 5,13- 16). Certamente Wenders, il grande regista tedesco di
“Paris, Texas “Il cielo sopra Berlino”, “Così vicino, così lontano”,
“Lisbon story”, ”Buena Vista Social Club”, “Pina”(dedicato a Pina
Bausch), aveva presente la parabola biblica, quando ha scelto il titolo
del suo film “Il sale della terra”, che parla, attraverso il purissimo
bianco e nero di Salgado, dell’uomo e degli uomini. Sono gli uomini e le
donne il sale della terra, essi la concimano con il loro sudore, con le
loro fatiche, con il lavoro, con i loro cadaveri. Il sale è amaro come
il dolore, e Salgado se ne fa portavoce con la sua arte fotografica.
In 100 minuti di documentario fatto di
immagini e di racconto diretto del protagonista, Wenders e Juliano
Salgado seguono il suo percorso di vita, che comincia nel 1973 con una
missione da economista in Africa da cui scaturisce un reportage sulla
tragedia del Sahel. Da allora in poi, affiancato da Lélia Wanick,
eccezionale compagna di vita sin dagli anni di università, con la quale
condivide tutti i progetti e gli ideali di vita, per 40 anni Salgado è
al centro di tutte le aree calde del mondo, dapprima lavorando per
l’agenzia Gamma ed in seguito, dal 1979, per la Magnum Photos, che
lascerà nel 1994 per fondare la “Amazonas Images” la sua autonoma
agenzia fotografica. Salgado è testimone del suo tempo, sempre dalla
parte degli ultimi, denuncia la guerra, la miseria, le carestie, le
ingiustizie sociali: i suoi soggetti sono le persone, soprattutto i loro
occhi e i loro volti, e i gruppi umani. Così dalla visione del film e
delle foto di Salgado si esce dalla sala non tanto appagati
dall’estetica, che pure ha il suo peso, quanto turbati dalla certezza
che “è accaduto”.
Dalle guerre coloniali in Angola e
Mozambico, dal Burundi allo Zaire, l’Uganda, il Kenia, il Ruanda, la sua
America Latina e il suo Brasile, ai progetti/reportage sul lavoro
dell’uomo (“Workers”), sulle Migrazioni, vero calvario contemporaneo
(“Exodus” – L’umanità in cammino”), sulla condizione dei bambini nel
mondo (“The Children”), la lotta contro la Polio (“The end of Polio”),
Salgado tiene fede ad una sua idea “Un’immagine è come un appello a fare
qualcosa, non soltanto a sentirsi turbati o indignati. L’immagine
dice: Basta! Intervenite! Agite!” O ancora “non sono un fotografo del
nord del mondo, fotografo realtà povere come quella da cui provengo, non
ho il senso di colpa dell’uomo occidentale. Ogni fotografia è una
scelta , un impegno…”
La tragedia del Ruanda (1994),
documentata da Salgado nella sua terribile spietatezza, è stato uno
spartiacque nella biografia del grande fotografo brasiliano che nel film
di Wenders afferma: «Noi umani siamo terribili animali, la nostra è una
storia di guerra, repressione. Non meritiamo di vivere». Eppure in uno
degli ultimi suoi lavori, “Genesi”, Salgado dopo un lungo viaggio Isole
Falkland, Isole Sandwich, nelle Galapagos, Madagascar, Sumatra, Nuova
Guinea, Papuasia Occidentale, Canada , Alaska, a contatto con tribù
indigene che vivono in simbiosi con la Madre Terra, sembra voler
prefigurare un nuovo, possibile inizio “non siamo che un passaggio, te
ne accorgi attraversando un deserto con pietre tagliate 16000 anni fa,
scalando montagne in Venezuela di 6 miliardi di anni. Tornare al pianeta
è l’unico modo per vivere meglio.” Wenders, che aveva cominciato il
film con le terribili immagini della babele rovesciata della Serra
Pelada in Brasile dove le “formigas” umane lottano per una pepita d’oro,
poiché è il denaro che acceca l’uomo, conclude con il racconto di come
Salgado e Lélia abbiano ripiantato 2,5 milioni di alberi, per
ricostituire un lembo di foresta della fascia atlantica brasiliana nella
fattoria di famiglia che la deforestazione aveva desertificato. Ora
quel lembo di paradiso ricostruito è Parco Nazionale.
Tonino Sitzia
(Dal sito di Equilibri, Circolo dei lettori di Elmas www.equilibrielmas.it)
Nessun commento:
Posta un commento