Il ’700 visto da
Todorov attraverso la pittura.
Tzvetan Todorov
Senza più Dio e
senza Stato la felicità breve dell’illuminismo
In Francia il periodo più importante dell’interazione tra illuminismo e pittura si colloca fra due date: 1715 (anno in cui morì Luigi XIV) e 1789. Negli altri paesi europei la separazione è meno netta, ma la suddivisione è simile. Sarà il lasso di tempo che percorreremo in questo testo, salvo poche incursioni nel periodo precedente o in quello successivo. Questo breve XVIII secolo sarà caratterizzato in Francia dalla reggenza e dal lungo regno di Luigi XV, un periodo in contrasto con il secolo precedente. Il fulcro della vita pubblica si sposta dalla corte alla città, da un’organizzazione sociale fondata sui principi della religione a uno spazio civile.
Nell’Ottocento uno storico della pittura afferma, in maniera forse eccessiva, che si trattava allora di una fase in cui «all’estrema devozione si sarebbe sostituita la licenza».
Il contrasto con il periodo postrivoluzionario è comunque altrettanto forte. A tale riguardo possiamo paragonare questo breve XVII secolo con un altro periodo di transizione, un momento della storia romana che Flaubert descrive così: «Quando le divinità non c’erano più e Cristo non c’era ancora, da Cicerone a Marco Aurelio c’è stato un momento unico in cui l’uomo è stato solo». Per parlare di quest’altro “momento” più recente si potrebbe parafrasare Flaubert e affermare: quando il Dio cristiano non c’era più e le divinità moderne — la nazione, il popolo, lo stato — non c’erano ancora, da Watteau a Goya si è assistito a un momento eccezionale in cui l’uomo è stato completo, in cui gli uomini sono riusciti a instaurare un fragile equilibrio tra le loro diverse aspirazioni.
Si tratta di uno spirito, uno Zeitgeist, e non di una filosofia. L’illuminismo non forma un sistema di pensiero rigoroso e omogeneo, ma una sintesi, ed è in quanto “spirito” che prende parte allo scambio con i pittori del tempo. Tale spirito è contraddistinto da alcune caratteristiche che possiamo analizzare e ciò permette di opporlo a un altro spirito, quello dell’Ancien Régime, ormai distinto, mentre prima rappresentava un sostrato comune a tutti.
In primo luogo abbiamo a che fare con un mondo disincantato, regolato secondo le leggi della natura e con istituzioni sociali che sono opera dei soli esseri umani. Dio era il garante della tradizione e dell’ordine immutabile; in seguito alla sua scomparsa, gli individui possono iniziare a plasmare il proprio destino. Si prepara così il passaggio da una società consuetudinaria a una deliberativa. La religione non scompare, tutt’altro, ma il suo ruolo nella società cambia.
Da un lato, gli individui
la considerano un fatto personale; dall’altro, si diffonde sempre
più la consapevolezza della pluralità delle credenze religiose, si
è curiosi di conoscere quelle dei popoli lontani, fanno breccia le
idee di tolleranza e si rinuncia al desiderio di convertire tutti al
proprio credo.
Da fondamento dell’ordine sociale la religione diventa, insieme a tanti altri, oggetto di curiosità. Quelle che in precedenza erano considerate manifestazioni del soprannaturale ora sono interpretate come metafora dell’eccesso, stravaganza pittoresca o convenzione letteraria. Non si bruciano più le streghe, ma si cerca di disilluderle o di guarirle. Alla ricerca della salvezza, imposta dall’alto, si sostituisce la ricerca della felicità, orna. mai un obiettivo legittimo. Il piacere e il godimento non sono più considerati maledetti. L’amore, a questo punto, occupa un posto centrale e la distinzione tra corpo e spirito è superata.
Le passioni sono
legittimate in quanto espressione delle leggi naturali. Per usare le
parole di Louis Dumont, l’homo hierarchicus sta per essere
minacciato dall’homo equalis, le stratificazioni sociali sono messe
in discussione, le idee di uguaglianza universale cominciano a
diffondersi. Tutto ciò induce a prendere in considerazione i più
umili e a preoccuparsi per la prima volta degli emarginati — senza
che ciò sia in contrasto con la morale cristia- È possibile sfidare
le autorità e criticare le dottrine.
È anche l’epoca in cui in Europa si sviluppa rapidamente la conoscenza delle società lontane, pur rimanendo etnocentrica; inizia a diffondersi l’idea di una pluralità delle culture, delle leggi, dei valori. Nello stesso tempo il passato non è più ridotto a una mera serie di esempi che illustrano leggi eterne. La discussione tra antichi e moderni è definitivamente risolta a favore di questi ultimi: ogni epoca possiede i propri valori, che non sempre è possibile considerare superiori o inferiori. Ogni società è di per sé plurale, in quanto composta da gruppi i cui interessi non coincidono necessariamente in tutto.
La presa di coscienza della diversità sociale e la molteplicità stessa delle direzioni verso le quali si rivolge il pensiero favoriscono la pluralità interna delle dottrine di quest’epoca. Ai giorni nostri si distinguono talvolta nell’illuminismo due correnti: una moderata, che partecipa ancora dei compromessi con le idee dell’Ancien Régime, e una radicale, più vicina al materialismo e all’ugualitarismo che ne susseguono, ai quali noi stessi oggi ci richiamiamo. È lecito chiedersi, tuttavia, se non occorra invertire qui il giudizio di valore.
L’illuminismo radicale
è monista, per- ché esalta uno solo dei propri ingredienti ed
esclude i restanti. Quello moderato, invece, non è certo l’acqua
tiepida del compromesso, il miscuglio eclettico di elementi
eterogenei o il mantenimento del tradizionale dualismo fra corpo e
spirito. Converrebbe interpretare il termine moderazione con il
significato che gli attribuiva Montesquieu, come articolazione tra i
diversi principi a cui ci si richiama, ciascuno dei quali costituisce
un freno per gli altri, e non dimenticare i dibattiti talvolta accesi
che animano il pensiero dell’illuminismo.
Pensiamo a quelli che promuovono il regno della ragione e quelli che lo mettono in discussione, a coloro che credono al progresso e a chi rinuncia a individuare un senso negli eventi della storia. Questa pluralità sfocia non nell’incoerenza, ma nella complementarità; è preferibile, allora, non eliminare le contraddizioni talvolta insanabili della condizione umana. Dal canto loro, artisti, pittori e scrittori offrono allo spirito dell’illuminismo un contributo indispensabile, che lo rende ancora più ricco di sfumature e più complesso.
La Repubblica – 7
novembre 2014
Il testo è tratto da:
Tzvetan Todorov
La pittura dei lumi
Garzanti, 2014
euro 42
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