E quest'uomo sarebbe il nuovo?
La ministra Boschi dichiara, vispa e giuliva come
sempre, che il termine “professoroni” usato per dileggiare gli
avversari, è stato studiato a tavolino per il suo impatto
massmediatico. Si voleva cioè far leva sui sensi di inferiorità e di
rivalsa di chi non ha studi e diffida
degli “intellettuali”, di chi possiede “cultura”, con la
quale, si sa, al massimo si chiacchiera, ma certo non si fanno
quattrini. E' l'essenza del populismo, un modo di ragionare (e di
comunicare) plebeo e volgare, adatto a masse rincretinite dalla tv a cui si deve parlare solo per slogan, insulti e promesse.
Lo stile politico del craxismo prima e del berlusconismo poi, e ora
di Renzi (ma anche di Salvini e Grillo) e che non richiede mediazioni visto che non esiste oggi una
opposizione vera con cui trattare.
Corrado
Stajano
Nell’eredità dei nipoti della Dc è sparito il dono
della mediazione
Povero Luigi Pintor, sarà
deluso anche nell’aldilà. Il 28 giugno 1983 quel gran giornalista,
scrittore senza modelli, scrisse sul manifesto di cui era stato uno
dei fondatori, un famoso articolo: «Non moriremo democristiani».
Commentava così i risultati delle elezioni politiche di quell’anno:
la Dc aveva perso il 6 per cento di voti, quasi due milioni e mezzo
di elettori, il Pci confermava i risultati delle elezioni del 1979 e
si trovava a ridosso del partito di De Mita. «Abbiamo vinto le
elezioni, noi che da sempre abbiamo indicato nella Dc l’avversario
da battere» scrisse allora Pintor nel suo articolo di fondo.
Trentun anni dopo quelle fallite certezze o speranze di Pintor, la Dc sembra di nuovo in auge, dopo le lacerazioni, le scissioni, i traumi venuti dopo il 1992 — Mani pulite — dopo il ventennio berlusconiano e gli ultimi due anni politicamente informi.
Se si dà, infatti, una scorsa al curriculum del gruppo dirigente del Pd, ora il partito di maggioranza di Renzi (qualcuno lo chiama già il Pdr) nato dalla fusione del Pds e della cattolica Margherita, l’operazione di verifica è più rapida se si fa la conta, più che dei margheritini, di quanti sono gli eredi del vecchio Pci, la sinistra. Bastano quattro dita di una mano: Roberta Pinotti, Federica Mogherini, Andrea Orlando, Maurizio Martina, non certo dei rossi sovversivi. Gli altri, gli eredi degli eredi del- lo Scudo crociato sono tutti bianchi, in gran quantità.
Renzi è molto attento, fin da quando era sindaco di Firenze, alla fedeltà personale, un valore supremo per lui. Non è un liberale di sinistra (come Mario Pannunzio, come Ernesto Rossi?), non conosce, sembra, i principi nodali dell’illuminismo riformatore, non è un socialdemocratico, in un Paese, tra l’altro unico in Europa, dove non esiste neppure quel partito. È nato e cresciuto dentro la dottrina cristiana di uno scout, e questo potrebbe essere anche un fatto positivo se avesse maggior rispetto per gli altri.
Si è laureato con una
tesi su Giorgio La Pira al quale dice di ispirarsi. Ma chi conobbe
quel sant’uomo fatica assai a trovar qualche somiglianza ricordando
l’umiltà, la generosità, l’amore per i deboli di quell’antico
sindaco di Firenze. Si schierava con naturalezza dalla parte degli
operai della Fonderia delle Cure e della Pignone, requisiva le ville
per gli sfrattati, viveva da povero in convento. Non prometteva mai
inanemente. Era un messaggero di pace e di giustizia sociale,
ambasciatore indifeso e senza credenziali di qua e di là dai Muri
negli anni più crudi della guerra fredda, vilipeso, dileggiato.
Trentun anni dopo anche chi non fu consonante con lo Scudo crociato e ricorda con orrore certi momenti della vita nazionale, il 1960 di Tambroni, il 1964 del tentato colpo di Stato del generale De Lorenzo avallato dal sommo Colle, il 1969, la strage di piazza Fontana e le stragi e i complotti venuti dopo, con governanti democristiani complici o muti, deve riconoscere che la Dc fu anche un grande partito. Non seminava soltanto chiacchiere dilettantesche, seppe dar vita con competenza al Piano casa e al Piano del lavoro (Fanfani), alla riforma agraria (Segni, Medici), alla Cassa del Mezzogiorno che nel suo primo periodo di vita operò e diede speranza al Sud oggi dimenticato, con i suoi poteri criminali e la sua disoccupazione alle stelle.
Ci furono nella Dc uomini di alto livello politico e culturale, da Pasquale Saraceno a Ezio Vanoni, a Tina Anselmi, Adone Zoli, Benigno Zaccagnini, Maria Eletta Martini, da Beniamino Andreatta, a Virginio Rognoni, a Filippo Pandolfi a Mino Martinazzoli ad altri. Seppe, anche in momenti difficili, tenere: adoperò la mediazione che ora sembra il diavolo ed è invece la misura della politica. Persino Moro cercò di usarla da prigioniero delle Br.
Oggi? Sembra che a contare sia la durezza, l’arroganza (spesso figlia della paura), il rifiuto del dialogo, il prendere o lasciare, l’ironia e gli insulti contro gli intellettuali, segno, sempre, di un paese malato e anche di una caduta culturale.
I sindacati sono nemici, sembra una perdita di tempo ascoltarli, mediare accordi, simbolo invece di ogni convivenza civile: è davvero preferibile beffeggiarli, anche se rappresentano i milioni di persone che scendono in piazza?
Il presidente del Consiglio denuncia complotti, disegni misteriosi ma, forse, il più misterioso è il famoso Patto del Nazareno con Berlusconi, indecente in una democrazia. Non è meglio dir le cose come stanno per cercar di superare, in quella condivisione tante volte auspicata dal presidente Napolitano, una crisi che seguita a dilaniare soprattutto chi meno ha ?
Il Corriere della sera - 6 novembre 2014
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