Luigi Forte
Bertolt Brecht, poesie
per ribaltare il mondo
Pubblicare, come fa Einaudi in questo inizio del 2015, una scelta di Poesie politiche di Bertolt Brecht (curata da Enrico Ganni con una bella prefazione di Alberto Asor Rosa, pp. 303, Є 12) può sembrare oggigiorno piuttosto azzardato. E non certo perché lo scrittore bavarese, come sostenne lo svizzero Max Frisch, è diventato un classico fino a perdere la sua efficacia. Ma perché lo zelo e il rigore pedagogico che nel dopoguerra gli attirarono i rimproveri di Adorno, per non aver salvaguardato l’autonomia dell’arte inquinandola con la politica, possono aver reso obsoleti molti di questi testi. Anche se in realtà Brecht sa sempre sottrarsi all’angustia ideologica o al dogmatismo con una piroetta irriverente o una buona dose di ironia.
Del resto basta
sfogliare quest’antologia per convincersi che la lezione morale, lo
slancio polemico, la coscienza politica di uno scrittore che ha
combattuto con fermezza l’arroganza e la violenza del potere
possono aiutarci a riflettere sia sulle incongruenze del presente sia
sul passato come prefigurazione delle nostre insolute contraddizioni.
Sembra un paradosso, se si pensa alla distanza abissale tra l’epoca
di Brecht e la nostra.
La sua vita fu un’odissea
fra i disastri del Novecento: due guerre mondiali, il nazismo,
l’esilio, la divisione della Germania e il suo ritorno a Berlino
Est, nel cosiddetto socialismo reale che egli guardò sempre con
sospetto, dopo un soggiorno americano non certo esaltante da cui
aveva tratto la convinzione che democrazia e capitalismo erano
difficilmente conciliabili.
Potenziale
rivoluzionario
Nei tardi Anni Venti i
suoi testi teatrali furoreggiavano in Germania, accompagnati dalle
musiche di Kurt Weill, e la sua poesia tradiva la voce ribelle e
anarchica del figlio della borghesia che rifiutava la propria classe
consapevole che il mondo doveva essere ribaltato. «Se chi è in
basso non pensa / alla bassezza», scriveva nelle Poesie di Svendborg
del 1936, «mai / potrà venire in alto».
Il bardo si era inventato
un personaggio cinico, disincantato, un outsider corazzato contro
ogni vacuo ottimismo e pronto a sublimare la precarietà con
l’atteggiamento un po’ altezzoso del saggio che dispensa
insegnamenti a futura memoria. Ma l’icona stilizzata del giovane
scrittore nella lirica Del povero B.B., che con il sigaro in bocca
acceso fino alla fine dei tempi osserva una modernità agonizzante,
diventa ben presto l’immagine del potenziale rivoluzionario, il
tribuno che nell’isolamento dell’esilio lancia appelli vibranti
per smascherare le menzogne dell’imbianchino Hitler, com’egli lo
chiama.
Nei tempi bui in cui
«discorrere d’alberi è quasi un delitto, / perché su troppe
stragi comporta silenzio», come si legge nella notissima poesia Ai
posteri, il suo talento poetico si converte in pedagogia politica e
la parola si solleva in uno spazio in cui sono coinvolte musica e
gestualità, in ritmi irregolari e sincopati.
Contro tutti i prepotenti
La scelta proposta da
quest’antologia che in cinque sezioni diverse accorpa testi su
destini proletari, lotta di classe, capitalismo, guerra e nazismo,
con una breve galleria di ritratti di amici e colleghi, sembra
suggerire l’idea che la forza e l’attualità di Brecht, ancora
oggi, si nutra di ciò che Adorno gli rimproverava: l’aver
sacrificato l’autonomia dell’arte. Non per metterla banalmente al
servizio della politica, ma perché inscindibile dalle vicende umane,
dalle grandi catastrofi del Novecento.
Non sempre il poeta ha
potuto evitare nelle sue invettive dall’esilio toni piattamente
didascalici, così come negli anni del socialismo l’enfasi e
l’apologia superano talvolta il livello di guardia.
Ma il punto
di vista di fondo di cui parla Asor Rosa nella prefazione, ricordando
la marcata presenza di Brecht nella cultura italiana, resta
inalterato. Ed è ciò che ancora oggi può offrire stimoli a un
lettore alle prese con una profonda crisi economica e morale in un
mondo lacerato da miseria, guerre e terrorismo.
Brecht parla infatti di
solidarietà tra diseredati, di lotta contro le disuguaglianze, di
disoccupazione, di prepotenza dei potenti e dei politici. «Quelli
che portano all’abisso la nazione /», si legge nel Breviario
tedesco, «affermano che governare è troppo difficile / per l’uomo
qualsiasi». Si lancia contro gli opportunisti pronti a ignorare ogni
infamia pur di trarre vantaggi, contro illusioni e fallaci
consolazioni nella poesia Contro la seduzione.
Coglie le frodi e gli
inganni della grande finanza, mette al bando lo sfruttamento, ma
soprattutto esorta a trasformare il mondo con l’ottimismo della
volontà.
«Chi è vivo non dica: mai!»
«Elogio della
dialettica» è il suo grande slogan poetico. «Chi è ancora vivo,
non dica: mai!».
E l’arte
dell’impazienza diventa il suo credo di fronte a ogni ideologia.
Incalza anche il socialismo con il pessimismo della ragione di chi sa
che il potere azzera spesso ogni istanza di giustizia.
Quest’antologia è un livre de chevet per chi sogna una vera
democrazia, è un sillabario dell’emancipazione e del riscatto. Ci
insegna a credere, come ha fatto Brecht per tutta la vita, alla
mutabilità delle cose, anche se la realtà, di questi tempi, ci
racconta una storia diversa.
La Stampa – 2 gennaio 2015
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