Vittorio Zucconi
L'altra faccia del
sogno americano
Il 1915, l'anno nel quale
un oscuro avvocato dell'Illinois riuscì a pubblicare una raccolta di
versi liberi chiamata Spoon River Anthology , era per gli Stati Uniti
il tempo dickensiano di tutto il meglio visibile e tutto il peggio
invisibile.
Mai come in quegli anni
l'America aveva esercitato sul resto del mondo una forza magnetica
tanto irresistibile. Dieci milioni di immigrati si erano riversati
sulle sue coste, tre dei quali italiani, dall'inizio del secolo,
raggiungendo in quell'anno il culmine. Due terzi degli abitanti di
New York erano nati in altre nazioni.
E mentre l'Europa già
inceneriva la propria gioventù nella fornace della guerra, l'America
lontana e ancora indifferente l'accoglieva e celebrava se stessa, nel
primo film epicamente sciovinista della storia del cinema, La Nascita
della Nazione .
Nessuno lo poteva ancora
prevedere, ma istintivamente, epidermicamente, si avvertiva che
quello appena cominciato sarebbe stato il "Secolo Americano".
La voce dei morti che si alzò da un immaginario, eppure reale,
cimitero del MidWest per raccontarsi nelle pagine di Edgar Lee
Masters piombò come un secchio d'acqua gelata sulla compiaciuta
retorica del luminoso destino dell'America.
Le confessioni
dall'oltretomba dei defunti ormai liberi dagli imperativi delle
menzogne squarciarono non soltanto i sudari delle convenzioni e del
perbenismo di quel mitico Midwest che si considerava lo scrigno delle
virtù americane. In quei versi c'erano i tratti di quella che da
allora in poi si sarebbe chiamata l'altra faccia del sogno americano.
La sconfessione della
sacralità equanime della Legge, ammessa dal giudice corrotto che si
dichiara più colpevole di Hod Putt che ha mandato a morire, anticipa
il fondato cinismo di chi vedrà legioni di miserabili, e mai nessun
milionario, spediti sul patibolo. Il lamento di Serepta Mason, la
donna che vide la propria esistenza gelata dal "vento amaro"
della malevolenza e dai pettegolezzi per il solo suo essere donna,
coincide con la sentenza della Corte Suprema che nega il voto alle
americane e riprende il filo della "Lettera Scarlatta".
L' Antologia di Masters
fu accolta malissimo, dall'America della "Progressiva Era",
come un insulto, poi venerata e canonizzata nella lettura
obbligatoria per i liceali nell'America umiliata dalla Grande
Depressione e oggi è tornata nella penombra, ignorata o evitata
dalle scuole superiori, spesso con il pretesto di una lingua, di una
metrica, di una poesia non abbastanza letteraria e alta.
La venerazione, e la
considerazione per le «storie», come andrebbero ridefinite, dei
morti sulla collina di Spoon River si sarebbero protratte più a
lungo fuori, che dentro gli Stati Uniti, anche per il merito della
stupidità censoria del fascismo che ne aveva proibito la
pubblicazione, rendendone la lettura, carissima fra i tanti a Cesare
Pavese, e la traduzione pericolose. E costringendo la prima versione
in italiano fatta da Fernanda Pivano a nascondersi sotto la grottesca
dizione di S. River , quasi fosse un santo.
Sarebbero stati il
Giovane Holden, gli autori maledetti della Beat Generation, i Kerouac
e i Ginsberg, a raccogliere la voce dei morti viventi di Spoon River
e raccontare, senza più l'espediente dell'oltretomba, gli spettri di
una nazione non più timorosa di evocarli. Ma nessuno che ascolti
quelle voci, e percorra le strade del Midwest nel gelo cimiteriale
degli inverni, le potrà più dimenticare.
La Repubblica – 4
gennaio 2015
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