17 gennaio 2015

E. LEE MASTERS: L' ALTRA FACCIA DEL SOGNO AMERICANO





Vittorio Zucconi

L'altra faccia del sogno americano

Il 1915, l'anno nel quale un oscuro avvocato dell'Illinois riuscì a pubblicare una raccolta di versi liberi chiamata Spoon River Anthology , era per gli Stati Uniti il tempo dickensiano di tutto il meglio visibile e tutto il peggio invisibile.

Mai come in quegli anni l'America aveva esercitato sul resto del mondo una forza magnetica tanto irresistibile. Dieci milioni di immigrati si erano riversati sulle sue coste, tre dei quali italiani, dall'inizio del secolo, raggiungendo in quell'anno il culmine. Due terzi degli abitanti di New York erano nati in altre nazioni.

E mentre l'Europa già inceneriva la propria gioventù nella fornace della guerra, l'America lontana e ancora indifferente l'accoglieva e celebrava se stessa, nel primo film epicamente sciovinista della storia del cinema, La Nascita della Nazione .

Nessuno lo poteva ancora prevedere, ma istintivamente, epidermicamente, si avvertiva che quello appena cominciato sarebbe stato il "Secolo Americano". La voce dei morti che si alzò da un immaginario, eppure reale, cimitero del MidWest per raccontarsi nelle pagine di Edgar Lee Masters piombò come un secchio d'acqua gelata sulla compiaciuta retorica del luminoso destino dell'America.

Le confessioni dall'oltretomba dei defunti ormai liberi dagli imperativi delle menzogne squarciarono non soltanto i sudari delle convenzioni e del perbenismo di quel mitico Midwest che si considerava lo scrigno delle virtù americane. In quei versi c'erano i tratti di quella che da allora in poi si sarebbe chiamata l'altra faccia del sogno americano.

La sconfessione della sacralità equanime della Legge, ammessa dal giudice corrotto che si dichiara più colpevole di Hod Putt che ha mandato a morire, anticipa il fondato cinismo di chi vedrà legioni di miserabili, e mai nessun milionario, spediti sul patibolo. Il lamento di Serepta Mason, la donna che vide la propria esistenza gelata dal "vento amaro" della malevolenza e dai pettegolezzi per il solo suo essere donna, coincide con la sentenza della Corte Suprema che nega il voto alle americane e riprende il filo della "Lettera Scarlatta".

L' Antologia di Masters fu accolta malissimo, dall'America della "Progressiva Era", come un insulto, poi venerata e canonizzata nella lettura obbligatoria per i liceali nell'America umiliata dalla Grande Depressione e oggi è tornata nella penombra, ignorata o evitata dalle scuole superiori, spesso con il pretesto di una lingua, di una metrica, di una poesia non abbastanza letteraria e alta.

La venerazione, e la considerazione per le «storie», come andrebbero ridefinite, dei morti sulla collina di Spoon River si sarebbero protratte più a lungo fuori, che dentro gli Stati Uniti, anche per il merito della stupidità censoria del fascismo che ne aveva proibito la pubblicazione, rendendone la lettura, carissima fra i tanti a Cesare Pavese, e la traduzione pericolose. E costringendo la prima versione in italiano fatta da Fernanda Pivano a nascondersi sotto la grottesca dizione di S. River , quasi fosse un santo.

Sarebbero stati il Giovane Holden, gli autori maledetti della Beat Generation, i Kerouac e i Ginsberg, a raccogliere la voce dei morti viventi di Spoon River e raccontare, senza più l'espediente dell'oltretomba, gli spettri di una nazione non più timorosa di evocarli. Ma nessuno che ascolti quelle voci, e percorra le strade del Midwest nel gelo cimiteriale degli inverni, le potrà più dimenticare.


La Repubblica – 4 gennaio 2015

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