19 gennaio 2015

PERSONE E BENI CULTURALI IN PERICOLO IN SICILIA






Soprintendenze e tentativi di epurazione: prove generali in Sicilia?*

 
 
 
 
 
 
 
 



 La Sicilia, com'è noto, dal 1977 ha una gestione dei Beni Culturali autonoma. A tale peculiare ordinamento, che la distingue anche dalle altre regioni a statuto speciale, si deve, fra gli altri inconvenienti, che quel che vi accade spesso sfugge all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale. In virtù di ciò, risulta anche agevole sperimentarvi o anticiparvi, senza destare troppo clamore e a mo' di ballons d'essai, pratiche non ancora invalse a livello centrale. Può ben dirsi che, in questo senso, la Sicilia spesso ha svolto e svolge la funzione di laboratorio e di incubatore. Sia che si sia trattato di assumere e poi stabilizzare caterve di precari negli organici dell'amministrazione, di dare in gestione ai privati quante più attività possibile (con risultati spesso disastrosi, si pensi agli scandali delle biglietterie), di ospitare eventi mondani nelle aree archeologiche, di indirizzare i propri beni museali verso le destinazioni più diverse e bizzarre (un fragilissimo Antonello a Rovereto, le teste romane di Pantelleria al meeting di Comunione e Liberazione, cose così!), l'Isola assai spesso ha anticipato o assecondato, spingendosi di norma più avanti, l'ultimo trend che si annunciava a livello nazionale. Del tutto prevedibile quindi che nel nuovo clima inaugurato dal Presidente del Consiglio con le sue note esternazioni («e adesso mettiamo mano alle Soprintendenze») la tendenza a non restare indietro si sia fatta sentire.

I "valzer dei soprintendenti"

Per esempio, una pratica in uso da tempo in Sicilia è quella dei continui trasferimenti o "rotazioni" - ad arbitrio dei politici di turno - dei soprintendenti e di altri funzionari, indipendentemente, per lo più, dalle loro qualifiche o attitudini. In occasione di una delle maggiori di queste operazioni, che, ai tempi di Raffaele Lombardo, interessò ben 72 dirigenti, la stampa adottò con umorismo forse involontario l'espressione di "valzer dei soprintendenti"[1]. Questa consuetudine, che a un osservatore esterno ricorda irresistibilmente il "movimento dei prefetti" del ministero degli Interni (con la differenza che il prefetto è, istituzionalmente, longa manus dell'esecutivo, mentre un soprintendente è o dovrebbe essere un funzionario tecnico indipendente), purtroppo non ha suscitato proteste di rilievo, né localmente né altrove, ed è stata subita remissivamente da parte degli stessi interessati. Persino i pochi politici in qualche misura sensibili ai temi della cultura non hanno affrontato alla radice il problema (per esempio richiamando in vita l'atrofizzato Consiglio dei Beni Culturali, oggi addirittura nemmeno rinnovato, e sottoponendo al suo parere la delicata materia delle nomine), ma, duole dirlo, hanno seguito la prassi ormai consolidata di scelte discrezionali disancorate da criteri obiettivi prefissati, in aperta violazione dello spirito e della lettera delle disposizioni legislative[2]. Col risultato che anche decisioni di per sé ineccepibili nel merito hanno offerto il pretesto o l'alibi, dopo l'uscita di scena del politico che le aveva ispirate, ai nuovi "giri di valzer" e talora alle brutali ritorsioni dei successori.

Riesami, sospensioni e revoche a Siracusa

Questa premessa era necessaria per meglio comprendere la vicenda - ancora aperta - di Siracusa, in parte nota al vasto pubblico grazie a Gian Antonio Stella e Tomaso Montanari[3], ma che vale la pena di ripercorrere per sommi capi.

Essa ebbe inizio quando l'assessore Maria Rita Sgarlata, essa stessa apprezzata archeologa, assunta la carica dopo la breve e surreale esperienza di Antonino Zichichi, si trovò davanti la questione delle nomine dei funzionari cui era scaduto il contratto. Al ruolo di soprintendente di Siracusa fu destinata la persona che obiettivamente aveva più titoli per ricoprirlo, la dottoressa Beatrice Basile, in passato responsabile della sezione archeologica di Siracusa, poi soprintendente a Ragusa ed Enna, all'epoca direttrice del museo archeologico "Paolo Orsi", e, al termine del suo contratto, disponibile per una nuova destinazione. La revoca dell’incarico all'allora soprintendente di Siracusa, l'arch. Orazio Micali, certamente con molti meno titoli, fu giustificata con la riorganizzazione degli uffici, e non attribuendogli addebiti specifici: e, anche se in quel caso la riorganizzazione effettivamente ci fu (per esempio riguardo alla ristrutturazione del sistema dei parchi archeologici), tale motivazione, per altro male argomentata, come vedremo in sede di ricorso dell'interessato sarà, con ragione, ritenuta insufficiente dal giudice.

Mentre tutti in città, più o meno sinceramente, riconoscevano i meriti e i titoli della nuova soprintendente, la sua nomina e la sostituzione del predecessore suscitarono le furiose proteste di alcuni politici locali nonché dell'associazione dei costruttori, già in fermento per la recente adozione del piano paesistico. Si badi che, in via di fatto, la dottoressa Basile non aveva e non ha "detto di no" a nessun progetto di rilievo, con l'eccezione - di cui si dirà - dell'assurda isola artificiale presente nella prima versione del progetto del porto turistico nell'area ex Spero, per la semplice ragione che non gliene fu dato il tempo. Si temeva però che potesse farlo. Che per esempio difendesse il piano paesistico da poco adottato o la perimetrazione del parco archeologico, ma soprattutto che si differenziasse dai suoi predecessori. E qui va richiamata una circostanza essenziale: che negli ultimi anni a Siracusa la soprintendenza ha, come dire, "male abituato" costruttori e affaristi, rilasciando con grande facilità pareri favorevoli, per esempio, a villaggi turistici in zone vincolate (uno costruito, altri ancora sulla carta), a ben due progetti di porti turistici concorrenti (uno, quello di Caltagirone, rimasto miseramente in tronco per le vicende di quest'ultimo e l'altro, quello con l'isola artificiale annessa, nell'area ex Spero, entrambi con vistosi profili di illegittimità emersi successivamente)[4], a una palazzina sulla balza Acradina[5], a centri commerciali, ed altro ancora. Si temeva, detto in soldoni, che "finisse la festa".

Dopo alcuni mesi, durante i quali nessun addebito da parte dell'Assessorato era stato mosso alla soprintendente, l'assessore Sgarlata, passata ad altro incarico, fu sostituita ai Beni Culturali dalla professoressa Giuseppina Furnari, dello stesso partito di un politico siracusano di spicco, l'on. Pippo Gianni, fra quelli che più si erano opposti, anche con interrogazioni parlamentari, alle nomine della Sgarlata, mentre nel gabinetto dei Beni Culturali entrava il dr. Martino Russo, già dirigente regionale all'Industria e collaboratore proprio di quel politico quando questi era responsabile di quell'assessorato. Che si debba a ciò (gli interessati smentiscono), alle concomitanti pressioni degli avversari del piano paesistico, o alle due cose insieme, sta di fatto che il nuovo assessore Furnari non mancherà sin da subito di applicare a sua volta, o comunque a lasciare che fosse applicato, l'usuale spoil system e a ribaltare la situazione. La strada più semplice sarebbe stata quella di reintegrare nel suo ruolo il predecessore della Basile, arch. Micali, che nel frattempo aveva vinto il ricorso da lui presentato contro il provvedimento di rimozione, ma la cosa fu resa impossibile dalla condanna in primo grado per abuso d'ufficio e falso che, per un'altra vicenda risalente a quando era funzionario a Messina, lo aveva colpito nel frattempo.

Cosa fare allora? Si imbastì ugualmente un "riesame" della posizione di tutti i soprintendenti, con la generica motivazione dei "profili di illegittimità" delle procedure di affidamento degli incarichi, emersi dal contenzioso giudiziario del Micali e di un altro funzionario, e della mancata registrazione dei contratti. Apparve subito chiaro, e fu fatto notare pubblicamente, come il tentativo fosse pretestuoso, visto che l'eventuale illegittimità avrebbe, se mai, potuto riguardare la rimozione del Micali (il quale però, come s'è detto, non poteva essere reintegrato) ma non certo la nomina della Basile e che la mancata registrazione dei contratti avrebbe potuto, al più, portare a una sospensione della parte economica e non del contratto stesso. Come si disse allora, si era cercato, senza successo, di "azzerare tutti per colpirne una"[6]. E allora, in un climax che ricorda la favola del lupo e dell'agnello, si tentò un'altra strada. Era circolata in quei giorni una lettera anonima relativa all'ormai nota piscina prefabbricata della Sgarlata. A questa fece seguito, senza comunicazione dell'oggetto, e senza dare all'interessata la possibilità di contraddittorio, un'ispezione che si concluse col sequestro di alcuni fascicoli. Del tutto irritualmente e illegittimamente, dell'ispezione non fu redatto alcun verbale né della relazione conclusiva fu data visione alla soprintendente se non, dietro sua richiesta, alcune settimane dopo il provvedimento di sospensione, a sua volta motivato genericamente "per accertamenti".

Ma, nel merito, quali erano gli addebiti che si muovevano alla soprintendente? Era preponderante la vicenda della piscina dell'assessore Sgarlata (la quale nel frattempo s'era dimessa dopo essere stata pesantemente attaccata dal Presidente della Regione) e si parlava di mancato rispetto dei termini del procedimento. Se fosse stata interpellata circa tali addebiti, come previsto dalla legge, la dottoressa Basile avrebbe potuto replicare – come poi farà – che analogo criterio nel rilascio di tali permessi era stato seguito dalla soprintendenza di Siracusa in tutti i casi analoghi, sia sotto la propria gestione che sotto quella del suo predecessore, senza che l'amministrazione vi avesse mai trovato niente da eccepire. Ma, come s'è detto, non le fu data la possibilità di replicare agli addebiti che porteranno alla sua immediata sospensione[7]. A completare il quadro, va aggiunto che, mentre dalla procura, rumorosamente investita del caso dal presidente Crocetta, non era e non è ancora giunto alla dottoressa Basile alcun avviso di garanzia, il suo sostituto ad interim, arch. Carmelo Rizzuto, è imputato per aver illegittimamente autorizzato un ampliamento della villa di Ispica dell’allora presidente Raffaele Lombardo. Analogo double standard, del resto, era adottato anche a livello politico dal presidente Crocetta: per limitarsi al caso di Siracusa, questi "cacciava via" (per usare le sue parole) l'assessore Sgarlata, nemmeno indagata, mentre, ironia della sorte, proprio in quelle settimane il principale antagonista della Sgarlata a Siracusa (e allora sostenitore con voto determinante della giunta Crocetta) riceveva un avviso di garanzia con l'accusa di corruzione assieme al suo ex collaboratore Martino Russo (allora nel gabinetto della Furnari) per la vicenda del parco fotovoltaico di Monreale (2009-2010), nella quale le intercettazioni della Guardia di Finanza avrebbero svelato "un vorticoso giro di mazzette"[8].

Colpirne tre per educarne cento

Ma l'opera non era completa e l'epurazione della soprintendenza andava portata fino in fondo. Preannunciata minacciosamente alla metà di settembre, con l'avallo, a quanto sembra, dello stesso Crocetta[9], ai primi di novembre era disposta la proposta di nuove assegnazioni per i dirigenti Rosa Lanteri, Alessandra Trigilia e Aldo Spataro, responsabili rispettivamente delle sezioni archeologica, paesaggistica e architettonica, la prima dei tre vincitrice un anno fa del premio intitolato a Umberto Zanotti-Bianco. Con motivazioni , se possibile, ancora più risibili di quelle usate per la Basile, cioè richiamando addirittura la normativa anticorruzione. La quale per altro, se anche fosse applicabile nel caso in ispecie, prevederebbe che non si possa ricoprire lo stesso ruolo per più di cinque anni, mentre due degli interessati vi erano stati nominati solo da tre o quattro, e la terza, pur avendo prestato servizio all'interno dell'ufficio per più di cinque anni, non vi aveva ricoperto l'incarico di dirigente responsabile per uguale periodo. Una misura poi che, se non si fosse trattato di un pretesto, avrebbe dovuto interessare tutte le soprintendenze, ma che, singolarmente, si rivolgeva solo a quelle di Siracusa e di Agrigento: proprio quelle, cioè, i cui piani paesistici erano più fortemente contestati. Tanto più odiosa, infine, in quanto volta a colpire tre funzionari già "sotto tiro" e oggetto di richieste di risarcimento milionarie da parte di imprese costruttrici, esponendoli a danni ulteriori. Perché delle due l'una: o quelle richieste erano e sono infondate, come risulta da tutti i ricorsi amministrativi finora avviati dalle ditte e respinti dai tribunali[10], e allora l'amministrazione ha il dovere di difendere fino in fondo i propri funzionari, così come ha fatto in giudizio l'avvocatura dello Stato, o, se invece essa le ritiene in qualche misura giustificate, deve motivare con questi addebiti specifici la loro rimozione. Come se ciò non bastasse, il provvedimento, a firma del dirigente generale Salvatore Giglione, veniva emanato il giorno prima che il nuovo assessore Antonio Purpura assumesse il suo incarico, quasi a volerlo mettere davanti al fatto compiuto. Inutile sottolineare la scorrettezza, a dir poco, di tale condotta.

In tal modo si è cercato di "normalizzare" la soprintendenza di Siracusa e di mettere in riga, uno per uno, i tre responsabili della redazione e della difesa (finora) del piano paesistico, esattamente come richiesto dal "partito del cemento" cittadino, a severo monito di chi osasse imitarli.

La situazione, attualmente, è complicata dal sovrapporsi dei decreti di nomina dei successori, i quali hanno già preso servizio, con quelli di revoca, non accettati dai destinatari e al momento, a quel che si sa, sospesi a seguito dell’intervento del nuovo assessore. Ovviamente tutti e tre gli "epurati", se del caso, potranno presentare ricorso, ma i provvedimenti, nella loro rozza illegittimità, sono immediatamente efficaci, a meno che, com'è auspicabile, non vengano revocati, mentre i tempi della giustizia sono quelli noti. Ed è in queste condizioni, con il personale disorientato e intimidito e gli uffici in disordine, che la soprintendenza nei prossimi mesi rischia di dover affrontare una serie di impegni di estrema delicatezza: discussione e approvazione del piano paesistico, pareri su lottizzazioni, villaggi e porti turistici, revisione del Prg, proposte di nuova delimitazione di aree protette, ed altro ancora.

"E quindi abbiamo deciso di sostituire il soprintendente..."

Quale sia stata l'intenzione della dirigenza dei Beni Culturali (per fortuna non condivisa, come ora sappiamo, dal nuovo assessore) è spiegato con chiarezza in un'intervista che il dirigente generale Giglione, firmatario del provvedimento, ha ritenuto di rilasciare[11]. Si tratta di un documento prezioso, in un certo senso rivelatore, e che merita citare e commentare per esteso.

«Non vogliamo che le soprintendenze diventino centri di potere, e laddove è necessario interverremo» - questo l'esordio - Le soprintendenze devono occuparsi della tutela, in osservanza delle leggi, ma non essere «freno fine a se stesso. La prima mossa è stata Siracusa, ma interverremo ovunque sia necessario, come stiamo già facendo altrove». A Siracusa, prosegue Giglione, «abbiamo notato una situazione strana, in merito alla mancata omogeneità del trattamento di alcune pratiche. E quindi abbiamo deciso di sostituire il soprintendente Beatrice Basile. Decisione che, non appena annunciata, ha scatenato un putiferio che ci ha convinto ancor più che qualcosa non andava. Quest'attaccamento eccessivo ai ruoli è stata per me la dimostrazione che occorreva cambiare rotta». Si può osservare che, se la soprintendente che sulla base di lettere anonime il dirigente di Palermo «aveva deciso di sostituire» avesse avuto, come la legge prevede, la possibilità di presentare le proprie osservazioni prima della sostituzione, si sarebbe chiarito che quella «mancata omogeneità» di trattamento semplicemente non esisteva. Quanto alle proteste (non da parte dell'interessata, che non ha aperto bocca fino a pochi giorni fa) ma di cittadini, personalità della cultura e associazioni del più vario orientamento, queste erano il minimo che ci si potesse attendere, dopo settimane di attacchi e di mobbing, a quell'annuncio. Evidentemente per l'ing. Giglione il fatto che associazioni e cittadini interessati alla difesa dei beni paesistici difendano il soprintendente che difende quei beni quando, proprio per tale ragione, viene attaccato e poi sospeso è la prova del nove che «qualcosa non va”! Quanto alla «rotazione» degli altri tre, per l'ing. Giglione essa «è un fatto amministrativo normale. D'altronde - sostiene - per i tre funzionari nulla cambia: stesso stipendio, stessa città”». Di che si lamentano, se lo stipendio corre uguale! E poi, aggiunge Giglione, «noi applichiamo la legge Severino e il piano anticorruzione che non è certo punitivo, bensì preventivo. Quello che può destare sospetto non è l'avvio di una rotazione, semmai l'eccessiva difesa di qualche permanenza». Pare di sognare: mentre si apprende che funzionari indagati con l'accusa di corruzione sono stati lasciati al loro posto per anni e anni (è esplosa da poco la vicenda, con tanto di arresti, di funzionari del servizio Via), altri che possono vantare solo premi e benemerenze e verso i quali nessun addebito di alcun genere è stato mosso, se non, se mai, da parte di politici indagati (loro sì!) per corruzione, vengono illegittimamente fatti "ruotare" prima dei termini previsti dalla stessa legge che s'invoca a sostegno, e per di più in presenza di un contratto già sottoscritto dal precedente dirigente generale! E attenzione, prosegue minacciando l'ing. Giglione, anche altre soprintendenze sono nel mirino. «A Siracusa come nel resto della Sicilia la soprintendenza è sempre un centro della gestione del potere locale. È normale che le decisioni degli uffici interferiscano con la costruzione di strutture ricettive, nascita di edifici eccetera. In un territorio cosi ricco di beni da tutelare, il ruolo della soprintendenza e dei suoi uomini diviene nevralgico. Nulla di personale contro nessuno, ma quando ci siamo accorti di pratiche espletate in maniera troppo veloce ed altre che languono, oppure iter autorizzati [sic] e altri fermi, abbiamo deciso di intervenire come la legge ci impone. Il nostro compito è garantire l'imparzialità e su questa scia continueremo. Un principio che è obbligo di legge». Peccato che la stessa indignazione che l’Assessorato manifesta per le pratiche a suo dire "troppo veloci" non l'abbia mostrata, per esempio, nei confronti del soprintendente Micali. Il quale ad esempio, unico firmatario di un’autorizzazione rilasciata in ventiquattr’ore, per un impianto fotovoltaico sul tetto dell’abitazione di un notabile di Augusta in pieno centro storico, d'altro verso aveva bloccato e tenuto fermo per mesi un parere già sottoscritto dal responsabile dell'unità operativa competente (guarda caso una degli epurati) facendo così scattare il silenzio-assenso, con conseguente successivo annullamento da parte del Tar del relativo provvedimento (guarda caso ancora, riguardante uno dei villaggi turistici che tanto stanno a cuore al partito del cemento) e alimentando, per altro vanamente, nuove aspettative circa l'edificabilità di quell'area[12].

Ma, a parte la critica per l'asserita eccessiva velocità, manca nell'intervista del dirigente ogni accenno ad addebiti concreti, a cominciare dalla famosa piscina. Le vere ragioni del provvedimento invece sono espresse poco appresso: «Non ho nulla di personale nei confronti dei dirigenti, che, tra l'altro, non conosco, così come nei confronti della dottoressa Basile: un'ottima archeologa, una grande professionista e di cui riconosco l'elevata professionalità. Il punto nodale è proprio questo: quando si parla di beni culturali e gestione, occorre comprenderne i ruoli. Un grande archeologo può lavorare meglio all'interno di un museo, per esempio, che alla guida di un ente amministrativo». Finalmente un po' di sincerità! Per i tecnici (archeologi e storici dell'arte) ci sono i musei, se ne stiano lì a catalogare i loro cocci e non piantino grane. Le decisioni che contano, quelle che possono "interferire", per esempio, con le "strutture ricettive" o la "nascita di edifici", non toccano a loro. L'ideale (lo si capisce dal paragone che Giglione fa poco dopo con sé stesso)[13] sarebbero degli amministrativi come lui, gente insomma che sa stare al mondo, intercambiabile e buona per tutte le stagioni e tutti gli incarichi. E se ancora a ciò non siamo arrivati e ci sono ancora dei tecnici fra i piedi (ma, Renzi aiutando, ci si arriverà), pazienza, si farà in modo che il soprintendente non sia scelto secondo il suo curriculum e i suoi meriti ma per le sue attitudini "pratiche" (a valutarle ci penserà l'ing. Giglione), e che possibilmente si occupi di qualcosa che non ha la minima attinenza con i beni che gli sono affidati. Che, per esempio, nella capitale della Magna Grecia non capiti, non sia mai, un archeologo, in modo da ridurre al minimo il rischio di "interferenze".

Con buona pace, a Siracusa, delle ombre di Paolo Orsi e di Luigi Bernabò Brea.

Oggi in Sicilia, domani in tutta Italia?

Come anticipato dallo stesso Giglione, Siracusa è solo un inizio. Si ha notizia dalla stampa di altri trasferimenti: per esempio di funzionari che ricoprivano "ruoli molto delicati" (gestione di fondi europei, tutela, gare di appalto) spostati di dipartimento alla Soprintendenza di Palermo. Anche in questo caso, almeno a detta dei loro rappresentanti sindacali, senza alcuna valida giustificazione[14].

Che d'altronde la piaga dei trasferimenti arbitrari dei tecnici in Sicilia non riguardi il solo settore dei Beni Culturali, è provato da una vicenda non meno scandalosa di quella della dottoressa Basile e dei suoi tre colleghi di Siracusa, anche se non con il pretesto ipocrita della lotta alla corruzione: l'allontanamento dal suo ufficio dell'ingegnere capo del Genio Civile di Messina, Gaetano Sciacca. La colpa, nel suo caso, è stata di essersi opposto con fermezza ad alcune ben individuate iniziative edilizie in un territorio martoriato dalle frane e dalle alluvioni e perennemente a rischio. Ciò gli ha valso l'ostilità implacabile del locale partito del cemento e la conseguente rimozione[15]. E purtroppo, anche in tale occasione, il "rivoluzionario" Crocetta ha dimostrato da che parte sta.

Ma da che parte stanno, a questo punto, devono dirlo tutte le persone coinvolte in questi episodi. A cominciare dal nuovo assessore ai Beni Culturali, il quale ha adesso la possibilità di porre rimedio a una situazione incresciosa di cui non porta la responsabilità. Da alcune sue recentissime dichiarazioni apprendiamo che, per fortuna, non condivide la filosofia "rotatoria" del suo dirigente generale. E, in particolare, non sembra condividere gli esiti di un provvedimento insieme ingiusto e odioso emanato, con irridente protervia, il giorno prima del suo insediamento. Ma, in questa occasione, gli si offre l'opportunità di fare qualcosa di assai più importante della correzione di un abuso. Quella di distinguersi da tutti i suoi predecessori e di fissare in via definitiva, meglio se attraverso atti di indirizzo e circolari e col supporto del Consiglio dei Beni Culturali, delle linee guida vincolanti riguardo alle nomine dei dirigenti, che le rendano effettivamente conformi alle leggi e alla Costituzione. E con riferimento non solo all'art. 9 ma anche all'art. 97, a tutela - come ammonisce, nella citata deliberazione, la Corte dei Conti - «della necessaria indipendenza di azione che la dirigenza deve possedere rispetto al decisore politico».

La rimozione dell'ing. Sciacca e quella, tentata, dei funzionari di Siracusa, infatti, richiama con forza proprio il tema dell'indipendenza dei dirigenti e, contestualmente, quello della corruzione, invocato così poco a proposito in quei provvedimenti. Come in tutti gli uffici, anche nelle soprintendenze la corruzione può farsi strada, e nelle forme più varie: magari solo accelerando l'iter di un pratica legittima o addirittura millantandone l'esito positivo, senza nemmeno intervenire, presso qualche postulante. Ciò certo può accadere. Ma chi conosce la dinamica degli appalti in Sicilia, ormai messo in luce da infinite inchieste giudiziarie, è in grado di ricostruire un meccanismo che si ripete con pericolosa regolarità: quello dell'impresa che si rivolge al politico del luogo perché si faccia "garante" del proprio progetto e ne spiani la strada, facilitandone l'iter presso tutti gli uffici interessati (comune, genio civile, soprintendenza, regione). Il corrispettivo, in molti casi, non è più la vecchia tangente, agevolmente tracciabile, ma una sorta di patrocinio informale, a volte monopolistico, sulle assunzioni di personale in quel complesso. Talché, ad esempio, accade che i poveri giovani in cerca di lavoro finiscono col presentare direttamente a quel politico, prima ancora che all'impresa, il proprio curriculum. Trattandosi di assunzioni da parte di privati, il fatto corruttivo sotto il profilo penale è difficilmente individuabile. Purtroppo questo fenomeno, triste e umiliante, è diffusissimo e può essere colto facilmente, a prima vista, dal semplice esame della provenienza geografica degli assunti in ciascun complesso, qualora questa venga a coincidere in prevalenza col bacino elettorale del politico in questione (il caso dei centri commerciali, anche a Siracusa, è illuminante). Naturalmente, perché il sistema funzioni, va assicurata la "benevolenza" degli uffici, e soprattutto che non ci sia il rischio che a qualche funzionario, diciamo, poco accomodante, salti in mente di mettersi di traverso. Ed è per questa ragione che proprio la "rotazione" dei funzionari, sulla carta intesa a limitare i fenomeni corruttivi, rischia di avere l'effetto opposto se applicata ad hominem e prima della scadenza degli incarichi (in via "preventiva", per usare le parole dell'ing. Giglione). Tanto più se contro funzionari che, non foss'altro per gli attacchi che hanno ricevuto e ricevono, danno prova di essere tutto meno che a rischio di corruzione!

Attenzione, infine. L'esternazione del direttore generale non è estemporanea. Ripete, a volte usando le identiche parole (le soprintendenze come "centro di potere", "freno", ecc.), concetti espressi negli ultimi mesi dal Presidente del Consiglio e dai suoi esegeti[16]. La differenza sta nel fatto che in Sicilia si è cercato di passare brutalmente dalle parole ai fatti. Come s'è detto all'inizio, in ciò si può scorgere una sorta di "prova generale". Dalla reazione che questa e analoghi conati susciteranno nel mondo della cultura e nella società civile dipenderà se saranno replicati in Italia[17]. I casi della dottoressa Basile e dell'ingegnere Sciacca non sono soltanto, quindi, gravi in sé, e non è solo per doverosa solidarietà verso funzionari integri e incolpevoli che vanno denunciati. Devono anche essere avvertiti come un pericoloso precedente e un campanello d'allarme.


Siracusa 2 dicembre 2014


[1] Ad es. La Sicilia, Ecco il valzer dei soprintendenti, 2 set. 2010. Ma anche, anni dopo, La Repubblica (Palermo), Beni culturali, valzer di soprintendenti, la Sgarlata sceglie sei donne su nove. Premiata l'area Crocetta, ecc., 25 ott. 2013.

[2] Ai sensi dell'art. 19, c. 1 del d.lgs. 165/2001 (ripreso quasi testualmente dal Contratto Collettivo Regionale di Lavoro del personale con qualifica dirigenziale, art. 33, comma 8), "ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute". Come di recente precisato dalla Corte dei Conti, ricade sull'amministrazione, quando si trova ad operare scelte discrezionali, l'obbligo di ancorarle a criteri oggettivi e fissati ex ante, "tali da poter formare oggetto di evidente riscontrabilità riguardo all’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico in gioco; interesse pubblico che si consustanzia nell’individuazione del più capace tra i diversi aspiranti". Ciò "a tutela, tra l’altro, della necessaria indipendenza di azione che la dirigenza deve possedere rispetto al decisore politico" (Deliberazione Sez. Reg. Controllo Lazio, n° 51/2012 Prev.). La prassi invalsa in Sicilia ripropone invece costantemente proprio quanto sopra denunciato, ossia scelte spesso fondate esclusivamente "ex intuitu personae" e sganciate, di fatto, da ogni parametro oggettivo. L'ulteriore specificazione rispetto alla normativa nazionale di cui all'art. 9, comma 1 della l. r. 10/00 sulla dirigenza ("applicando di norma il criterio di rotazione degli incarichi") ovviamente incoraggia quei comportamenti e ne aggrava gli effetti. Si consideri poi come la risoluzione anticipata dei contratti che ai sensi dell'art. 41, comma 1° del citato Contratto Collettivo potrebbe essere invocata solo “per motivate ragioni organizzative e gestionali” corra il rischio di essere adottata arbitrariamente, per esempio attraverso “riorganizzazioni” meramente strumentali o fittizie.

[3] T. Montanari, Azzerare tutti per colpirne una, Il Fatto Quotidiano, 13 ago. 2014 ; Id., Meno funzionari, più cemento, 10 set. 2014; G. A. Stella, Se il sovrintendente è difeso dal geometra, Corriere della Sera, 6 nov. 2013; Id., Bravi, scomodi, dunque rimossi, 8 nov. 2014.

[4] Quest'ultimo sarà opportunamente ridimensionato proprio ad opera della dottoressa Alessandra Trigilia (uno dei tre funzionari poi rimossi) e della soprintendente Basile. Si veda, per qualche dettaglio, G. A. Stella, Quel «no» alla speculazione che costa 200 milioni, Corriere della Sera, 9 giu. 2012.
La storia, ancora da scrivere, dei tanti progetti di porti turistici a Siracusa, succedutisi caoticamente a partire dagli anni '70 e tutti abortiti (spesso per contrasti fra i rispettivi referenti politici), testimonia nel modo più chiaro l'inconcludenza e l'incapacità progettuale delle sue classi dirigenti.

[5] Il parere di massima (favorevole ma con prescrizioni) della dottoressa Trigilia l'11 lug. 2013 fu avocato dallo stesso soprintendente Micali, «vista la scadenza dei termini istruttori e la necessità di non prorogare i termini anche per aspetti economici e occupazionali del settore edile» (!), con esito positivo e senza le prescrizioni.

[6] Cf. Montanari, Azzerare, cit.

[7] Pubblicamente lo farà solo parecchio dopo, si veda la sua intervista del 18 nov. 2014, Livesicilia.it.

[8] La Repubblica (Palermo), 24 lug. 2014; ivi la smentita dell'on. Gianni.

[9] «Crocetta ha convocato a Palazzo d'Orleans il dirigente generale del Dipartimento Beni Culturali, Rino Giglione, per avviare la rotazione di tutto il personale (!) in servizio alla Sovrintendenza di Siracusa», La Sicilia, 15 set. 2014.

[10] Cf. C. Maiorca, Sovrintendenza Siracusa, Purpura e i funzionari anti-cemento rimossi, L'Oraquotidiano.it, 12 nov. 2014

[11] I. Di Bartolo, Soprintendenze, intervenuti di fronte a pratiche molto veloci a fronte di altre che languono, La Sicilia, 14 nov. 2014.

[12] Accolto il ricorso. Ognina, villaggio turistico. Il Tar: "Si può costruire", La Sicilia, 25 ott. 2014. E invece, con buona pace de La Sicilia, non si può costruire! Il Tar ha sì annullato, e non poteva fare altrimenti giusta l'oscena legge sul silenzio-assenso, quel parere "imboscato" dal soprintendente e giunto fuori tempo, ma restano ferme le prescrizioni del piano paesistico e soprattutto la successiva Valutazione d'impatto ambientale, che di quelle, del parere della soprintendenza e di altre norme comunitarie sovraordinate non potrà non tenere conto.

[13] «Io stesso ho ricoperto vari incarichi tra gli uffici regionali, non vedo nulla di strano nella mobilità».

[14] La soprintendenza di Palermo, a corto di personale, avrebbe inoltrato diversi atti di interpello, cf. Sicilia: governo, personale e pasticci: Dipendenti spostati senza riflettere, Blogsicilia.it, 14 nov. 2014.

[15] G. A. Stella, Rimosso l'ingegner Sciacca che voleva salvare Messina. Qui costruiscono sulle frane. Da capo del Genio civile al Comune bloccò palazzi di 8 piani su crinali a rischio, Corriere della Sera, 20 ott. 2014.

[16] Illuminante in proposito la lettura dello sciagurato articolo-manifesto di Giovanni Valentini, Tutti i no delle soprintendenze che ostacolano i tesori d'Italia, La Repubblica, 9 mar. 2014, apparso, non certo per caso, alla vigilia dell'insediamento del governo Renzi: «Le soprintendenze - ha detto allora il neopresidente del Consiglio - sono un potere monocratico che non risponde a nessuno, ma passa sopra a chi è eletto dai cittadini». E ancora: «Troppo spesso, in realtà, le soprintendenze diventano fattori di conservazione e protezionismo in senso stretto, cioè di freno e ostacolo allo sviluppo, alla crescita del turismo e dell'economia. Oppure, in qualche caso, centri di potere personale. La Penisola è piena... di opere bloccate o incompiute, a causa di ritardi, pastoie e lungaggini burocratiche, ecc.». Che antenne sensibili hanno i dirigenti generali!

[17] Da segnalare, a Siracusa, lo sconsolato - e ahimè tardivo - intervento dell'ex soprintendente Giuseppe Voza: Così la politica regionale sta snaturando i beni culturali, La Sicilia, 19 nov. 2014.




* Articolo tratto da http://www.eddyburg.it/2014/12/soprintendenze-e-tentativi-di.html

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