In
un volume fresco di stampa testimonianze inedite dello scrittore e di un suo compagno
di prigionia. Ne riprendiamo una pagina.
Primo Levi
Capirete cosa è il contagio del male
Pensate: non più di venti anni fa, e nel cuore di questa civile Europa, è stato sognato un sogno demenziale, quello di edificare un impero millenario su milioni di cadaveri e di schiavi. Il verbo è stato bandito per le piazze: pochissimi hanno rifiutato, e sono stati stroncati; tutti gli altri hanno acconsentito, parte con ribrezzo, parte con indifferenza, parte con entusiasmo. Non è stato solo un sogno: l’impero, un effimero impero, è stato edificato: i cadaveri e gli schiavi ci sono stati. […]
Ma c’è stato anche di più e di peggio: c’è stata la dimostrazione spudorata di quanto facilmente il male prevalga. Questo, notate bene, non solo in Germania, ma ovunque i tedeschi hanno messo piede; dovunque, lo hanno dimostrato, è un gioco da bambini trovare traditori e farne dei sàtrapi, corrompere le coscienze, creare o restaurare quell’atmosfera di consenso ambiguo, o di terrore aperto, che era necessaria per tradurre in atto i loro disegni.
Tale è stata la dominazione tedesca in Francia, nella Francia nemica di sempre; tale nella libera e forte Norvegia; tale in Ucraina, nonostante vent’anni di disciplina sovietica; e le medesime cose sono avvenute, lo si racconta con orrore, entro gli stessi ghetti polacchi: perfino entro i Lager. È stato un prorompere, una fiumana di violenza, di frode e di servitù: nessuna diga ha resistito, salvo le isole sporadiche delle Resistenze europee.
Negli stessi Lager, ho detto. Non dobbiamo arretrare davanti alla verità, non dobbiamo indulgere alla retorica, se veramente vogliamo immunizzarci. I Lager sono stati, oltre che luoghi di tormento e di morte, luoghi di perdizione. Mai la coscienza umana è stata violentata, offesa, distorta come nei Lager: in nessun luogo è stata più clamorosa la dimostrazione cui accennavo prima, la prova di quanto sia labile ogni coscienza, di quanto sia agevole sovvertirla e sommergerla.
Non stupisce che un
filosofo, Jaspers, ed un poeta, Thomas Mann, abbiano rinunciato a
spiegare l’hitlerismo in chiave razionale, ed abbiano parlato, alla
lettera, di «dämonische Mächte», di potenze demoniache.
Su questo piano acquistano senso molti particolari, altrimenti sconcertanti, della tecnica concentrazionaria. Umiliare, degradare, ridurre l’uomo al livello dei suoi visceri. Per questo i viaggi nei vagoni piombati, appositamente promiscui, appositamente privi d’acqua (non si trattava qui di ragioni economiche).
Per questo la stella
gialla sul petto, il taglio dei capelli, anche alle donne. Per questo
il tatuaggio, il goffo abito, le scarpe che fanno zoppicare. Per
questo, e non la si comprenderebbe altrimenti, la cerimonia tipica,
prediletta, quotidiana, della marcia al passo militare degli
uomini-stracci davanti all’orchestra, una visione grottesca più
che tragica.
Vi assistevano, oltre ai
padroni, reparti della Hitlerjugend, ragazzi di 14-18 anni, ed è
evidente quali dovevano essere le loro impressioni. Sono questi,
dunque, gli ebrei di cui ci hanno parlato, i comunisti, i nemici del
nostro paese? Ma questi non sono uomini, sono pupazzi, sono bestie:
sono sporchi, cenciosi, non si lavano, a picchiarli non si difendono,
non si ribellano; non pensano che a riempirsi la pancia. È giusto
farli lavorare fino alla morte, è giusto ucciderli. È ridicolo
paragonarli a noi, applicare a loro le nostre leggi.
Allo stesso scopo di avvilimento, di degradazione, si arrivava per altra via. I funzionari del campo di Auschwitz, anche i più alti, erano prigionieri: molti erano ebrei. Non si deve credere che questo mitigasse le condizioni del campo: al contrario. Era una selezione alla rovescia: venivano scelti i più vili, i più violenti, i peggiori, ed era loro concesso ogni potere, cibo, vestiti, esenzione dal lavoro, esenzione dalla stessa morte in gas, purché collaborassero.
Collaboravano: ed ecco,
il comandante Höss si può scaricare di ogni rimorso, può levare la
mano e dire «è pulita»: non siamo più sporchi di voi, i nostri
schiavi stessi hanno lavorato con noi. Rileggete la terribile pagina
del diario di Höss in cui si parla del Sonderkommando, della squadra
addetta alle camere a gas e al crematorio, e capirete cosa è il
contagio del male.
La Stampa – 21 gennaio
2015
Primo Levi- Leonardo
De Benedetti
Così fu Auschwitz
Einaudi, 2015
13 euro
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RispondiEliminaancora grazie, una pagina preziosa per una riflessione didattica
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