E' positiva la reazione della grande stampa d'informazione alla norma che cancellerebbe di fatto la condanna di Berluscomi, ma è stupefacente che una volta individuata la natura vergognosa dell’errore non si risalga ancora alla sua fonte che ha un nome preciso: si chiama il Patto del Nazareno
QUEL PATTO CHE TUTTO INQUINA
di Alberto Asor Rosa
Sono stato colpito, — per una volta molto positivamente, — dalle reazioni della grande stampa d’informazione e di una parte di quella televisiva (quella libera, naturalmente) di fronte al caso della norma che depenalizza sotto una certa soglia le frodi fiscali, — passata ormai universalmente alla storia come il comma del 3%, che, una volta approvato, avrebbe restituito a Silvio Berlusconi il pieno esercizio dei suoi diritti politici e civili (valgano, per tutti gli altri, articoli esemplari come quelli di Antonio Polito sul Corriere della sera del 6 gennaio e di Claudio Tito su la Repubblica del 7). Continua invece a sorprendermi, — anzi, a questo punto, dopo tali prese di posizioni libere e severe, mi sorprende ancora di più, — che, una volta individuata la natura clamorosa (e, diciamolo pure, vergognosa) dell’errore (errore?), non si risalga ancora alla fonte dell’errore. Tale fonte ha un nome preciso, e non è molto difficile scovarla e descriverla: si chiama il Patto del Nazareno.
Non è solo sugli aspetti etico-politici di tale scelta che vorrei richiamare l’attenzione: se Silvio Berlusconi, dopo condanne ed espulsioni esemplari dal Parlamento, è stato recuperato ad un pressoché pieno agire politico, e alla sua dimensione di Capo influente e dialogante (non a caso, gli incontri si sono svolti nella sede nazionale del Pd, da cui quel nome pieno di fascino, come dire, ecumenico), lo si deve non alla misura agevolante del 3%, ma, appunto, al Patto del Nazareno (causa persino, a voler essere più realisti del re, di una mortificazione eccessiva per gli alleati di Governo, il Ncd, che almeno se n’erano andati dal Padre Padrone, sbattendo la porta).
E non è neanche perché, a voler essere più precisi di quanto le stesse prese di posizioni critiche, ben positive e ben arrivate, di questi giorni non dimostrino, cosa ci sia davvero nel Patto del Nazareno nessuno di noi lo sa (potrebbero esserci dieci, venti 3%, ed è ipotizzabile che da un certo momento in poi neanche tali e anche più robuste proteste riuscirebbero più a sbarrare la strada al nostro, per tutti i versi anomalo, Presidente del Consiglio).
Ma perché il Patto del Nazareno ha sconvolto e inquinato, e sempre più inquinerà, tutte le modalità (“modalità”, dico, persino indipendentemente dai contenuti concreti delle singole proposte e delle singole leggi) della vita politica e civile italiana: strappando brutalmente al Parlamento le sue prerogative; umiliando, e alla fine persino distruggendo, l’unica forza politica, il Pd, che fino alle ultime elezioni sembrava (sia pure minimamente) in grado, con il consenso degli italiani, di tirare il paese fuori da questa melma; prefigurando (v. la prossima legge elettorale, l’Italicum) un cammino sempre più autoritario e sempre più sbilanciato a destra della nostra vita nazionale; vanificando pubblicamente, dopo gli utili sforzi dell’Autorità giudiziaria e del Parlamento, la barriera, che dovrebbe essere invalicabile, fra vita pubblica e corruzione.
Ora, è chiedere troppo che, dopo essersi pronunciati quanto mai opportunamente sul famoso 3% ci si pronunci sul Patto del Nazareno? Un’occasione più grande per farlo, più grande di qualsiasi altra, ci sta venendo incontro a passi da gigante: l’elezione del Presidente della Repubblica. La domanda è: si può accettare che il nuovo presidente della Repubblica nasca dall’accordo consensuale del (cosiddetto) centro-sinistra con… con… (molti appellativi vengono in mente, ma tanto nomini nullum par elogium) con Silvio Berlusconi? Non è problema di nomi (di cui si fa un dispendio senza limiti, forse per nascondere, per nascondersi, il vero nocciolo del problema). Infatti: chiunque salisse al Quirinale sulla base di tale accordo ne uscirebbe irrimediabilmente infangato per tutto il corso del suo mandato: sarebbe sempre, e in tutte le condizioni, sottoposto al ricatto del 3%, o a uno dei molti altri possibili ricatti del 3%, che allignano nel brodo di coltura del Patto del Nazareno. Non sarebbe dunque il caso di spostare l’attenzione su questa tematica, che, diversamente dall’altra non è episodica ma decisiva.
Il manifesto, 11 gennaio 2015
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