Ieri sera è andato in onda su Rai 3 il film di Margarethe Von Trotta dedicato ad Hannah Arendt. Di sicuro qualche studioso della Arendt lo avrà trovato deprecabile, e di certo in rete ci saranno critiche feroci.
Tutto può essere. Resta il fatto che il film ha il merito di gettare luce su una vicenda umana ancora prima che intellettuale davvero straordinaria. Il film è tutto sul processo a Eichmann e sul lavoro che alla Arendt venne commissionato dal New Yorker, da cui nascerà "La banalità del male". E sulle conseguenze che ciò ebbe sulla sua vita. Ma, come sanno bene gli studiosi di filosofia politica, il pensiero di Hannah Arendt ha prodotto molto altro: "Le origini del totalitarismo", "La disobbedienza civile", "Ebraismo e modernità", "La vita della mente" (un grande libro tradotto dal Mulino), "Il futuro alle spalle" (1981), "Vita Activa" (tradotto da Bompiani, con una bella introduzione di Alessandro Dal Lago). Un'opera tutta da studiare, un esempio di lucidità politica nell'analisi, di cui le posizione sul caso Eichmann sono soltanto il punto più noto. Un pensiero, quello di Hannah Arendt, che come ha scritto Dal Lago ha prodotto "una teoria libertaria dell'azione nell'epoca del conformismo sociale". Mica poco insomma,
Chissà che cosa scriverebbe oggi Hannah Arendt, l'ebrea tedesca esiliata in America che si sentì sempre apolide, di Israele e della Palestina.
Rivista il Mulino
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