Tra qualche giorno si svolgerà a Torino un processo contro Erri De Luca, rinviato a giudizio per istigazione a
delinquere. Lo scrittore è accusato di avere incitato al sabotaggio del
cantiere della Torino-Lione, in Valle di Susa, in alcune interviste. In "La parola contraria" (Fetrinelli),
l'intellettuale difende il diritto
ad essere contro la TAV, considera legittime
le dichiarazioni a favore delle azioni
contro i cantieri in Valsusa e ironizza
sulla rediviva accusa di essere un "cattivo maestro"
Erri De Luca, pamphlet dello
scrittore imputato per frasi su sabotaggio Tav
Le frasi incriminate risalgono a un’intervista all’Huffington Post del primo settembre 2013, seguita alle dichiarazioni dell’allora procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli sugli intellettuali che “sottovalutano pericolosamente l’allarme terrorismo” in Valsusa. “La Tav va sabotata”, replicava lo scrittore nell’intervista. “Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo”. Il riferimento era a due ragazzi fermati il giorno prima mentre trasportavano in macchina moltov, maschere antigas, fionde, chiodi e, appunto cesoie. Materiale, secondo gli investigatori, destinato ad azioni contro i cantiere della contestatissima linea ferroviaria ad alta velocità. E alla domanda sulla liceità di “sabotaggi e vandalismi”, De Luca rispondeva: “Sono necessari per far comprendere che la Tav è un’opera nociva e inutile”. E ancora: “Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l’unica alternativa”. Da qui la denuncia alla Procura di Torino da parte della Ltf, la società italo-francese che gestisce l’opera, firmata dal direttore generale Marco Rettighieri.
Il tema
è tornato recentemente alla ribalta con gli
incendi alle centraline della linea ad alta velocità a Bologna il 23 dicembre,
con conseguenti pesanti ritardi nella circolazione dei treni, un “salto di
qualità” rispetto al danneggiamento di cantieri di una linea al
momento inerte come quella della val Susa. Lo stesso Caselli è tornato a
sottolineare, su Il Fatto Quotidiano del 27 dicembre, “le spregiudicate
teorizzazioni secondo le quali i reati di sabotaggio contro il cantiere Tav di
Chiomonte non sarebbero da condannare, ma anzi giustificabili e persino
encomiabili”. Perché, rimarca il magistrato oggi in pensione, “tutti i reati
sono da condannare”, a meno di non “piegarsi all’idea terribilmente
berlusconiana di una giustizia à la carte“. Per concludere: con la
“storia dei compagni che sbagliano abbiamo già dato negli anni Settanta”.
Così,
nell’imminenza del processo, con “La parola contraria” Erri De Luca ripropone
l’eterno dibattito sui confini della libertà d’opinione, sul
discrimine tra legalità e protesta politica, sul
rapporto tra intellettuali e movimenti. “Se dalla parola pubblica di uno
scrittore seguono azioni, questo è un risultato ingovernabile e fuori dal suo
controllo”, scrive De Luca, che nelle pagine del pamphlet mette in
discussione il concetto stesso di “istigazione” alla base del reato che lo vede
imputato, e che prevede pene da uno a cinque anni di reclusione. E
anzi confessa l’aspirazione ad accomunarsi a George Orwell,
che con il suo “Omaggio alla Catalogna” sugli anarchici nella guerra di Spagna
“mi ha spostato la direzione della vita”. Questa è “l’istigazione alla quale
aspiro”, nei confronti di una lotta, quella dei No Tav in Valsusa, “diffamata e
repressa”. E nel contempo sfida i pm di Torino, Andrea Padalino e Antonio
Rinaudo, a dimostrare un nesso causale tre le sue dichiarazioni
all’Huffington Post e concreti episodi di danneggiamento. Una petizione
politica più che giuridica, dato che secondo il codice penale la contestazione
dell’istigazione a delinquere non richiede che qualcuno sia poi passato
effettivamente all’azione.
“Se dalla
parola pubblica di uno scrittore seguono azioni, questo è un risultato
ingovernabile e fuori dal suo controllo”
“Dopo la
fabbricazione dei fazzoletti di carta le persone si sono soffiate il naso.
E prima?”, ironizza De Luca, che fa altrettanto sulla rediviva accusa
di essere un “cattivo maestro”, rivendicando al contrario il suo passato
scolastico da “cattivo allievo”. “Se avessi inteso il verbo sabotare in senso
di danneggiamento materiale, dopo averlo detto sarei andato a
farlo”. Nell’aula del tribunale di Torino il 28 gennaio 2015 “non sarà in
discussione la libertà di parola”, conclude. “Quella ossequiosa è sempre libera
e gradita. Sarà in discussione la libertà di parola contraria, incriminata per
questo”.
Da Il Fatto Quotidiano del 8 gennaio 2015
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