18 gennaio 2015

L' USO POLITICO DELLA STORIA



Della storia si è sempre fatto un uso politico. E non bisogna pensare che si tratti di un costume affermatosi negli ultimi tempi. Fin dall'antichità, da Tucidide a Erodoto, da Cesare a Tacito la storia è stata scritta  e  usata dai vincitori. Si è arrivati persino a  inventare o falsificare i documenti. Esemplere rimane, per tutte, la storia dell'imperatore Costantino usata dalla Chiesa Cattolica per legittimare il suo potere temporale. Son passati secoli, infatti, prima che un filologo come Lorenzo Valla  dimostrasse la falsità  della cosiddetta "Donazione di Costantino" . (fv)



Luca Kocci

La fede inventata dell’imperatore

L'imperatore Costan­tino, la sua con­ver­sione al cri­stia­ne­simo, la bat­ta­glia di Ponte Mil­vio, l’Editto di Milano costi­tui­scono uno dei più riu­sciti modelli di «uso pub­blico della sto­ria», per ripren­dere l’espressione di Nicola Gal­le­rano. Un pro­cesso con cui – scri­veva Gal­le­rano nel volume Le verità della sto­ria. Scritti sull’uso pub­blico del pas­sato, mani­fe­sto­li­bri –, mediante i mezzi di comu­ni­ca­zione di massa, la scuola, i monu­menti si pro­muove una «let­tura del pas­sato pole­mica nei con­fronti del senso comune sto­rico o sto­rio­gra­fico» e si usa la sto­ria per la bat­ta­glia politica.

Com­plice l’anniversario numero 1.700 della pro­mul­ga­zione di quello che è spesso chia­mato Editto di Milano, il 2013 appena con­cluso è stato costel­lato di ini­zia­tive per cele­brare la ricor­renza dell’evento dell’anno 313. Mostre, fran­co­bolli, pub­bli­ca­zioni, numeri spe­ciali di rivi­ste anche a grande tira­tura, tra­smis­sioni tele­vi­sive che hanno con­tri­buito a raf­for­zare nell’immaginario col­let­tivo con­vin­zioni tanto acqui­site quanto sto­rio­gra­fi­ca­mente errate, ovvero che la bat­ta­glia di Ponte Mil­vio fra Costan­tino e Mas­sen­zio fu vinta gra­zie ad un sogno-visione e che a Milano fu pro­mul­gato un editto.

Arriva allora oppor­tuna la pub­bli­ca­zione di Costan­tino e le sfide del cri­stia­ne­simo. Tracce per una dif­fi­cile ricerca, curata da Sta­ni­slaw Ada­miak e Ser­gio Tan­za­rella (Il Pozzo di Gia­cobbe, pp. 288, euro 23). Un volume col­let­tivo corag­gioso per­ché nato all’interno di un «libero semi­na­rio» di sto­ria della Chiesa tenuto nell’università Gre­go­riana, ate­neo pon­ti­fi­cio retto dai gesuiti, uno dei «tem­pli» della cul­tura cat­to­lica, a cui hanno par­te­ci­pato gio­vani sto­rici pro­ve­nienti da decine di nazioni, per lo più extra-europee.

E que­sta è stata una delle con­di­zioni che ha reso pos­si­bile la rea­liz­za­zione di una ricerca non viziata da pre­giu­dizi roma­no­cen­trici. L’altra, neces­sa­ria in ogni ricerca, è il ritorno rigo­roso alle fonti, per disin­ne­scare «i mec­ca­ni­smi di un uso pub­blico della sto­ria del cri­stia­ne­simo e dei masche­ra­menti del potere che ha costruito la figura di un Costan­tino cri­stiano al quale Dio con­cede potere e pro­te­zione a comin­ciare da un campo di bat­ta­glia fino all’indizione di un Con­ci­lio». Il risul­tato è un libro che pro­ble­ma­tizza la que­stione costan­ti­niana, libe­rando il campo da sem­pli­fi­ca­zioni e fal­si­fi­ca­zioni attorno ai nodi più discussi della vicenda di Costantino.

Come appunto l’Editto di Milano del 313, erro­nea­mente con­si­de­rato il primo prov­ve­di­mento di tol­le­ranza per i culti – fra cui il cri­stia­ne­simo –, poi­ché già due anni prima, a Nico­me­dia, l’imperatore Gale­rio, aveva ema­nato un prov­ve­di­mento gra­zie al quale il cri­stia­ne­simo era diven­tato «reli­gione lecita». Che a Milano sia stato pro­mul­gato un editto è dub­bio, in ogni caso non dal solo Costan­tino: a Milano si sono incon­trati i due «augu­sti» dell’epoca, Costan­tino e Lici­nio, per discu­tere que­stioni rela­tive «al rispetto della divi­nità», suc­ces­si­va­mente diven­tate norme che hanno assi­cu­rato ai cri­stiani la libertà reli­giosa e la resti­tu­zione dei luo­ghi di culto con­fi­scati. Del resto dell’Editto non esi­ste alcun testo, ma solo una let­tera inviata al gover­na­tore della Biti­nia da Lici­nio dopo il suo arrivo a Nico­me­dia nel giu­gno 313 in cui si fa rife­ri­mento alle deci­sioni di Milano.



La vit­to­ria finale di Costan­tino, secondo la dina­mica per cui la sto­ria viene scritta dai vin­ci­tori (le fonti prin­ci­pali sono Euse­bio e Lat­tan­zio, cri­stiani e costan­ti­niani), ha oscu­rato la figura di Lici­nio. Ed essendo Costan­tino il primo impe­ra­tore ad optare per il cri­stia­ne­simo, la legi­sla­zione del 313 e suc­ces­siva – che, fra l’altro, con­ce­deva al clero l’esenzione dal paga­mento delle tasse – si è andata con­fi­gu­rando come primo editto di tol­le­ranza del primo impe­ra­tore cristiano.

Altri due nodi, cor­re­lati fra loro: il sogno-visione di Costan­tino alla vigi­lia della vit­to­riosa bat­ta­glia di Ponte Mil­vio del 312, la con­ver­sione e il bat­te­simo dell’imperatore. Le ver­sioni di Euse­bio e Lat­tan­zio non coin­ci­dono: Costan­tino viene avver­tito in sogno di segnare sugli scudi dei suoi sol­dati il nome di Cri­sto, ma ha anche una visione della croce con la scritta Hoc signo vic­tor eris (con que­sto segno sarai vin­ci­tore).

Nelle fonti non cri­stiane si segnala però che due anni prima lo stesso Costan­tino, in Gal­lia, ebbe una visione diversa: non del Dio cri­stiano, ma del pagano Sol invic­tus accom­pa­gnato da tre X, i suc­ces­sivi tre decenni di regno. Evi­dente quindi una cri­stia­niz­za­zione a poste­riori dell’apparizione pagana. Avva­lo­rata dal fatto che nell’Arco di Costan­tino, suc­ces­sivo alla bat­ta­glia di Ponte Mil­vio ma pre­ce­dente ai testi di Lat­tan­zio ed Euse­bio, non vi è alcun rife­ri­mento al Dio cri­stiano, bensì diverse divi­nità pagane e la gene­rica iscri­zione di una vit­to­ria instinctu divi­ni­ta­tis (per ispi­ra­zione di una divi­nità).

Così come non vi è alcuna evi­denza sto­rica della con­ver­sione di Costan­tino, che peral­tro sarebbe stato bat­tez­zato a Nico­me­dia poco prima della sua morte nel 337 e non al Late­rano da papa Sil­ve­stro. Chiaro il dise­gno poli­tico: raf­for­zare il papato e pre­pa­rare la strada alla (falsa) Dona­zione di Costan­tino – l’imperatore con­ver­tito con­ce­deva al papa il potere sull’Italia –, fon­da­mento del potere tem­po­rale e dello Stato pon­ti­fi­cio. Più che alla fede cri­stiana, allora, quella di Costan­tino è una con­ver­sione alla Chiesa, alleata dell’impero e utile al con­so­li­da­mento del pro­prio potere.

Il Manifesto – 7 marzo 2014

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