Per tutta l’esistenza ti avrò,
fragilità,
nella stanchezza ardente del mio sangue.
Mi sei venuta accanto colla promessa viva di un’aurora,
sconvolgendomi il sangue
come un grande tesoro che si potrà conoscere e possedere fino a sazietà.
Racchiudevi un mistero di dolore e di gioia profonda, sconosciuta.
Oh un attimo solo di te e mi saresti stata per la vita un ricordo di sogno.
Ma non ti sei svelata.
Hai saputo il tuo gioco.
Sei ritornata a un tratto in mezzo al mondo
rinascondendo in te il segreto degli occhi arrovesciati,
della tua bellezza più grande,
dell’attimo che gioia e sofferenza si fanno un solo brivido.
Mi hai strappate le lacrime dal cuore.
E da quel giorno buio
dinanzi al tuo ricordo
per tutta l’esistenza dovrò soffrire ancora la febbre del mistero che ho perduto.
Cesare Pavese
[2 agosto 1928]
da “Prima di «Lavorare stanca» 1923-1930″, in “Cesare Pavese, Le poesie”, Einaudi Editore, 1998
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