Lo scrittore che capì
il lato agro del boom e denunciò il consumismo prima di Pasolini
Piersandro Pallavicini
Bianciardi, la vita a colpi di dinamite
Alla fine del 2014 il rapper americano Kanye West ha pubblicato «Only One», singolo realizzato insieme a Paul McCartney. Il brano ha venduto bene su i-tunes, ma è diventato un caso mediatico per altri motivi. Su Twitter, i fan di Kanye West, ragazzi americani poco più che adolescenti, sparavano sentenze in 140 caratteri il cui succo era: questo signor McCartney dovrà ringraziare a vita il grande Kanye West per averlo lanciato! Potete immaginare la reazione di chi ha dai 50 anni in su, e che non ha mancato di far sentire la propria voce scandalizzata sui social network.
Ma è così, la memoria
non si travasa automaticamente da generazione a generazione. E se c’è
bisogno di spiegare chi è Sir Paul McCartney, figuriamoci Luciano
Bianciardi. Quindi sì, se avete più di cinquant’anni lo scrittore
della Vita Agra è probabilmente tra i vostri autori di formazione,
ma per un lettore trentenne o ventenne chissà.
Dunque anziché storcere il naso («un’altra cosa su Bianciardi?!”») diamo il benvenuto a questo piccolo, delizioso libro delle Edizioni Clichy, curato da Gian Paolo Serino. Come per tutta la collana Sorbonne, Il precario esistenziale si compone di una trentina di pagine introduttive del curatore, una cronologia, fotografie di Bianciardi, estratti dalle sue opere e una bibliografia essenziale.
Con il gusto per le
curiosità letterarie che lo contraddistingue, Serino costruisce un
ritratto dello scrittore che piacerà anche al lettore più
affezionato: perché insegue le opinioni meno note di Bianciardi, le
pieghe nascoste dei suoi libri, le curiosità tra le sue righe.
Iniziando, per dire del tono, con una prima pagina così: «Quanti
sanno […]» scrive Serino parlando della Vita Agra «che ad esempio
Henry Miller è uno dei personaggi del romanzo?». Quanti sanno che
«il Torracchione» - che nel romanzo il protagonista vuole abbattere
a colpi di dinamite - non è, come quasi tutti sostengono, il
Pirellone di Milano, ma la Torre Galfa, sede della Montedison?».
Bianciardi si spostò da Grosseto a Milano nel 1954, dopo il dramma - che visse dal vivo - dell’esplosione nella miniera di Ribolla, e giusto in tempo per partecipare all’avventura della nascente casa editrice Feltrinelli. Non amò mai Milano. L’alienazione del consumismo, la stentatezza dei rapporti umani, l’affanno del lavoro, l’incubo del telefono e dei «teletafanatori» che non danno pace li visse sulla propria pelle e fu tra i primi a raccontarli.
Non poteva non trovar
pace, dunque, nelle isole di pensiero «a-parte», negli sguardi sul
mondo prostrati come il suo. Enzo Jannacci, per esempio, per il quale
firma le note di copertina del primo LP, «La Milano di Enzo
Jannacci», e di cui diventa amico, e sul quale realizza, per la RAI,
una docu-fiction, come racconta Serino nel capitolo «Bianciardi a 33
giri: Jannacci e Celentano».
Già, perché del Molleggiato lo scrittore di Grosseto – scrive Serino, citando Bianciardi – intuisce la valenza ideologica del «sorriso celentanoide, espressione emblematica del neoqualunquismo neocapitalista». E prevede che avrebbe un giorno lanciato «una filosofia totale intervenendo nei dibattiti come un intellettuale accreditato».
E poi ci vengono
raccontate le intuizioni su Mike Bongiorno prima di Eco, quelle sul
consumismo prima di Pasolini. In questo florilegio, però – non
potrebbe essere altrimenti – c’è anche il Bianciardi che gli
ultracinquantenni meglio ricordiamo. Come dimenticarlo, d’altronde?
Come sfuggire al magnetismo del maledetto, dell’anarchico,
dell’intellettuale coerente che è in noi (ma che difficilmente
tiriamo fuori) e che è finito nelle grandi pagine della Vita Agra e
dell’Integrazione?
Il catalogo dei Beatles è
stato rieditato più e più volte, ma pure quello di Bianciardi:
qualche anno fa da Bompiani, di recente da Feltrinelli, e poi ci sono
gli Antimeridiani curati dalla figlia Luciana e usciti per ISBN. Come
per i giovani fan di Kanye West con Paul McCartney: questo piccolo
intrigante libro può far scoprire ai giovani lettori che Luciano
Bianciardi è esistito, e che tipo era. Poi la bibliografia è lì,
meravigliosa, sterminata, tutta da leggere.
La Stampa Tuttolibri –
28 febbraio 2015
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