L’arresto
del Presidente dalla Camera di Commercio di Palermo, Roberto Helg, colto in
flagranza di reato mentre incassa una tangente, è l’ennesima conferma del fatto
che corruzione e mafia continuano ad essere i tratti distintivi della classe
dirigente nazionale.
D’altra
parte il caso Helg segue scandali nazionali ancora più gravi. Ricordiamo per tutti il parziale
scoperchiamento della cupola romana,
in cui risultano coinvolti pezzi da novanta di diversi enti e
istituzioni, le tangenti pagate per i lavori dell’ expo
milanese e del mose veneto,
i recenti disastri ambientali in Liguria e in Emilia Romagna, la triste storia della terra dei fuochi , e potremmo continuare all'infinito.
Purtroppo sembra che gli italiani abbiano la memoria
corta e dimenticano presto tutto. La maggioranza del popolo è talmente
assuefatta e sfiduciata oggi da non credere più nella possibilità del
cambiamento di questo stato di cose.
La classe
dirigente, d’altra parte, ha sempre confidato anche su questo ed essendo dotata
anche di uno stomaco (oltre che della faccia) di ferro digerisce tutto.
A futura
memoria, comunque, ricordiamo di seguito alcuni documenti, relativi al tema, precedentemente
pubblicati su questo blog:
Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia, oggi (6 marzo 2015) su La Repubblica, replicando al giornalista Attilio Bolzoni che lamentava il silenzio della DIA sui rapporti delle mafie con la politica, ha sostenuto che, nella recente Relazione di 727 pagine della Direzione Nazionale Antimafia, un intero capitolo è dedicato alla corruzione e alla evoluzione della criminalità mafiosa proprio attraverso i suoi rapporti con esponenti politici e istituzionali corrotti. In altre parti della stessa Relazione, con riferimento ai radicamenti delle mafie al Nord e l’indagine ancora in corso su “Mafia Capitale”, si riconosce il carattere ormai sistemico del malaffare, visti “ l’articolato e diffuso sistema corruttivo, una penetrazione criminale in alcuni dei più importanti settori istituzionali, nonché il controllo criminale di imprese” (La Repubblica, 6 marzo 2015, pag. 36)
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