Da http://cedocsv.blogspot.it/ questa mattina prendo un pezzo che fa davvero pensare:
A Genova i lavoratori
della Piaggio di Sestri P. aggrediscono i rappresentanti sindacali
dei lavoratori della Piaggio di Finale L. perchè forse l'azienda
chiuderà l'impianto di Genova e salverà quello di Savona. Questo in
una categoria considerata d'avanguardia (i metalmeccanici) e con un
sindacato (la FIOM genovese) egemonizzata da un partito (Lotta
comunista) che si dice internazionalista, ma non riesce ad unire
neppure i lavoratori di due stabilimenti divisi da 50 Km. A Vado L.
la magistratura blocca una centrale elettrica superinquinante e i
lavoratori (e i loro rappresentanti) invece di denunciare la logica
del profitto che sta dietro la distruzione del territorio, non
trovano di meglio che prendersela con ambientalisti e magistrati,
accusati (come nel caso dell'ILVA di Taranto) di causare con la loro
azione la perdita di posti di lavoro. Per trovare una lucida (una
volta avremmo detto “di classe”) analisi dell'attuale congiuntura
europea dobbiamo sfogliare le pagine del borghesissimo e
confindustriale Corriere della sera. E questo la dice lunga sul collasso della sinistra italiana.
Giuseppe
Sarcina
La lotta di
classe che divide l'Europa
Impossibile
andare avanti. Impossibile tornare indietro. Ma anche lo
status quo è insostenibile. Conclusione: L'Europa è in
trappola . Questo è il titolo dell'ultimo libro di Claus
Offe, 73 anni, uno dei più importanti intellettuali
tedeschi, già professore all'Università Humboldt di
Berlino e oggi docente di Sociologia politica
nell'Università Hertie School of Governance sempre nella
capitale.
Sarebbe
sbagliato, però, inserire questo breve saggio, pubblicato
dal Mulino (pp. 102, e 10), nella folta schiera di omelie
funebri in memoria del progetto europeo. Offe, studioso con
ascendenze marxiste, sensibile alla lezione di Jürgen
Habermas sul deficit di legittimità delle istituzioni
occidentali, prova a indicare come superare la
«contraddizione fondamentale» che imprigiona la Ue.
In linea di principio, sostiene l'autore, tutti concordano su ciò che bisognerebbe fare con urgenza, tanto nel Nord quanto nel Sud dell'Europa.
In linea di principio, sostiene l'autore, tutti concordano su ciò che bisognerebbe fare con urgenza, tanto nel Nord quanto nel Sud dell'Europa.
I Paesi più
solidi, a cominciare dalla Germania, dovrebbero accettare di
mettere a fattore comune il debito dell'intera Unione
Europea. Nel concreto significherebbe chiedere ai cittadini
tedeschi, olandesi o finlandesi di concorrere a coprire le
passività accumulate negli ultimi vent'anni nei bilanci
pubblici italiani, greci, spagnoli.
Di converso le autorità degli Stati «periferici», appunto Grecia, Spagna, Portogallo e Italia, dovrebbero imporre misure severe per aumentare la competitività del sistema economico, partendo dalla riduzione del costo del lavoro che vuol dire produrre di più a parità di salario oppure, brutalmente, produrre le stesse cose, ma con retribuzioni minori.
Ma, argomenta
Offe, sia la «mutualizzazione» del debito pubblico che la
riduzione del costo del lavoro, si sono dimostrate
politicamente impraticabili tanto nel centro quanto nella
periferia dell'Unione europea. Anzi la loro semplice
evocazione ha favorito la crescita tumultuosa delle
formazioni anti-europeiste. Con motivazioni opposte, ma in
un certo senso complementari. Nel Nord Europa lo slogan
ricorrente è: mai più regali ai Paesi mediterranei. Nel
Sud, invece, si proclama: basta con l'austerity e dunque
basta con «l'euro germanico».
Sul piano politico l'Europa è assediata da forze tra loro contrastanti, ma oggettivamente alleate e con un obiettivo comune. Il sociologo tedesco richiama i successi elettorali di Alleanza per la Germania e, soprattutto, del Movimento 5 Stelle. Entrambi i raggruppamenti chiedono la dissoluzione di «questa» Europa. I primi paventando la fine dell'Eden tedesco, travolto dal dissesto mediterraneo. I secondi pronosticando l'asfissia dell'Italia per l'eccesso di rigore finanziario imposto dalla Germania di Angela Merkel.
La domanda, dunque, dovrebbe essere questa: i partiti anti-europei (definizione forse più precisa di quella troppo generica di «populisti») saranno davvero in grado di distruggere la costruzione di Bruxelles? Il libro di Offe fornisce solo una risposta indiretta: tocca alle formazioni tradizionali europeiste (popolari, liberaldemocratici, socialisti, verdi) cambiare il paradigma della contesa politica. E qui Offe mette in campo l'analisi economica, ripercorrendo i dati sugli squilibri strutturali all'interno della Ue (disavanzi commerciali e dei bilanci pubblici) per concludere, un po' marxianamente, che lo scontro non è tra nazioni. La Germania «contro» la Grecia; l'Olanda «contro» la Spagna o l'Italia. Bensì tra classi sociali.
Il sociologo tedesco fa un solo esempio, ma è più che sufficiente: «Ogni anno i greci ricchi trasferiscono 40 miliardi di euro fuori dal Paese sui loro conti in Svizzera o altrove». I grandi partiti storici tedeschi, francesi o olandesi avrebbero, dunque, il dovere di distinguere tra la Grecia degli evasori e quella dei disoccupati. Ma, osserva con amarezza Offe, non è così: questo slittamento dei grandi partiti, questa «miseria politica» impedisce di riformare le istituzioni comunitarie, di adottare i provvedimenti che servirebbero. Spetta, dunque, agli schieramenti politici tradizionali liberare l'Europa dalla trappola, cessando, innanzitutto, di rincorrere gli avversari.
È una conclusione cui giunge anche Michele Salvati, economista e politologo, che firma la presentazione del volume di Offe. In chiave italiana Salvati si «stupisce» che esista qualcuno che seriamente proponga «la catastrofe» cioè il ripudio dell'euro, come via d'uscita dalla crisi. L'unica strada, osserva concordando con il collega tedesco, «è la speranza di un risveglio di serietà, di concretezza e di orgoglio nel mondo della politica».
Il Corriere della Sera -
27 Marzo 2014
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