Ci ha riportato alla memoria la storia
tristissima dei trotskisti che in piena perestrojka chiedevano a
Gorbacev la riabilitazione di Trotsky. Finì prima l'Unione
Sovietica. Speriamo che questa volta vada meglio.
Paolo Rodari
Il Papa
tentato dal teologo ribelle “Riabilitare Giordano Bruno”
Frei
Betto, religioso brasiliano domenicano, fra i teologi della
liberazione più famosi al mondo, autore di un celebre libro
intervista con Fidel Castro di cui è amico, già assessore del
programma Fome Zero (Fame Zero) del primo Governo Lula (autore
di “Quell’uomo chiamato Gesù” Emi), è stato ricevuto
ieri da Papa Francesco a casa Santa Marta.
Di cosa avete
parlato?
«Da teologo
domenicano gli ho chiesto di riabilitare ufficialmente Giordano
Bruno, condannato al rogo dall’Inquisizione cattolica, e
Meister Eckhart, contemporaneo di Dante, condannato anch’egli
dalla Chiesa per eresia. La Chiesa può finalmente ridare
loro la dignità perduta, può riabilitarli. E fare giustizia.
Ho chiesto questo a papa Francesco perché ritengo che il tempo
sia finalmente propizio in questo senso. Sono convinto infatti
che, come Tommaso d’Aquino, i loro scritti superino i secoli
e siano un contributo fondamentale alla teologia mistica.
Giordano Bruno aveva una visione panteistica del mondo, era un
umanista importante ma i suoi scritti sono un contributo da
valorizzare. La Chiesa era spaventata da lui e non viceversa.
Fu un martire e occorre riconoscerlo».
Papa Francesco cosa
le ha risposto?
«Che ci
pregherà. E ha chiesto anche a noi di pregarci sopra. E così
faremo, sperando che una riabilitazione arrivi presto. Sono
contentissimo di non aver ricevuto una risposta negativa. È
davvero un Papa capace di ascoltare le istanze di tutti, senza
chiusure né pregiudizi. Per questo non posso che
ringraziarlo».
Frei Betto |
Ha parlato col
Papa della teologia della liberazione?
«Certo, prima
però gli ho detto che ho letto la sua lettera recentemente
inviata alle comunità di base. Il Papa diceva che le comunità
di base, a lungo bistrattate dalle gerarchie, sono un
movimento nella Chiesa cattolica. Io gli ho detto che non sono
un movimento, ma sono la Chiesa, un modo d’essere all’interno
della stessa Chiesa, una realtà radicata internamente e non a
essa esterna, non un corpo estraneo. E che loro per prime non
desiderano essere considerate un movimento estraneo. Quanto
alla teologia della liberazione, gli ho detto che il Papa deve
essere per tutta questa teologia un padre amoroso, come di
fatto egli già è. Noi teologi della liberazione siamo figli
della Chiesa. Per troppo tempo ci hanno considerato corpi
estranei. Invece siamo parte della Chiesa».
Jorge Mario
Bergoglio a Buenos Aires era sempre dalla parte dei poveri e
degli ultimi. Avete parlato del suo passato, del tempo
trascorso a Buenos Aires da arcivescovo?
«Certamente.
Francesco ha a cuore i poveri da sempre. Gli ho citato una
frase in latino: “Extra pauperum nulla salus (senza poveri
non c’è salvezza)”. E lui mi ha detto di essere del tutto
d’accordo, annuendo soddisfatto. Sono i poveri e gli ultimi
la forza della Chiesa, la luce del mondo. Insieme abbiamo
parlato delle sofferenze degli indigeni, delle popolazioni
locali. Francesco ritiene che in America Latina gli indigeni
siano sfruttati e non amati. Egli soffre per e con loro. Il
Papa ha detto di volere una Chiesa dei poveri e per i poveri. E
per lui queste non sono parole ma vita vissuta».
La Repubblica – 10
aprile 2014
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