Una volta c'erano le
Feste de l'Unità e i contributi degli iscritti e dei parlamentari.
Oggi nel PD renziano le cene con i ricchi.
Mi domando: i ricchi partecipano per generosità o per interesse?
Massimo Gramellini
Le cene eleganti
I pasti dei ricchi a
scopo benefico custodiscono strani misteri. In America per mangiare
un piatto di lasagne con Bruce Springsteen bisogna versare 300mila
dollari: 240mila euro. In Italia per mangiare un risotto con Matteo
Renzi ne bastano mille. O la lasagna a stelle strisce vale
duecentoquaranta volte più del risotto, ancorché in salsa Pd e
dunque un po’ sciapo, oppure Renzi al mercato delle rockstar è
quotato duecentoquaranta volte meno di Springsteen: impossibile.
L’unica spiegazione sensata è che il menu delle cene italiche sia
meno caro perché più povero di grassi, essendo il Paese
notoriamente alla frutta.
Ho scorso la lista degli
invitati alla cena milanese di Renzi, ma mi sono fermato a Paparesta,
l’arbitro che Moggi chiuse a chiave in uno sgabuzzino. Paparesta
che finanzia Renzi è il classico cortocircuito comico della realtà,
per quanto non privo di una certa coerenza: entrambi chiudono gli
occhi davanti al rigore quando gli fa comodo.
I dinosauri rossi del Pd
sono sconvolti dallo sciame di Porsche e pellicce che è accorso a
omaggiare il risotto di un leader teoricamente di sinistra. Cuperlo
della corrente Brontosauri ha lasciato intendere che preferirebbe
finanziare il partito dei lavoratori con cene operaie da 20 euro, ma
è anche vero che per raggiungere la stessa cifra raccolta l’altra
sera da Renzi bisognerebbe organizzarle in uno stadio: soprattutto
riuscire a riempirlo.
Capisco che il colpo
d’occhio dei ricchi che fanno la festa al presunto partito dei
poveri getti nello sconforto qualche nostalgico. Ma gliela facevano
anche prima. Solo di nascosto.
La Stampa – 8 novembre
2014.
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