Genova: visitare una mostra
dedicata alla pittura giapponese nel quasi sconosciuto (ai
più) ma strepitoso Museo Chiossone , per vagare poi per vie e
caruggi alla scoperta di sapori d'Oriente. Un viaggio nel cuore di
una città che per quasi mille anni fu (con Venezia) la porta europea
dell'Asia.
Luciano Del Sette
Ve la buttiamo lì:
sapete cosa significano Suibokuga, Soga,
Kano,Ukiyoe, Byobu, Kakejiku, Emakimono? Fin troppo
facile immaginarvi (con qualche rara eccezione)
mentre scuotete la testa in segno negativo. Oppure
mentre cercate un indizio nell’ultima delle parole
elencate, che vi suona di qualche familiarità.
Sveliamo subito l’arcano. Questi termini
corrispondono ai principali formati,
alla tecniche e alle scuole di pittura
giapponesi.
Li documenta, con 77
dipinti di eccezionale valore storico e artistico,
la mostra La rinascita della pittura giapponese.
Vent’anni di restauri al Museo Chiossone di Genova’ (fino al
28 maggio, info chiossone.museidigenova.it).
Edoardo Chiossone, incisore ligure, si trasferì in
Giappone nel 1875, continuando ad esercitare
lì la professione fino al 1891. Morì a Tokyo sette
anni dopo. I dipinti esposti rappresentano
circa un sesto dell’intera collezione del Museo, e il
loro ventennale restauro ha consentito di
svolgere indagini scientifiche sulle
tecniche e le antichissime tradizioni
degli hyogushi-san, i montatori e restauratori
di dipinti.
Chi, tra voi lettori,
ama, oltre all’arte giapponese, anche la cucina di
quella lontana contrada, prenda nota del Takashi
Sushi Restaurant, via Casaregis, 9r, dalle parti di
via Nizza, 010/312533, aperto tutte le sere, chiuso lunedì. Una
seconda sede, Takashi Express, si incontra in Via Cesarea
66r, nei dintorni di piazza della Vittoria,
010/4071557, aperto la sera, domenica anche a pranzo,
chiuso lunedì. Il cognome Takashi, piuttosto
diffuso in Giappone, significa ‘Nobile d’animo’.
E nobile d’animo
doveva essere Hanaya Yohei, cuoco dietro una bancarella,
che a metà ’800 si inventò il Nigiri-zushi, cioè il sushi
come lo gustiamo noi: piccolo gnocco di riso su cui viene
posata una sottile fetta di pesce. Al Takashi, il
Nigiri-zushi è proposto nelle varianti Suzuki (il
branzino, non la motocicletta), Tai (orata), Maguro
(tonno), Toro (ventresca di tonno) e Kampaci
(ricciola).
Le altre pagine del menu
spaziano a tutto crudo, sempre all’insegna della
qualità e delle presentazioni
scenografiche dei piatti. Per dar riposo alle
gambe e continuare a rimanere in armonia
con la mostra, il posto giusto è Kyuu (La sfera), in via
Cesarea 23r. Al secondo piano di questo negozio che
vende oggettistica, scarpe, vestiti nipponici,
c’è una sala da tè, dove l’infuso viene servito come il
secolare cerimoniale comanda.
Detestate il tè
e amate il cerimoniale dell’aperitivo con tanto di
stuzzichini? Allora varcate la soglia della
Pasticceria Liquoreria Marescotti, via di
Fossatello 35/37r, riaperta dopo trent’anni. Il
reparto dolci è di gran classe. Detestate il sushi
e amate il pesto? Luogo sacro della cucina di Liguria è Sa
Pesta (sale pestato), via dei Giustiniani 16r, 0102468336,
chiuso domenica. Farinata, polpettone, panissa,
frittelle di baccalà, verdure ripiene, pansoti,
stoccafisso. Ittadakimasu, buon appetito.
Il Manifesto - 2 aprile
2014
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