Anche se Gramsci ci ha insegnato a diffidare dalla ricerca d'ogni genere di "cause prime", diamo conto stamattina di una notizia pubblicata da un giornale.
Fabio Di Todaro
Quando tutti gli
europei avevano lo stesso vocabolario
Lo studio non è stato ancora pubblicato. Ma le sue conclusioni, anticipate online, hanno risollevato un dibattito caro ai linguisti: da dove vengono gli idiomi che oggi si parlano in tutta Europa? Se l’origine comune è infatti tutt’altro che da escludere, resta da capire quale sia stato l’epicentro comune da cui ha avuto origine il nostro lessico.
Secondo le ultime
evidenze, le radici della linguistica indoeuropea andrebbero
ricercate nei terreni freddi dell’ex impero sovietico, dove un avo
del mix di vocaboli attualmente in uso sarebbe nato almeno 6mila
anni fa, per poi diffondersi nel Vecchio Continente. L’ipotesi
irrompe dopo un ventennio in cui diversi studi avevano riconosciuto
il primato all’attuale Turchia, in ragione delle origini delle
prime forme di domesticazione: animale e vegetale.
Dall’inglese al greco, dal latino all’irlandese antico, per giungere al tocario: parlato fino all’anno mille in Cina. Più di 400 lingue, dialetti compresi, derivano da un unico antenato. Su questo, ormai da più 300 anni, non ci sono dubbi: troppe le affinità lessicali riscontrate tra espressioni soltanto all’apparenza distanti per non convincersi della stretta «parentela».
Ciò che rimane poco
chiaro è la localizzazione delle origini di questo embrione
linguistico. Oggi, ad anticipare il rilancio delle quotazioni
dell’ex Unione Sovietica, sono due ricerche reperibili su BioRXiv,
piattaforma creata per favorire la conoscenza dei risultati degli
studi scientifici ancor prima che siano pubblicati. In quella che
diversi millenni fa era una terra esposta alle incursioni delle
popolazioni nomadi, sarebbe germogliata la glottologia poi diffusasi
lungo le rotte delle migrazioni dell’essere umano.
La conclusione era già stata anticipata 30anni fa, prima che nel 1987 l’archeologo britannico Colin Renfrew rilanciasse il primato dell’Anatolia. Da quel momento in poi la comunità scientifica si è divisa in due fazioni: i favorevoli e i contrari alla leadership della Mesopotamia. Sono arrivate prove a sostegno delle tesi di Renfrew ed evidenze avverse, portate da chi di fronte alle sue conclusioni era parso scettico fin dal primo momento.
Utilizzando le informazioni genetiche tratte da 69 uomini europei e asiatici vissuti nel pieno del neolitico, i ricercatori guidati dal paleobiologo australiano Wolfgang Haak (Università di Adelaide) e dai genetisti statunitensi Dadiv Reiche e Iosif Lazarids (Harvard Medical School di Boston) hanno determinato gli spostamenti dei nostri antenati.
Dal confronto dei
polimorfismi «sospettati» di indicare i percorsi compiuti delle
comunità prese in esame, è emerso che in quei secoli le
popolazioni occidentali e orientali si sono mosse lungo direttrici
opposte, per incrociarsi all’incirca 4500 anni fa nella steppa.
«Le origini di una buona parte delle lingue parlate in Europa sono
da collocare tra Ucraina e Russia», sostengono i ricercatori.
Lo studio ha
considerato i movimenti di artigiani appartenenti alle culture di
Jamna (proveniente dalle attuali Ucraina e Kazakistan) e della
ceramica cordata (mossisi dalle regioni settentrionali della
Germania). Valutati i loro itinerari, gli studiosi hanno concluso
che «l’agricoltura non è stata l’unica causa delle migrazioni
avvenute tra Europa e Asia». La diffusione delle coltivazioni dalla
Mezzaluna Fertile risale infatti ad almeno ottomila anni fa: troppo
indietro nel tempo per collegarla alla nascita di una lingua comune.
Più recente, invece, l’incrocio tra i due orizzonti archeologici:
collocabile nel corso della tarda età della pietra. È dalla loro
commistione che ha iniziato a propagarsi il «bisnonno» delle
nostre lingue attuali.
La Stampa – 17
febbraio 2015
L'articolo del giornale LA STAMPA ha lasciato perplessi diversi amici. Riporto di seguito alcuni commenti pervenutimi tramite facebook:
RispondiEliminaLoredana Piacentini: Perché si chiama Indo europeo il linguaggio che ci unisce e che risale al sanscrito, come d'altra parte la discendenza indoeuropea. Questi nuovi ricercatori mi lasciano alquanto perplessa
Francesco Virga: lascia perplessi soprattutto l'articolo giornalistico...
Matteo Troiano: condivido la perplessità.