10 febbraio 2015

UNA GIORNATA ALL'AGENZIA DELLE ENTRATE DI PALERMO

Disegno di Rosso Malpelo



Questa mattina riprendo la cronaca fedele di una giornata kafkiana  trascorsa da un mio caro amico all'Agenzia delle Entrate di Palermo. Questa cronaca mi ha  fatto tornare alla mente il reportage degli anni sessanta di Vincenzo Consolo, inviato dal giornale L'ORA allo Stato Civile del Comune di Palermo, di cui abbiamo parlato tempo fa.
Mi domando quanto si dovrà aspettare ancora per cambiare questo stato di cose. (fv)


Rosso Malpelo


 
Ieri mattina, ore 09.00, vado all’Agenzia delle entrate,piazzetta Napoli, dove c’era la vecchia sede de “L’Ora”.
Avevo ricevuto qualche giorno prima una comunicazione : “Lei ha un credito di 591 euro”. Stupore e incredulità. La prima cosa che mi è venuta in mente è la vecchia tecnica dell’FBI per catturare i latitanti in massa. Spedire lettere all’ultimo indirizzo del ricercato: “Lei ha vinto la lotteria, venga al cinema Corallo alle ore 10.00 a ritirare il premio”.Lanciata la rete bastava tirare su e vedere quali pesci restavano impigliati.In molti ci cascavano.
Con lo stesso spirito del pesce prenoto l’appuntamento telematico, scegliendo l’opzione “rimborsi”.
Eccomi a ieri mattina. Puntuale. La sala dell’agenzia sembrala sala corse de “La stangata”. Una folla interrazziale, interregionale,multitasking, a guardare i display e fissare le bollette con le puntate. Sono fritto. Ma no. Mi presento. Ecco, anch’io ho la bolletta, il tempo di guardare il display e già è il mio turno. Sono sbalordito. La guardia giurata (ora al posto degli uscieri ci sono le guardie giurate) mi indica il terzo piano. No,non è il terzo piano. E’ il primo piano. Ecco, stanza 24. Sono arrivato. L’impiegato ha appena allontanato un duo che si era infilato abusivamente. “Mischia” mi dice “c’è da impazzire”. Prego, si accomodi”. “Grazie”.
“Sono qui per il rimborso. Sta scritto qui”. “Non la posso aiutare. Lei è nell’Ufficio sbagliato. Non doveva selezionare l’opzione“rimborsi” ma quella “avvisi irregolarità”. “Questa gran minchia. Penso tra mee me. Qui mi si nega l’evidenza.” Resto calmo. “Bene, e ora?”. “Torni giù e prenda il biglietto per il turno “avvisi irregolarità”. “Certo, penso, che coglione, un rimborso per loro è un’irregolarità”. “Grazie”. Esco e rientra il duo abusivo.
Sala corse. Di nuovo. Mi viene il freddo. Non c’è manco un angolo dove mettersi. Mi bastano cinque minuti e il mio spirito di adattamento prevale. Do istruzioni in inglese ad un pakistano, sui codici dei turni. Una cabala ma lui mi capisce meglio della guardia giurata.
Scopro che gli sportelli da cui dovrei essere chiamato sono su, all’ammezzato. Un posto più tranquillo. C’è uno con una barba bianca che incontro dappertutto. Sembra un personaggio di David Linch. Perché lo incontro sempre? Anche stamattina, da Lucio, al bar del Kassaro mentre mangio la zuppa di lenticchie. Anche lui mi guarda sconcertato. Penserà che anch’io sono un personaggio inquietante.
Me ne sto buono dieci minuti con un libro. Prendo appunti,addirittura.
Mi accorgo che è già passata un’ora. Sbircio in una stanza e vedo che c’è uno che non fa niente. Entro e gli dico: “Guardi, io ho ‘sto biglietto. Che faccio? Aspetto ?” “Sì, aspetti” “Quanto?” “Non lo so”.“Grazie”.
Mi viene la smania “Non posso stare qui tutta la mattina.Prenderò un altro appuntamento telematico”. Vado dal tizio che continua a non fare un cazzo ma lo fa con un’aria un po’ scocciata. “Mi sa che vado, ci sono dieci persone prima di me…Chissà quando sarà il mio turno...”. Non credo mi abbia dato una risposta significativa.
Bhe, me ne vado al bar. Sono in permesso dal lavoro. Sto perdendo un casino di tempo. Un bar anonimo, sotto i portici di piazzale Ungheria. Un caffè e mi arrotolò una sigaretta. “Cacchio. Ci torno. Non posso avere perso così una mattinata.”.
Sala corse. Di nuovo. Direttamente all’ammezzato. Sbircio il display. Il mio turno non l’hanno ancora chiamato. Sto lì un po’ a riflettere.La faccia del tizio, dell’impiegato annoiato la conosco. Ci penso e la metto a fuoco. Era uno di noi. Un ragazzo di quando io ero un ragazzo che veniva alle manifestazioni e frequentava gli “attivi” (così si chiamavano le riunioni) del gruppo della sinistra extraparlamentare in cui militavo. Come si chiamava? Non lo ricordo. Un compagno tra i tantissimi di allora.
Entro di nuovo nella stanza “Scusa, io sono di nuovo qui che aspetto.” Il tizio, “il compagno”, ha un’ aria avvilita, mi fa un cenno di assenso con la testa. Parole non se ne sprecano.
Dopo un attimo vedo che i numeri con il mio codice scorrono sul dislay. “Tocca a me? Incredibile!”.
Entro e spiego che mi spetta un rimborso di “591 euro”. Le parole sono sempre parche. Video, stampe, scartabellamenti, numeri. “Sembra che lei debba versare €€€????”. “Ah…sono io che devo dare soldi a voi?”. Tuttavia,non è convinto. Abborraccia spiegazioni di cose inspiegabili. Non trova l’errore per dirmi “Ecco!”. Io nel mentre disegno. Sì, mi viene da disegnare.Un ominide lungo. Vedo che lo innervosisco. Non riesce a pensare. Si alza per dirmi che un suo collega sta trattando un “caso analogo”. “Un altro rimborso che non vogliono rimborsare” penso..Continuo a disegnare. Entra un altro impiegato. Apre un armadio mangia uno snack e fa una telefonata. E’ quello che sta al punto informazioni, in “sala corse”. Dopo un po’ arriva isso: “No, no,lei non deve nulla…”. “Ancora spiegazioni di cui anche lui è convinto che io non possa capire i nessi, i tempi, i numeri”. Insomma, io, o meglio, il Caaf,ha fatto bene ma l’informazione è arrivata dopo che il sistema aveva elaborato un’informazione precedente secondo cui io ero a credito di una somma che,invece, avevo già incassato..”Quando ?”. Era 2013 oppure il 2014? Non si capisce.
La storia si chiude con un “pari e patta”. Io non devo nulla all’Ag. delle entrate e lei non deve niente a me.
Gli dico, a bruciapelo, “Conosco la tua faccia”. Lì si accende qualche ricordo comune. Si fa pensoso. Raccatto le mie carte. Mi rilascia una “dichiarazione di regolarità” della mia posizione. Poi lui,altrettanto a bruciapelo, mi fa: “Che fine ha fatto il Potere operaio?” .Proprio così, con l’articolo. No, non l’organizzazione che si abbreviava in Potop, non “Potere Operaio” di Scalzone, Piperno, etc. ma proprio l’idea del“Potere operaio”. Almeno così mi è parso.
Sorrido.
Siamo nella sede di quello che fu “L’Ora”, oggi occupata da una “sala corse”, siamo due ex senza bigexpectations, almeno così mi pare, e non so nemmeno da che parte stia lui,e piove. Ora sono io che non ho parole.
Non devo nulla. Non mi dovete nulla.
Dove sia finito il “Potere operaio” non lo so, sarà morto,come un casino di gente ed ora è un fantasma che si aggira nelle stanze dell’agenzia delle entrate e non sa darsi pace.
Rosso Malpelo






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