14 febbraio 2015

ELIAS CANETTI E MARIE-LUISE

  Marie Louise von Motesiczky, Autoritratto con Canetti



Pubblicato un inedito di Elias Canetti, un quaderno di aforismi dedicato all' amata pittrice Marie Louise von Motesiczky. Ne proponiamo una pagina.


Elias Canetti

Nella prossima guerra non ci saranno armi potremo solo morderci

Combattono tra le dita dei piedi, nell’ombelico, dentro le narici, combattono nel didietro, sotto le ascelle, dentro le orecchie e in bocca, non c’è luogo nascosto, non c’è palmo, non c’è poro, nelle cui profondità non combattano l’uno contro l’altro all’ultimo sangue.

Si aboliscono tutte le armi, e durante la prossima guerra non sarà consentito altro che mordere.
Troppo poco abbiamo studiato i cani: sono la quintessenza dell’”umano”, e quanto disumano è questo.

Chi adora il successo è comunque perduto: se lo ottiene, finisce per assomigliargli; se non lo ottiene, si strugge nel più falso degli aneliti.

La meraviglia vive del caso. Nella legge soffoca. Ormai riesce a ridere solo tra gli animali. Cercò di restare ragionevole all’inferno. La birra non ha più, per lui, il buon gusto di una volta: dal boccale sbircia la guerra.

In ciascuno di noi l’anima abita luoghi diversi: quest’uno ce l’ha nei polmoni, quell’altro nelle viscere; quest’una nel cuore e quell’altra nel sesso; in me si sente a suo agio nelle orecchie, più che da qualsiasi altra parte.

Gli attacchi di panico giungono con una regolarità che li rende sospetti: ci sono attacchi mensili, attacchi settimanali, attacchi diurni e notturni.

Si annunciano, come esistessero semplicemente per segnare il tempo.

Testi tratti da Aforismi per Marie-Louise (Adelphi)

Franco Marcoaldi

Le metamorfosi esistenziali di Elias Canetti
La forza e l’attualità dello scrittore in una raccolta di aforismi inediti


Fa un certo effetto pensare a Elias Canetti — così duro, determinato, tutto preso dal titanico progetto di «afferrare il secolo alla gola» — mentre se ne sta intento a preparare con delicatezza un libretto fatto a mano per la sua amica-amante, la pittrice Marie Louise von Motesiczky, in occasione del suo compleanno: il 24 ottobre del 1942. Quel manoscritto, dalla grafia minuta e chiara, in inchiostro blu, con pagine legate insieme da un cordoncino dorato, fu ritrovato tra le carte della pittrice dopo la morte ed esce ora per Adelphi nella traduzione di Ada Vigliani: Aforismi per Marie Louise ( pagg. 101, euro 12).

È un piccolo, quanto significativo tassello da aggiungere a quello strepitoso libro parallelo di appunti e aforismi , La provincia dell’uomo , che Canetti andò scrivendo per decenni nel dichiarato intento di allontanarsi almeno un poco dal claustrofobico impegno di Massa e potere — l’indefinibile “poema scientifico” che lo consacrerà come uno dei pensatori più originali e acuti del Novecento, e che ora sta per essere ripubblicato da Adelphi.
    Marie Louise von Motesiczky, Autoritratto
Siamo in piena guerra e Canetti vede intorno a sé soltanto orrore e distruzione, ragione in più per affondare la lama del pensiero nella «mostruosa struttura » del potere, il cui primario intento è procurare la morte e allontanarla da sé: «La confusione, che ebbe origine allora, si chiama storia». Da qui dovrebbe prendere le mosse il vero illuminismo, e da qui, anche, dovrebbe partire un’indagine sulla proliferazione della massa e la sua supina ossessione nei confronti del potere. A maggior ragione nel Novecento, secolo in cui la morte ha rivestito «una forza di contagio che non ebbe mai prima» — assurgendo a figura onnipotente, «nocciolo stesso di ogni schiavitù».

Leggendo questi Aforismi per Marie-Louise si intravede già, in filigrana, la successiva, tenace trama che intercorre tra la morte, il potere e la massa — quella dell’uomo eretto e vivo di fronte all’uomo morto, a terra.

Perché l’individuo non crede mai del tutto alla morte finché non l’ha sperimentata in quella altrui. Superata, nella scomparsa altrui. Quando poi il senso di questa dissimulata soddisfazione diventa una passione insaziabile, colui che ne sarà invaso, «non più appagato dagli sparsi momenti di sopravvivenza offertigli dall’esistenza quotidiana », conoscerà finalmente il segreto del potente — che, nell’azzardo di Canetti influenzato dalla presenza terrificante di Hitler, va strettamente apparentato allo psicopatico, al paranoico. 
 
    Marie Louise von Motesiczky con Canetti
«L’idea di essere l’unico, unico tra i cadaveri, è decisiva sia per la psicologia del paranoico sia per quella del potente, che in tal modo spinge all’estremo il suo potere». Sorge da qui una domanda bruciante, vera e propria «quadratura morale del cerchio ». Se vincere è sopravvivere, come si può continuare a vivere senza essere vincitori? Solo facendosi “custode della metamorfosi”, suggerisce lui. Ovvero immedesimandosi in tutte le creature: comprese le più picco- le, ingenue, impotenti. Ecco perché, già in questi Aforismi, assumono un peso decisivo gli animali — continuamente offesi, eppure capaci di imprevedibili, illuminanti insegnamenti.

Per questo Canetti invita a diffidare di «tutte le filosofie che cercano di ricondurre la vita a un unico principio». Perché si tratta sempre di una riduzione, un impoverimento, un raggelamento. Mentre il suo obiettivo, al contrario, è quello di intensificare la circolazione del flusso vitale. «Nei passi forti della Bibbia troviamo questo grandioso battere e pulsare, e perfino quando l’uomo dorme e sogna, il suo sangue non conosce sosta».

Chi si trova a vivere nell’inferno bellico — per quanto cerchi di rimanere ragionevole — deve per forza ricorrere al sogno, alla visione, all’immaginazione più sfrenata. A maggior ragione se, come Canetti, è impegnato anima e corpo nell’allucinato tentativo di «bandire la morte», con ogni mezzo. Ivi incluso l’ascolto attento e costante delle voci dei morti — che scuotono e incalzano e tormentano i vivi.

C’è una pagina particolarmente toccante di questi Aforismi per Marie Louise , in cui l’autore di Massa e potere suggerisce una singolare modalità per tenere in vita, il più a lungo possibile, l’anima del morto. Evitate di parlarne bene a tutti i costi, ammonisce. Piuttosto litigate con lui e la sua memoria, mettete in luce aspetti sorprendenti del suo carattere — anche quelli più maligni, se necessario. Non ricorrete alla pietà, contrassegno del malcelato desiderio di renderlo inoffensivo: «Affinché il morto, nella sua impalpabilità, continui a vivere, bisogna consentirgli di muoversi». Per essere anche lui passibile di trasformazione, e quindi di metamorfosi.
La repubblica – 13 febbraio 2015

Nessun commento:

Posta un commento