12 febbraio 2015

GRAMSCI E' RIUSCITO A NON "SPARIRE COME UN SASSO NELL'OCEANO"






Finchè vivrò non mi stancherò di leggere e rileggere i Quaderni e le lettere dal carcere di Antonio Gramsci. Oltre a costituire una indiscutibile testimonianza della sua grandezza umana rimangono una miniera ancora, in gran parte, da scoprire.
Oggi vi  propongo una lettera, inviata alla cognata, dal carcere fascista.  (fv)






19 maggio 1930
Carissima Tatiana,
ho ricevuto tue lettere e cartoline. Mi ha fatto nuovamente sorridere la curiosa concezione che tu hai della mia situazione carceraria. Non so se tu hai letto le opere di Hegel, che ha scritto «il delinquente aver diritto alla sua pena». Su per giú tu immagini me come uno che insistentemente rivendica il diritto di soffrire, di essere martirizzato, di non essere defraudato neanche di un minuto secondo e di una sfumatura della sua pena. Io sarei un nuovo Gandhy, che vuole testimoniare dinanzi ai superi e agli inferi i tormenti del popolo indiano, un nuovo Geremia o Elia o non so chi altro profeta d’Israello che andava in piazza a mangiare cose immonde per offrirsi in olocausto al dio della vendetta, ecc. ecc. Non so come ti sei fatta questa concezione, che è molto ingenua nei tuoi rapporti personali e abbastanza ingiusta nei tuoi rapporti verso di me, ingiusta e inconsiderata. Ti ho detto che io sono eminentemente pratico; io penso che non capisci ciò che io voglia dire con questa espressione, perché non fai nessuno sforzo per metterti nelle mie condizioni (probabilmente quindi io ti dovrò apparire come un commediante o che so io). La mia praticità consiste in questo: nel sapere che a battere la testa contro il muro è la testa a rompersi e non il muro. Molto elementare, come vedi, eppure molto difficile a capire per chi non ha mai dovuto pensare di poter sbattere la testa contro il muro, ma ha sentito dire che basta dire: apriti Sesamo! perché il muro si apra. Il tuo atteggiamento è inconsapevolmente crudele; tu vedi uno legato (veramente non lo vedi legato e non sai rappresentarti il legame) che non vuol muoversi perché non può muoversi. Tu pensi che non si muove perché non vuole (non vedi che, per aver voluto muoversi, i legami gli hanno già rotto le carni) e allora giú a sollecitarlo con delle punte di fuoco. Cosa ottieni? Lo fai contorcere e ai legami che già lo dissanguano aggiungi le bruciature. – Questo quadro orripilante da romanzo d’appendice sull’Inquisizione di Spagna penso bene che non ti persuaderà e che tu continuerai; e siccome i bottoni di fuoco sono anch’essi puramente metaforici, avverrà che io continuerò a seguire la mia «pratica», di non sfondare le muraglie a colpi di testa (che mi duole già abbastanza per sopportare simili sports) e di mettere da parte quei problemi per risolvere i quali mancano gli elementi indispensabili. Questa è la mia forza, la mia sola forza e proprio questa tu mi vorresti togliere. D’altronde è una forza che non si può dare ad altri, purtroppo; la si può perdere, non la si può regalare né trasmettere. Tu, penso, non hai riflettuto abbastanza al caso mio e non sai scomporlo nei suoi elementi. Io sono sottoposto a vari regimi carcerari: c’è il regime carcerario costituito dalle quattro mura, dalla grata, dalla bocca di lupo, ecc. ecc.; – era già stato da me preventivato e come probabilità subordinata, perché la probabilità primaria dal 1921 al novembre 1926, non era il carcere, ma il perdere la vita. Quello che da me non era stato preventivato era l’altro carcere, che si è aggiunto al primo ed è costituito dall’essere tagliato fuori non solo dalla vita sociale, ma anche dalla vita famigliare ecc. ecc.
Potevo preventivare i colpi degli avversari che combattevo, non potevo preventivare che dei colpi mi sarebbero arrivati anche da altre parti, da dove meno potevo sospettarli (colpi metaforici, s’intende, ma anche il codice divide i reati in atti e omissioni; cioè anche le omissioni sono colpe o colpi). Ecco tutto. Ma ci sei tu, dirai tu. È vero, tu sei molto buona e ti voglio molto bene. Ma queste non sono cose in cui valga la sostituzione di persona e poi, ancora, la cosa è molto, molto complicata e difficile a spiegarsi completamente (anche per la quistione delle muraglie non metaforiche). Io, a dire il vero, non sono molto sentimentale e non sono le quistioni sentimentali che mi tormentano. Non che sia insensibile (non voglio posare da cinico o da blasé); piuttosto anche le quistioni sentimentali mi si presentano, le vivo, in combinazione con altri elementi (ideologici, filosofici, politici, ecc.) cosí che non saprei dire fin dove arriva il sentimento e dove incomincia invece uno degli altri elementi, non saprei dire forse neppure di quale di tutti questi elementi precisamente si tratti, tanto essi sono unificati in un tutto inscindibile e di una vita unica. Forse questa è una forza; forse è anche una debolezza, perché porta ad analizzare gli altri allo stesso modo e quindi forse a trarre conclusioni errate. Ma non continuo, perché sto scrivendo una dissertazione e a quanto pare è meglio non scrivere nulla che scrivere delle dissertazioni.
Carissima Tatiana, non preoccuparti tanto delle magliette; quelle che ho mi possono fare aspettare quelle che mi manderai. Non mandarmi il termos oppure, mandamelo solo dopo aver avuto alla direzione la certezza che mi sarà consegnato; per averlo in magazzino, è meglio non averlo. La signora Pina abita proprio in via Montebello 7, non credo che debba venire per ora, anzi lo escludo. Ti manderò fuori un altro po’ di libri e due camicie sbrindellate. – Scrivi a mia madre salutandola da parte mia e assicurandola che sto abbastanza bene.
Ti abbraccio teneramente.
Antonio

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