Raccolti in volume i pareri di lettura
dei consulenti della Einaudi fra il 1941 e il 1991.
Simonetta Fiori
Un cantiere aperto, forse tra i maggiori nella storia culturale del
Novecento. Riusciamo a entrarvi grazie a cento giudici molto
particolari, ossia i consulenti della casa editrice Einaudi che tra
il 1941 e il 1991 hanno promosso o bocciato le letture degli italiani
colti. Chi sono questi forgiatori di immaginari e firmamenti
intellettuali? Per la letteratura, Calvino e Fruttero, Natalia
Ginzburg e Lucentini, Davico Bonino e Manganelli. Per la storia,
Venturi e Vivanti, Romano e Carlo Ginzburg. Per gli studi psicologici
e l’etnologia, Musatti e De Martino. E ancora, Argan e Contini,
Caffè e Ripellino, Jesi e Segre. E il mitico Bobi Bazlen, principe
dei suggeritori editoriali. L’elenco continua, ma è meglio
fermarsi qui.
Le loro voci stridule,
gravi o divertite risuonano in Centolettori, la raccolta dei
pareri di lettura che la casa editrice manda in libreria per la cura
di Tommaso Munari. «Giudizi in presa diretta », li definisce
Ernesto Franco nell’introduzione, commenti a caldo insofferenti
alla prudente cerimonia, sfoghi e divertissement che animano il gran
teatro della lettura. C’è chi stronca con veemenza e chi affida il
killeraggio a una filastrocca o a un testo drammaturgico.
Come Italo Calvino che fa
fuori il nuovo romanzetto di James Purdy in rima baciata: «Poco
perdi se ritardi / e ti perdi i Purdy tardi». O Lucentini che redige
in francese un dialogo tra il pensoso Custance e un annoiatissimo
lettore. Al Calvino fustigatore non manca mai il buon umore e dopo
aver infilzato il pornografo Pierre Klossowsky confessa di essersi
divertito parecchio: «Porcherie con molto sense of humour».
Non mancano le cantonate.
Fragorose. Delio Cantimori eccelle nel genere. La prima volta fu con
Mediterraneo di Braudel, liquidato come il «Via col vento della
storiografia». Poi è la volta di Adorno e del suo Minima Moralia ,
«opera faisandée» rivolta a «liceali impazienti». Non è da meno
Sergio Solmi, che regala al Borges di Finzioni l’epiteto di «grande
dilettante» («ma non in senso spregiativo»): da pubblicare certo,
ma niente al confronto di un Poe o di un Kafka. Ma la palma forse
spetta a Bobbi Bazlen che sull’ Uomo senza qualità verga la sua
sentenza di morte in quattro punti. «Troppo lungo». «Troppo
frammentario », «Troppo lento (o noioso, o difficile, o come vuoi
chiamarlo)». «E troppo austriaco».
Talvolta botte da orbi.
Tra Bobbio, Balbo e Cantimori per la filosofia. Ma il tono di Bobbio
può farsi supplice quando è costretto a digerire Operai e capitale
di Tronti: detesta «quel genere di letteratura» e non esita a dirsi
«imbarazzato» e «prevenuto ». L’agonia di Natale di Franco
Fortini mette zizzania tra Pavese e la Ginzburg: «antipatico ma
notevole», secondo lo scrittore torinese, «lumacoso» e «senza
sugo» per Natalia, che se s’annoia lo dichiara senza giri di
parole.
Come Cesare Cases che
rovescia il monumento di Brecht da «canzonettista» e sospetta di
«aridità» un caposaldo quale Massa e potere. No, nessuno dei cento
lettori è sospettabile di timidezza né di timore reverenziale. Così
il solito Bazlen mette in guardia dalle «banalità adamantine» di
Walter Benjamin (sta parlando dell’ Angelus Novus).
E a Manganelli bastano un
paio di metafore per seppellire il futuro Nobel Lessing: «La sua
pagina sa di virtuosa varichina, i suoi periodi vanno in giro con le
calze a penzoloni». Le cose si complicano quando il parere è
richiesto su amici e colleghi.
Il più attento è Elio
Vittorini alle prese con Bianco veliero di Calvino: gli sembra
«macchiettistico e infantile», insomma una «bambocciata».
Pubblicarlo? Massì, è uno scrittore noto, la responsabilità ricade
su di lui. «Tuttavia Calvino è anche un amico. Non dobbiamo dirgli
che fa male a sé stesso pubblicando un libro simile?». Il più
severo è Primo Levi con il Gadda dei saggi scientifici: «piattamente
didattici, noiosi e sanno di farina d’altrui sacco». Usciranno
altrove.
Oltre che storia
culturale, Centolettori è anche una lezione di stile: talvolta solo
in trenta righe riassunto e critica, valutazione editoriale e
soprattutto senso culturale. Per chi solitamente scrive di libri, un
invito all’umiltà: i recensori ne sanno molto di più degli autori
recensiti, mai un gorgheggio o un aggettivo sparato a vuoto. Comunque
un atto di memoria: così era l’editoria italiana, così la cultura
aperta al mondo senza genuflessioni. Da acquistare subito,
Centolettori (che richiama la collana Centopagine di Calvino). Per
tirarsi su nei momenti bui.
La Repubblica – 31
gennaio 2015
Centolettori
A cura di Tommaso
Munari
Einaudi, 2014
euro 20
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