09 febbraio 2015

TOUJOURS CHARLIE?



Riprendo dal sito http://www.nazioneindiana.com/ un documento che fa pensare:

Toujours Charlie? Riflessioni e testimonianze un mese dopo gli attentati di Parigi.



Riproponiamo oggi uno speciale apparso su alfabeta2 a un mese dagli eccidi di Parigi. Abbiamo raccolto alcune voci e privilegiato alcuni aspetti, convinti non solo che non sia facile dare una lettura univoca di quegli eventi, ma che non sia neppure necessario. In Francia, intanto, analisi e discussioni continuano, e non solo su legislazioni antiterrorismo e sul potenziale nemico interno, ma anche sulla segregazione sociale e razziale che mina la “République” ben più in profondità degli occasionali massacri realizzati da un piccola minoranza di adepti dell’idiozia e del fascismo di marca religiosa. Articoli di Badiou, Inglese, Donaggio, Buffoni, Rakha, Gallo Lassere. a. i.

Alain Badiou
Il Rosso e il Tricolore
Sfondo: la situazione mondiale.
Oggigiorno, il mondo è totalmente investito dal capitalismo globale, sottomesso ai dettami dell’oligarchia internazionale e asservito all’astrazione monetaria come unica figura riconosciuta dell’universalità. Viviamo in un periodo di transizione molto difficile, che separa la fine della seconda tappa storica dell’Idea comunista (la costruzione indifendibile, terrorista, di un “comunismo di Stato”) dalla terza tappa (il comunismo come realizzazione politica, adatta al reale, dell’“emancipazione dell’umanità intera”). In questo contesto, si è insediato un mediocre conformismo intellettuale; una sorta di rassegnazione al contempo lamentevole e soddisfatta, che accompagna l’assenza di ogni futuro altro, ovvero la ripetizione dispiegata di ciò che già c’è. [Continua a leggere ⇨ qui]


Andrea Inglese
Note su “Io sono Charlie” e il suo contraltare
1. Identificazioni
Sei Charlie o non sei Charlie? In definitiva, parrebbe sia questa la forma logica, in cui si è espressa la nostra esperienza degli attentati di Parigi, nel corso dei quali sono state ammazzate tra il 7 e il 9 gennaio venti persone, venti cittadini francesi, inclusi i tre attentatori. L’elaborazione del trauma si è concentrata, ad un certo punto, sulla necessità di identificarsi o meno con Charlie Hebdo. Intorno a quest’identificazione o al suo rifiuto ha finito col ruotare una parte rilevante del dibattito politico nato da quegli avvenimenti. Alcuni fenomeni importanti, però, da un punto di vista sociale, si sono situati probabilmente altrove, laddove non erano in questione identificazioni, ma altre forme più articolate di adesione e testimonianza. E proprio in ragione del loro potenziale semantico non riconducibile a un identificante semplice, tali fenomeni sono stati spesso malintesi. [Continua a leggere ⇨ qui]


Enrico Donaggio
Compagni di niente
Ho passato una giornata intera attaccato al computer come a un polmone d’acciaio, seguendo l’evolversi dei “fatti di Parigi”, un brutto personaggio di un brutto film di Altman. Mi sono preoccupato per gli amici che vivono in quella città, che sento anche un po’ mia. Ho avvertito la violenza di un colpo che questa volta toccava noi, quelli più o meno come me, di cui qualcosa mi importa. Non gli altri, loro, alla cui dimenticanza, silente ma iperattiva, dedico ogni secondo della mia vita: rumore bianco, sporco lavoro di sfondo di un antivirus che non si vede, ma che divora energia e memoria. Ho scritto “Je suis Charlie” su di un sito e mi è spiaciuto non andare alla manifestazione dove tutti si sentivano Charlie. [Continua a leggere ⇨ qui]


Franco Buffoni
Da Charlie a Adonis
[Questo pezzo è una risposta unica a due domande che ho inviato a Franco Buffoni in seguito agli attentati di Parigi. a. i.]
Che lettura complessiva dai del modo in cui l’opinione pubblica italiana ha parlato non solo dell’attacco terroristico in sé, ma soprattutto della reazione della popolazione francese a sostegno di un giornale di satira come “Charlie Hebdo”? Quell’idea di laicità rivendicata da una fetta importante della popolazione francese è una particolarità nazionale, una sorta di storica idiosincrasia del popolo francese, o riguarda più generalmente i principi dell’uguaglianza in una società che si vorrebbe democratica? [Continua a leggere ⇨ qui]


Youssef Rakha
Chi c…. è Charlie?
Il solo pensare di contribuire al dibattito su Charlie Hebdo è di per sé problematico. È problematico perché, sia in quanto tragedia pubblica sia in quanto difesa della libertà creativa, questo evento ha assunto proporzioni gigantesche. È problematico perché si è trattato di un tutti-contro-tutti moralistico: esprimere solidarietà significa trascurare il contesto, abdicare al senso della tua relazione con la vittima “oggetto” del consenso e, in ultimo, diventare un hashtag. È problematico soprattutto perché trasforma un crimine, dalle minime proporzioni al di fuori della Francia, in un tropo culturale. [Continua a leggere ⇨ qui]


Davide Gallo Lassere
Oltre Charlie
Questo testo si propone una rassegna parziale delle analisi più interessanti prodotte durante queste settimane in Francia al fine di orientarsi nei recenti fatti di Parigi. Sebbene questi ultimi si prestino a essere osservati da una pluralità di prospettive, la domanda prioritaria da porsi mi pare quella concernente i processi di soggettivazione che hanno condotto a tali deviazioni identitarie. Didier Fassin, professore a Princeton e autore di un importante studio antropologico sul ruolo della polizia nei quartieri popolari, non ha dubbi al riguardo: è la stessa società francese – con le sue politiche urbane, sociali e scolastiche, oltre a quelle securitarie e penitenziarie – ad aver generato ciò che essa ritiene un’infame mostruosità (http://www.lemonde.fr/idees/article/2015/01/15/notre-societe-a-produit-ce-qu-elle-rejette-aujourd-hui-comme-une-monstruosite-infame_4557235_3232.html). [Continua a leggere ⇨ qui]

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