26 gennaio 2014

P. CLEMENTE: CHIEDIAMO SCUSA AGLI ZINGARI








Ci siamo occupati in questo blog  dell’antropologo Pietro Clemente in occasione della presentazione del bellissimo libro che Paolo Morale ha dedicato alla memoria del nonno, Antonino Uccello.  Pietro Clemente nei suoi studi e nella sua vita ha saputo  unire intelligenza e passione. Anche per questo ci piace oggi, nella giornata della memoria, ricordare le sue lucide ed appassionate parole contro ogni ottusa forma di razzismo e di discriminazione.


Pietro Clemente 

Chiediamo scusa agli zingari

Leggendo i giornali oggi devo riconoscere dolorosamente l’evidenza : le comunità Rom e, in genere, quelle che noi 'gagè' chiamiamo ‘zingari’, sono di nuovo scomparse dal giorno della memoria. Non solo non ci sono mai state nella legge istitutiva della giornata del 27 gennaio, ma non ci sono nelle pratiche istituzionali, né nella memoria dei grandi quotidiani laici. 
Perché per noi italiani i rom, i sinti, gli zingari, non sono da ricordare nel giorno della memoria? Non sappiamo che un numero imprecisato di essi, dai 500.000 al milione, furono uccisi nei campi di sterminio tedeschi? Era noto già dagli anni 40. I nazisti ne fecero un obiettivo esplicito di persecuzione razziale.
Dico  che gli ‘zingari’ sono di nuovo scomparsi perché per anni sono state ignorati, ma verso il 2011, su pressione delle organizzazioni internazionali si è cominciato a parlare anche in Italia , di una lista della memoria ‘politicamente corretta’ fatta di ebrei, rom, omosessuali, disabili, politici. Ma non sono seguiti fatti, soprattutto dalle istituzioni. Anche in Toscana i Rom sono giusto saliti in rappresentanza nel treno per Auschwitz, ma da pochi anni, e basta. Il resto è silenzio. 
Silenzio comune, anche mio, almeno fino a pochi giorni fa, quando ho presentato a Siena il libro dedicato al fisarmonicista Rom, Joviza Jovic, curato da Marco Rovelli e Moni Ovadia. Si chiama La meravigliosa vita di Joviza Jovic, pubblicato da Feltrinelli. Vi suggerisco di vedere su You Tube come suona Joviza. 
Nel libro egli critica l’Italia per essere uno dei paesi  d’Europa dove i Rom sono più oggetto di pregiudizi, visti solo come ladri e accattoni. Senza nessuna comprensione dell’insieme di questo popolo fatto di tante comunità. Un popolo che compare sul web solo per sgomberi dei campi e umiliazioni. Moni e Marco mettono in evidenza questa incomprensione e il grande silenzio calato sull’ olocausto Rom e Sinti.
Per presentare il libro ho letto tante cose. E ho visitato tanti siti. Per fortuna in Italia c’è Leonardo Piasere, tra noi antropologi culturali che ha scritto tanto sul mondo dei popoli cosiddetti zingari. Ma la gente suppongo che non legga il suo I Rom d’Europa. Una storia moderna, pur edito da Laterza. E tante altre sue cose, come pure sarebbe bello e utile. La gente non legge cose sugli zingari, sembra che lo dicano anche gli editori. L’estate del 2012 a Cagliari ho seguito sulla stampa sarda una terribile storia di razzismo e discriminazione. Una sorta di invito all’insurrezione popolare perché a un gruppo di famiglie Rom era stata data in uso temporaneo dal comune una casa decaduta in un’area rurale non lontana dal mare e con piscina!!! La piscina è una aggravante incredibile per i razzisti. Mi domando se tutti noi abbiamo oggi ancora una cultura profondamente discriminatrice, abbiamo degli invisibili cappucci da Klu Klux Klan , quando guardiamo ai popoli zingari?
Me lo domando inquieto proprio oggi e con lo sguardo a domani. Non dovremmo fare qualcosa? Il piccolo spettacolo che a Siena (ospite dell’Arci, e della sua presidentessa Serenella Pallecchi) ha visto Marco Rovelli cantare canti Rom, accompagnato dalla fisarmonica cromatica di Joviza, prodotta a Stradella, e il Maestro rom, raccontare episodi della sua vita, dei suoi genitori ad Auschwitz, del suo senso dell’onore e della festa, è forse il modo giusto di richiamare l’attenzione di far pensare. E’ la storia di un uomo, dolorosa e bella. E’ un mondo di musica e di suoni, di canti a voce spiegata. Gli ‘zingari’ sono tanti uomini e donne, storie discutibili, difficili, come le nostre di ‘gagè’. Le biografie avvicinano le culture, sono capaci di flettere i muri d’acciaio del pregiudizio.
Chiedo a me stesso , ma anche all’ARCI, alle comunità ebraiche, alla regione Toscana, di monitorare questa situazione così negativa. La memoria dei campi di sterminio per i Rom è ancora da conquistare e con essa il diritto di vivere ed essere riconosciuti nel presente come insieme di culture e come esseri umani, vicini di casa del mondo –condominio.
L’Europa si vergogna di noi italiani per come trattiamo i carcerati. Io per mio conto mi vergogno un poco di essere italiano da quando sento le dichiarazioni pubbliche della Lega Nord sui morti di Lampedusa e sugli sbarchi , non vorrei vergognarmi anche per come trattiamo gli zingari. E soprattutto per come li pensiamo!
Sarebbe una bella missione da affidare a noi antropologi culturali questa di lavorare sul pregiudizio, tutti crediamo di sapere chi sono gli zingari, e tutti non ne sappiamo un accidente. Leggete, fate leggere La meravigliosa vita di Joviza Jovic , almeno per provare a immaginare curiosamente, e pensare diversamente.
Vai, Joviza Jovic, con la tua fisarmonica cromatica e i tuoi cavalieri,  Moni e Marco, uomini fieri, dalla voce stentorea e dalle molte patrie. Che il vento raccolga e porti lontano i mille suoni, i cento colori delle tue note: dalle sonorità dell’Oriente a Brahms, da quelle della Russia a Bartòk, dal canto struggente delle carovane rom (Jelem Jelem. o Dzelem Dzelem, cercatelo su You Tube) alla musica per organo di Bach, quei suoni, lanciati dall’aria della fisarmonica, ricapitolano la nostra storia; e i Rom, attraverso quei suoni, che - come tutta la musica rom - vengono dal cuore, li ritroviamo come parte della nostra storia. Parte negata e maledetta alla quale un giorno dovremo chiedere perdono, come a fratelli negati: come nel gesto esemplare che fece Papa Paolo VI, quando si recò all'accampamento degli Zingari a Pomezia, il 26 settembre 1965, si inginocchiò davanti a loro e chiese scusa.
La chiedo anche io ora per essere stato troppo lungo e con troppe ipotassi.

Pietro Clemente


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