Norma Rangeri
Un’opposizione senza
sbocco
Chi ha chiesto il
voto ai cittadini italiani per farsi eleggere in
parlamento e in quel contesto
rappresentare l’opposizione deve sì rispettare
il mandato che ha ricevuto, ma deve poi assumersi la
responsabilità di osservare le regole di quella
sede istituzionale e condurre la propria
battaglia nelle forme consentite dalla
democrazia rappresentativa (compreso
naturalmente un duro ostruzionismo). Tanto
più che proprio il grillismo obbedisce
a una maniacale attenzione ai riti e alle forme
(internettiane) con cui scegliere gli obiettivi
dell’azione parlamentare. Ma a che scopo se
poi anziché usare la forza dei numeri e la qualità
degli argomenti per creare alleanze e farsi motore di
un’opposizione vincente, tutto si riduce (e si svilisce)
nella messa in scena di un po’ di gazzarra?
Forzare il gioco
fino a trasformare le aule parlamentari
in un surrogato della piazza significa impiccarsi
alle proprie difficoltà, rivelando tutta
l’ambiguità e le contraddizioni di un
Movimento che poi, alla resa dei conti, obbedisce
alla linea proclamata da Grillo nei comizi: l’unica via
è prendere la maggioranza assoluta dei
voti e poi governare da soli. Niente di diverso dal
ritornello che abbiamo sentito ripetere in tutti
questi anni da Berlusconi: datemi i voti
e lasciatemi fare. L’eterna pulsione dell’uomo
solo al comando. La stessa logica che oggi assume le sembianze
del sindaco di Firenze, osannato da giornali
e televisioni per il rassicurante
piglio decisionista.
Saltare sui banchi
del governo, costringere la presidente della camera
a chiudere i propri uffici per evitarne
l’occupazione, lanciare insulti sessisti contro
le deputate del Pd, fino a usare l’arma estrema
dell’impeachment verso il Presidente della Repubblica,
come si trattasse di scrivere un volantino, tutto
questo serve solo a conquistare i cinque
minuti di celebrità, offuscando però la sostanza, il
merito delle questioni politiche sollevate.
Che pure il M5Stelle ha portato nelle aule parlamentari
in molte occasioni. Per esempio sul caso Shalabayeva,
sull’acquisto degli F35, sulla truffa delle slot-machine, sul
salva-Roma, sui casi Cancellieri e De Girolamo,
sull’articolo 138 della Costituzione.
Intendiamoci,
nessun sacrario è stato violato e chi
parla di squadrismo fascistoide gioca allo stesso
gioco dei grillini. Senza nemmeno avere tutte le carte in
regola per dare lezioni di democrazia, visto che solo
l’uscita dal governo delle larghe intese dei falchi
berlusconiani ha tolto di mezzo la programmata
manomissione della Costituzione.
Così quel che alla fine
il ricco spettacolo mediatico mette in evidenza
è la difficile agibilità di una
battaglia di opposizione sia nelle istituzioni
rappresentative che nella società. Anche
perché nelle aule del parlamento dei nominati,
i partiti, sempre più comitati elettorali,
non rappresentano più da molti anni la voce del
paese. Non vanno nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei
quartieri. E le lotte generose delle associazioni,
che invece animano la democrazia di base, incontrano
solo il grande muro di gomma delle nomenclature che
respingono il conflitto o trattandolo
duramente come un affare di ordine pubblico, o facendolo
galleggiare in un perenne surplace, in un eterno moto
inerziale.
E questa sorda
campana suona per tutti, grillini compresi.
Il Manifesto – 31
gennaio 2014
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