31 gennaio 2014

OPPOSIZIONE DEBOLE



Norma Rangeri

Un’opposizione senza sbocco



Chi ha chie­sto il voto ai cit­ta­dini ita­liani per farsi eleg­gere in par­la­mento e in quel con­te­sto rap­pre­sen­tare l’opposizione deve sì rispet­tare il man­dato che ha rice­vuto, ma deve poi assu­mersi la respon­sa­bi­lità di osser­vare le regole di quella sede isti­tu­zio­nale e con­durre la pro­pria bat­ta­glia nelle forme con­sen­tite dalla demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva (com­preso natu­ral­mente un duro ostru­zio­ni­smo). Tanto più che pro­prio il gril­li­smo obbe­di­sce a una mania­cale atten­zione ai riti e alle forme (inter­net­tiane) con cui sce­gliere gli obiet­tivi dell’azione par­la­men­tare. Ma a che scopo se poi anzi­ché usare la forza dei numeri e la qua­lità degli argo­menti per creare alleanze e farsi motore di un’opposizione vin­cente, tutto si riduce (e si svi­li­sce) nella messa in scena di un po’ di gazzarra?

For­zare il gioco fino a tra­sfor­mare le aule par­la­men­tari in un sur­ro­gato della piazza signi­fica impic­carsi alle pro­prie dif­fi­coltà, rive­lando tutta l’ambiguità e le con­trad­di­zioni di un Movi­mento che poi, alla resa dei conti, obbe­di­sce alla linea pro­cla­mata da Grillo nei comizi: l’unica via è pren­dere la mag­gio­ranza asso­luta dei voti e poi gover­nare da soli. Niente di diverso dal ritor­nello che abbiamo sen­tito ripe­tere in tutti que­sti anni da Ber­lu­sconi: datemi i voti e lascia­temi fare. L’eterna pul­sione dell’uomo solo al comando. La stessa logica che oggi assume le sem­bianze del sin­daco di Firenze, osan­nato da gior­nali e tele­vi­sioni per il ras­si­cu­rante piglio decisionista.

Sal­tare sui ban­chi del governo, costrin­gere la pre­si­dente della camera a chiu­dere i pro­pri uffici per evi­tarne l’occupazione, lan­ciare insulti ses­si­sti con­tro le depu­tate del Pd, fino a usare l’arma estrema dell’impeachment verso il Pre­si­dente della Repub­blica, come si trat­tasse di scri­vere un volan­tino, tutto que­sto serve solo a con­qui­stare i cin­que minuti di cele­brità, offu­scando però la sostanza, il merito delle que­stioni poli­ti­che sol­le­vate. Che pure il M5Stelle ha por­tato nelle aule par­la­men­tari in molte occa­sioni. Per esem­pio sul caso Sha­la­bayeva, sull’acquisto degli F35, sulla truffa delle slot-machine, sul salva-Roma, sui casi Can­cel­lieri e De Giro­lamo, sull’articolo 138 della Costi­tu­zione.

Inten­dia­moci, nes­sun sacra­rio è stato vio­lato e chi parla di squa­dri­smo fasci­stoide gioca allo stesso gioco dei gril­lini. Senza nem­meno avere tutte le carte in regola per dare lezioni di demo­cra­zia, visto che solo l’uscita dal governo delle lar­ghe intese dei fal­chi ber­lu­sco­niani ha tolto di mezzo la pro­gram­mata mano­mis­sione della Costituzione.

Così quel che alla fine il ricco spet­ta­colo media­tico mette in evi­denza è la dif­fi­cile agi­bi­lità di una bat­ta­glia di oppo­si­zione sia nelle isti­tu­zioni rap­pre­sen­ta­tive che nella società. Anche per­ché nelle aule del par­la­mento dei nomi­nati, i par­titi, sem­pre più comi­tati elet­to­rali, non rap­pre­sen­tano più da molti anni la voce del paese. Non vanno nelle scuole, nei luo­ghi di lavoro, nei quar­tieri. E le lotte gene­rose delle asso­cia­zioni, che invece ani­mano la demo­cra­zia di base, incon­trano solo il grande muro di gomma delle nomen­cla­ture che respin­gono il con­flitto o trat­tan­dolo dura­mente come un affare di ordine pub­blico, o facen­dolo gal­leg­giare in un perenne sur­place, in un eterno moto inerziale.

E que­sta sorda cam­pana suona per tutti, gril­lini compresi.


Il Manifesto – 31 gennaio 2014

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