LUIGI PIRANDELLO SECONDO ONOFRIO PIRROTTA
L’ infelicità come fonte di ispirazione. Così, in estrema sintesi, può definirsi la vicenda personale ed artistica di uno dei massimi drammaturghi di tutti i tempi: Luigi Pirandello (Girgenti , 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936).
Una infelicità, la sua, predestinata fin dalla nascita:
" Io son figlio del Caos; e non allegoricamente ma in giusta realtà -raccontava - perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Kaos”.
Una infelicità che derivava, per lo più, dalla sua grande sete di affetti, di amore , mai o quasi mai soddisfatta. Ne soffrì fin dalla sua infanzia, perchè non riuscì ad avere dal padre Stefano - un uomo indaffaratissimo per le sue miniere ricche di zolfo, che consentivano a quei tempi una vita più che agiata - l’affetto che desiderava.
Tanto ne soffriva da ragazzo che riusciva a dormire si e no tre ore per notte. E di questa insonnia - forse la prima, in ordine di tempo, fonte di ispirazione- ci parlerà ne Il fu Mattia Pascal, ne La giara, ne La trappola. Passano gli anni, Luigi diventa adulto, ed ecco arrivare la sua più grande fonte di ispirazione- basti pensare che la maggior parte dei suoi drammi, tragedie o commedie che siano, sono incentrate proprio su questo sentimento - che è , insieme, causa della sua maggiore infelicità : la gelosia della moglie Antonietta Portulano. Una gelosia così assurda, così invadente, così violenta da sconfinare nella patologia. Dopo il ricovero della moglie in manicomio, Luigi riversa tutto il suo affetto sulla figlia Rosalia , detta Lietta. Lei lo ricambia , e per un po’ Luigi sembra aver ritrovato la serenità. Ma per poco. La figlia non solo si sposa (col cileno Manuel Aguirre) ma lo abbandona per andare a vivere in Cile. Pirandello ripiomba nell’infelicità , anzi nella disperazione, fino a quando incontra la donna che lo segnerà per il resto dei suoi giorni: Marta Abba. Ma nenche questa volta gli va bene, allo sventurato don Luigi. Di trentatre anni più giovane di lui, Marta non ricambierà mai il suo amore, se non con un affetto simile a quello di una figlia per un padre, o di una allieva per il suo maestro. Si stabilirà così un rapporto davvero singolare, unico nel suo genere. Pensate che lei lo chiamerà sempre Maestro, dandogli del voi o del lei, mentre lui le darà del tu, chiamandola per nome, ovviamente. Ma quando le scriverà, scriverà sempre i pronomi della sua amata, “Tu”, “Ti” , “Te” , “Tuo”, “Tua” in maiuscolo. Quest’ultimo amore non corrisposto che gli provocherà grandi sofferenze per ben 11 anni, fino alla sua morte, sarà la sua ultima fonte d’ispirazione.
So bene che tanti altri artisti, prima e dopo Pirandello riuscirono ad esprimere il loro genio grazie alle sofferenze che la vita riservò loro. Come so che per descrivere la vita del suo “collega e antenato” Shakespeare (per il quale provava una ammirazione smisurata) si ricorre alla tradizionale regola secondo cui ”ogni poeta dipinge se stesso e la propria vita nella sua opera”. Ma col Grande Bardo, per ovviare alla mancanza di notizie certe, lo si fa col metodo deduttivo : attraverso i suoi drammi e poesie si cerca di ricostruirne la biografia , sonetto dopo sonetto, tragedia dopo tragedia. Pirandello, invece, ci ha lasciato ampie confessioni di questo intreccio fra vita e opere , fra l’autore e i suoi personaggi. A chi gli chiedeva delle note biografiche rispondeva:”non posso darvele perché ho dimenticato di vivere. L’ho dimenticato al punto da non saper dire niente, proprio niente, della mia vita. Perché non la vivo, ma la scrivo”. Per saperne qualcosa “dovrei rivolgermi ai miei personaggi: forse loro saranno in grado di fornirmi qualche informazione su me stesso”. E nel suo discorso a Stoccolma, in occasione della consegna del premio nobel: ”per riuscire nelle mie fatiche letterarie ho dovuto frequentare la scuola della vita”. Una vita che ho amato e rispettato ”per assorbire delusioni amare, esperienze dolorose, ferite terribili”.
Diceva vita, ma avrebbe dovuto dire arte. Perché se c’è qualcosa che amò e rispettò sopra ogni altra, Luigi, questa fu il teatro, il suo unico, vero , grande amore. Che , tranne qualche caso sporadico, non lo deluse mai, facendolo trionfare nei palcoscenici di tutto il mondo. E dandogli un posto di primo piano nella storia della letteratura universale.
In verità lui credette, all’inizio, da giovane, di essere predestinato alla poesia e in questa direzione rivolgeva tutto il suo impegno. Tempestando di lettere il padre, che lo doveva foraggiare, e la madre e la sorella affinché non lo distogliessero dalle sue creazioni artistiche. Come, sbagliava! Pirandello è un mediocre, a volte pessimo, poeta. Ma non tardò a trovare la strada di prosatore. Ad appena ventiquattro anni, poco dopo la laurea (in filosofia e filologia romanza) a Bonn, cominciò a scrivere il romanzo L’Esclusa. Anche se dovrà aspettare altri tredici anni per avere successo di pubblico e di critica come scrittore (Il fu Mattia Pascal, 1901) e i primi riconoscimenti internazionali. E poiché Luigi si sposò nel 1894, possiamo dire che la sua arte cominciò a maturare e dare i suoi buoni frutti solo dopo il matrimonio con Antonietta. Proviamo allora a raccontare la vicenda personale ed artistica di Pirandello dividendola in tre periodi .Tre periodi che corrispondono, grosso modo, con le quattro fasi del teatro pirandelliano (in tutto 43 drammi, fra commedie e tragedie): il teatro dialettale siciliano, il teatro umoristico , il teatro nel teatro o meta teatro e il teatro dei miti. Il primo periodo coincide con il tranquillo mènage con la moglie , la nascita dei figli e la creazione delle opere dialettali; il secondo, che si sviluppa con i tormenti causatigli dalla gelosia patologica della moglie, vede la nascita del teatro umoristico e soprattutto, del metateatro; col terzo, caratterizzato dall’amore non corrisposto per Marta Abba, continua la produzione di opere del meta teatro e nasce il “ teatro dei miti” .
PRIMO PERIODO.
A distanza di due anni l’uno dall’altro, e tutti nel mese di giugno(mese in cui era nato lui stesso: da qui il sospetto di una maniacale programmazione delle nascite) nascono i suoi tre figli Stefano (Stenù), Rosalia (Lietta) e Fausto ( Lulù). A differenza di molti dei suoi colleghi geni, Pirandello è un padre amorevole e presente, anche se molto preso dal suo lavoro di scrittore ed è colpito, proprio in quegli anni, da un disastro economico e finanziario (la miniera del padre distrutta da un allagamento) che lo riduce sul lastrico. Ma lui non si abbatte: chiede aiuto a Ugo Ojetti, suo grande amico che lo presenta a varie riviste letterarie dove Luigi pubblica alcune sue novelle (tutte insieme, 253 verranno poi raccolte col titolo Novelle per un anno ). E su Nuova Antologia, a puntate, il romanzo Il fu Mattia Pascal. Un capolavoro che scardina i canoni del romanzo di quei tempi inventando il paradosso pirandelliano. Pensate che Mattia, il protagonista, muore due volte , rinasce due volte , ma nessuno crede che lui esista. Così non gli rimane che far visita alla sua stessa tomba: una trovata letterariamente impagabile. Pirandello, grazie anche al suo stipendio di professore al Magistero Superiore, riesce così a sbarcare il lunario. In questi anni la sua creatività - egli fa di necessità virtù- è grandissima. Oltre a un numero imprecisato di novelle, e al Mattia Pascal in volume , pubblica i romanzi L’esclusa e Il turno. E abbozza quasi tutte le commedie dialettali, fra cui i capolavori Liolà e Pensaci Giacomino (che andranno in scena anni dopo). Nel frattempo però, le condizioni di salute della moglie - complice anche il dissesto finanziario, dove anche lei ha perso la sua dote - si aggravano: ormai non c’è più dubbio, la moglie è pazza. Lo accusa di incesto con la figlia Lietta e gli si scaglia contro con una violenza da cui a stento lui riesce a sottrarsi .
SECONDO PERIODO.
Lietta è così ferita dalle infamanti e ingiuste accuse della madre che tenta, per fortuna senza riuscirci, il suicidio. Ma il destino ha deciso di accanirsi contro Pirandello: il diletto figlio Stenù, il primogenito , partito per il fronte della Grande Guerra, è preso prigioniero dagli austriaci. A Luigi non resta che la consolazione dell’arte. Sono di questi anni molte delle opere incentrate sulla gelosia: La ragione degli altri, A birritta cu ‘i ciancianeddi (Il berretto a sonagli) , Ma non è una cosa seria., L’uomo la bestia e la virtù. Ma anche di altri grandi capolavori come La giara, La patente, La Signora Morli uno e due. Finita la guerra, e aggravatesi ancora di più le condizioni di salute, Antoniettta viene ricoverata in una casa di cura romana.
Anche Luigi si trasferisce a Roma , in casa del figlio Stefano e crea le sue ultime opere che precedono la nascita del metateatro. Sono Come prima meglio di prima e Tutto per bene, dove, manco a dirlo, adulteri veri o presunti e gelosie sono al centro della narrazione. Ed ecco finalmente la data fatidica della nascita del Teatro nel teatro che darà a Pirandello l’immortalità. Il 9 maggio del 1921 va in scena al Teatro Valle di Roma Sei personaggi in cerca d’autore. Secoli e secoli di regole teatrali vengono scardinate. Il pubblico assiste , quasi incredulo, a dei personaggi che litigano con gli attori perché vogliono raccontare/recitare la loro storia in prima persona. A un regista spaesato che cerca prima di mediare e poi di resistere alle pretese dei personaggi (che sono appunto sei, come dice il titolo:il Padre, la Madre, Il Figlio, la Figliastra, il Giovinetto, la Bambina e Madama Pace). Poi la narrazione –recita ha luogo. Si tratta di una drammatica, torbida vicenda che sfiora l’incesto fra il padre e la figliastra, incontratisi casualmente nell’atelier-casa d’appuntamento di Madama Pace. Imfine la tragedia : la Bambina muore annegata e un colpo di pistola fa capire che il Giovinetto si è suicidato.
E’ un fiasco di dimensioni catastrofiche: il pubblico non è preparato ad una simile rivoluzione della rappresentazione teatrale- si pensi che pur essendo un atto unico l’opera è spezzata in tre parti e i cambiamenti di scena avvengono a sipario alzato- e manifesta il suo dissenso urlando “Manicomio! Manicomio!” E poi “Buffone, buffone!”. Pirandello fugge da una porta secondaria del teatro ma viene raggiunto da alcuni facinorosi che gli lanciano addosso delle monetine. Dopo due giorni le repliche vengono interrotte per mancanza di pubblico. Un fiasco del tutto immeritato perché in realtà l’autore è riuscito-per la prima volta al mondo- a rappresentare la vera essenza e magia dell’arte teatrale, dando vita a storie e personaggi che risultano indiscutibilmente più reali degli esseri umani in carne ed ossa, anche se drammaticamente destinati a indossare maschere diverse a seconda dei contesti in cui si trovano a vivere e delle persone con cui hanno l’occasione di interagire. E infatti, appena quattro mesi dopo I sei personaggi ottiene un grande trionfo al Teatro Manzoni di Milano e, nel giro di due anni, verrà rappresentat con enorme successo, a Parigi, a Londra a New York , a Berlino.
Ma Luigi non può godersi il successo: l’adorata figlia Lietta (lui la chiama affettuosamente Lillinetta) si sposa e va a vivere in Cile. E’ un colpo durissimo e , ancora una volta, si rifugia nel teatro. Crea così alcuni dei suoi massimi capolavori: Vestire gli ignudi, L’uomo dal fiore in bocca, Enrico IV
TERZO PERIODO
Al Teatro dell’Arte da lui diretto, Pirandello incontra Marta Abba. E’ un colpo di fulmine. Grandi, bellissimi occhi verdi, capelli rossi, un corpicino delizioso con le curve al posto giusto, l’uomo che si è votato alla castità a causa della malattia della moglie se ne invaghisce perdutamente e la elegge a interprete ideale dei suoi personaggi femminili. Anzi, fa di più: scrive dei drammi per lei. Arriverà a scriverle agli inizi degli anni ’30: “Non devono conoscere che Te, Te sola: il mio teatro non deve vivere che nel Tuo nome; e poi si spegnerà con Te, per modo che il mio nome resti inseparabile dal Tuo, che gli avrà dato la sua vera vita: e sarà gloria Tua, nel mondo”. Rassegnatosi al fatto che Marta gli voleva bene, lo stimava sì, ma di passione non voleva sentir parlare, Luigi definiva il sentimento per lei un “amore casto” . Ma ci è rimasto un episodio in cui questa rassegnazione traballò. Una sera, in un hotel di Como, durante una delle solite tournè, lui era andata a trovarla nella sua stanza e fra una chiacchiera e l’altra, una sigaretta e l’altra (Pirandello fumava come un turco) cadde in tentazione. Lei , immaginiamo con tatto, ma con fermezza, lo respinse. Qualche tempo dopo le scriverà, pentendosi, “di quell’atroce notte a Como”. Non ci proverà più. Anche se-scriverà in un’altra lettera-” la natura del mio sentimento per Te non può mutare, non può divenire soltanto affetto e basta”. Così come da parte Tua “un semplice affetto, nient’altro che affetto per me” sarebbe per me “come la morte.Tutta la mia vita sei Tu”. In questo periodo Pirandello scrive molte delle migliori commedie del suo meta teatro , concludendo , fra l’altro la trilogia iniziata con I sei personaggi : Questa sera si recita a soggetto e A ciascuno il suo, che riscuoteranno grandi successi in tutti i teatri del mondo. Ma anche altri piccoli-grandi capolavori come La favola del figlio cambiato, Come tu mi vuoi e Quando si è qualcuno. Meno apprezzate, sia dalla critica che del pubblico risultano invece le commedie scritte esclusivamente per Marta Abba, come Diana e la tuda, Trovarsi, L’amica delle mogli (la protagonista ha addirittura lo stesso nome dell’interprete, Marta) e le tre commedie del “teatro dei miti” : La nuova colonia, Lazzaro e I giganti della montagna (incompiuta)
Giunto ormai al massimo della sua fama Pirandello raccoglie i frutti della sua arte ricevendo il premio Nobel per la letteratura. Nella motivazione si riconosce ch’egli è riuscito ad imporre al pubblico di tutto il mondo “qualche cosa ch’esso detesta con tutto il cuore : le idee pure, tutto ciò che suscita inquietudini e lo fa dubitare di sè e dei solidi fondamenti dell’esistenza”. Certo”la felicità non trova grande spazio nella sua arte”,tuttavia grande respiro ha “tutto ciò che dà dignità alla vita”.
Potrebbe essere finalmente felice il grande drammaturgo, ma con la felicità non ha nessuna dimestichezza, il maestro. Marta lo abbandona per crearsi una vita artistica indipendente negli USA. Luigi reagisce male, malissimo. La sua salute, già malferma peggiora e tre mesi dopo l’abbandono della sua Marta, cioè della sua vita, come non si stancava mai di ripeterle , muore. Si conclude così una storia d’amore a senso unico, straziante, tra le più grandi della storia della letteratura e del teatro. Un amore che solo lui, il Maestro , aveva vissuto perdutamente, senza riserve, con una abnegazione e una vocazione al sacrificio che ancora sgomentano.
P.S.Rimane da raccontare il rapporto tra Pirandello e il fascismo , e in particolare con Mussolini.
Tutti sanno della sua adesione al fascismo nel momento peggiore per il suo capo, dopo il delitto Matteotti col famoso telegramma a Mussolini “ Eccellenza, sento che questo è per me il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita sempre in silenzio. Se l'E.V. mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregierò come massimo onore tenermi il posto del più utile e obbediente gregario”. Dopodichè i biografi di Pirandello e i suoi estimatori (da Sciascia a Camilleri, giusto per citare gli ultimi pirandellologi antifascisti), tendono a sminuire la portata della sua militanza fascista. Ma si sbagliano. Pur tra numerosi contrasti- Mussolini gli aveva promesso di creare per lui un Teatro Nazionale Italiano , e non mantenne mai la promessa- Pirandello era sicuramente un fascista convinto e un grande ammiratore del Duce. Al quale, nel discorso d’apertura della stagione teatrale 1935-36 al teatro Argentina rivolse queste parole :”L’autore di questa grande opera in atto(l’Italia che va a gonfie vele n.d.r.) è un Poeta che sa bene il fatto suo. Vero uomo di teatro, eroe provvidenziale che Dio al momento giusto ha voluto concedere all’Italia, agisce , autore e protagonista, nel teatro dei secoli.”
Si può immaginare un discorso più fascista e più mussoliniano di così?
Sui rapporti di PIRANDELLO con il fascismo condivido il giudizio di SCIASCIA: Non possono esserci dubbi sul fatto che PIRANDELLO nella vita sia stato effettivamente fascista; ma la sua opera non lo è per nulla.
RispondiElimina